Testa, Pancia, Spalle.. 1,2,3 Famiglia! – Omelia SS. Trinità 2015 – B

Secondo un mio vecchio insegnante di teologia per capire se un prete era bravo a fare le omelie bisognava ascoltarlo durante la festa della Trinità. Capite quindi come io da allora sia sempre un po’ in pensiero del solito.. in questa festa.
 La Trinità infatti sembra sempre una cosa difficile, da addetti ai lavori.. un dogma da credere, ma che poi.. non c’entri con noi.. e le nostre devozioni personali. 3 o 1 è lo stesso tanto noi poi ci mettiamo le nostre devozioni..
Eppure ci facciamo il segno della croce mille volte riconoscendo che tutto inizia e finisce in esso.. dentro questa relazione.
“Per Cristo, con Cristo e in Cristo.. a te Dio padre onnipotente, nell’unità dello Spitito Santo, ogni onore e gloria.. per tutti i secoli dei secoli”
Allora proviamo ad entrare in questo mistero, poi mi direte se questa omelia vi ha almeno un po’ aiutato e sostenuto nel desiderare di contemplarvi in esso.
Per me credere nella Trinità significa credere in un modo di fare.
Sulla teologia della Trinità il Vangelo non offre formule o teorie, ma il racconto del monte anonimo di Galilea e dell’ultima missione affidata da Gesù agli apostoli.
Tra i quali però alcuni ancora dubitavano. E la reazione di Gesù alla difficoltà, alla fatica dei suoi è bellissima: non li rimprovera, non li riprende, ma, letteralmente, si fa vicino. Dice Matteo: «Gesù avvicinatosi a loro..». Ancora non è stanco di avvicinarsi, di farsi incontro. Eternamente incamminato verso di me, premuroso nel bussare ancora alla mia porta. E affida anche a me, nonostante le mie incertezze, il Vangelo.
Ma lo sentiamo, carissimi, questo Gesù nel cuore? Sentiamo la resistenza dei nostri dubbi, le nostre tiepidezze e resistenze? Lui continuamente si avvicina a noi, bussa alla porta dei nostri cuori.
Battezzate ogni creatura nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito. I nomi che Gesù sceglie per mostrare il volto di Dio, sono nomi che vibrano d’affetto, di famiglia, di legame. Padre e Figlio, sono nomi che l’uno senza l’altro non esistono: figlio non c’è senza padre, né il padre è tale se non ha figli. Per dire Dio, Gesù scegli nomi che abbracciano, che si cercano, che completano l’uno dell’altro.
Il terzo nome, Spirito Santo, significa alito, respiro, anima. Dice che la vita, ogni vita, respira pienamente quando si sa accolta, presa in carico, abbracciata.
Padre, Figlio, Respiro santo: Dio non è in se stesso solitudine, ma famiglia. Alla sorgente di tutto, è posta la relazione. In principio a tutto, il legame. E qui scopro la sapienza del vivere, intuisco come il dogma della Trinità mi riguardi, sia parte di me perché siamo continuamente invitati a partecipare a tale relazione, ad immergerci in essa. A fare quel che loro per primi fanno..
Nel segno della croce ci tocchiamo la testa.. a ricordare che la nostra fede va vissuta con intelligenza, con consapevolezza.. che abbiamo una coscienza in cui il Signore ci parla e incontra. Ci suggerisce il meglio qui e ora per la nostra felicità. Che dobbiamo saper rendere ragione della speranza che è in noi, come cristiani, per ricordare le parole di S. Pietro. Che il vecchio scontro fede e ragione è morto da un pezzo. Che esser credenti non significa essere bigotti o ingenui, ma audaci anche nel pensiero e con uno spirito critico e consapevole.
Lo facciamo pensando al Padre.. al bisogno che abbiamo di autorevolezza, di chi ci guidi, ci dia una legge di libertà, proteggendoci e accompagnandoci.
Ci tocchiamo il cuore.. la pancia.. sede delle nostre emozioni più profonde, della nostra umanità spesso fragile, vulnerabile, ferita..
La parte più debole di noi, volubile anche.. ma così umana, impastata di miserie e meraviglie. Qui prendiamo spesso decisioni e cantonate, qui ci sentiamo peccatori, bisognosi, figli. Infatti pensiamo “al Figlio” alla parte più istintiva.. da gestire con la testa.. fatta di energia, perché da figli siamo giovani, agitanti, sbruffoni, desideri, passioni, entusiasmi.. cose bellissime vive da incanalare al meglio.. anche con la testa.
Infine ci tocchiamo le spalle, quasi ad aprire un abbraccio.. a lasciare andare le braccia verso il mondo, consegnandoci una missione che è quella di non trattenere se non per alimentare.. e far subito uscire, condividere, annunciare.. offrire.
E’ come se, mentre ci lasciamo accogliere nella Trinità, in questa relazione circolare di famiglia con Dio Padre, Gesù figlio e lo SS.. facessimo anche unità in noi.. dentro.. tra intelligenza, pancia, azioni.. riconoscendo che non siamo fatti a scompartimenti stagni.. ma chiamati all’unità.. ad unire i nostri desideri, i bisogni, sogni e paure.. unirle nell’unica direzione che Gesù via verità e vita ci dona..
Io sono con voi tutti i giorni, garantisce agli 11 e quella rassicurazione si fa per noi realtà quotidiana nei sacramenti, nella luce che possiamo trovare dalle Scritture, nelle nostre coscienze.
Avevo iniziato dicendo che secondo me la Trinità è un modo di fare.. lo stile di Dio in cui siamo immersi e che ci coinvolge e responsabilizza ad unificarci in noi, in Lui. Come pure in tutto quello che come comunità siamo chiamati a vivere.. comunità fa rima con unità.. riunirsi dentro e fuori, nel suo nome. Se sarete uniti vi riconosceranno.. diceva il vangelo di qualche domenica fa. Uniti, non bravi, generosi o devoti. Uniti.
Chiediamo al Signore di aumentare in noi la consapevolezza di riconoscerci familiari, parenti di questa Trinità, Dio uno e trino.. ci doni ad ogni segno di croce che faremo, una maggior responsabilità nel coglierne la bellezza ed il significato.
Così lo riconosceremo al nostro fianco giorno per giorno, fratello tra fratelli e sorelle nel suo nome.

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