Strada affollata di una grande città, una bambina chiede aiuto ai passanti: prima vestita di stracci, dopo due ore tutta elegante; qualche giornalista spesso per creare notizia e denunciare indifferenza si inventa un servizio così: a dimostrare che tutti son pronti ad aiutare la bambina elegante e a fregarsene della mezza zingara..
E chi è il mio prossimo? Pensiamoci. La domanda è tendenziosa. Sotto intende che io mica posso voler bene a tutti. Aiuterò solo alcuni: solo chi ha davvero bisogno, chi è come me, chi se lo merita, chi mi fa pena o non fa cosa, chi.. non è così e colà.
Il dottore della legge, religioso, scrupoloso, devoto e praticante vuole porre confini, perimetri alla sua generosità, ha bisogno di etichettare le persone per selezionarle. Conosce bene la Scrittura, è osservante e pio ma.. pare dire, alcuni meritano aiuto, sono il mio prossimo, altri no, non ne vale la pena, non voglio sprecarmi, si arrangino. Vuole sapere da Gesù come regolarsi.
Abbiamo spesso in mente etichette come queste.. e di fronte a certe persone, il nostro cuore si contrae, chiudendosi.
Gesù invece il giovedì santo laverà i piedi anche a Giuda e Pietro.
La sua risposta opera uno spostamento di senso (chi di questi tre si è fatto prossimo?) ne modifica radicalmente il concetto: tuo prossimo non è colui che tu fai entrare nell’orizzonte delle tue attenzioni, ma prossimo sei tu quando ti prendi cura di un uomo; non chi tu puoi amare, ma tu quando cerchi di amare.
Gesù vuole forse dimostrarci che non è l’essere religioso o addetto al culto che garantisce di compiere la volontà di Dio.
In questa settimana il vangelo che abbiamo accolto mi è parso sempre più lontano.. bianchi che ammazzano neri, neri che ammazzano bianchi, abbandoni, rapine, stupri, versetti del corano da sapere a memoria.. Dacca, Dallas, Fermo, il fiume Tevere.. la cronaca è più opprimente dell’afa, non ci dà tregua.
Il vangelo invece è chiarissimo, speriamo rinfrescante.
Gesù risponde alla domanda tendenziosa con la parabola che abbiamo sentito. La descrizione è precisissima: il contesto geografico, la situazione, il sacerdote ed il levita, figure di spicco del tempo, molto religiosi, addetti al culto del tempio, osservanti; il samaritano, razza considerata impura e maledetta, pensiamo poi a quanta attenzione Gesù usi nel descrivere le 7 azioni con il quale lo stesso si curerà del malcapitato. Tutto molto dettagliato.
Una cosa non può sfuggirci. Gesù è rigoroso nella narrazione dei fatti.. ma di quello che è moribondo e bisognoso, dice solo che è un uomo. E deve bastarci. Cosa evoca in noi questo? Un uomo. Una persona. Basta e avanza.. cosa dovrebbe avere di più?
In mezzo al mare su un barcone, sul ciglio di una strada a prostituirsi, a svenarsi ad una macchinetta col gioco d’azzardo, a coltivarsi l’isolamento in casa propria, a vivere a fatica con qualche sofferenza fisica o disabilità psichica in famiglia, a lasciarsi bere da una bottiglia, a scontare una pena pur giusta in carcere, a dimenticarsi di essere genitore o figlio; un uomo, una persona, al di là di tutto, la radice comune, il minimo di ognuno, il condividere la stessa pasta, quella solidarietà che ci rende tutti umani,, coraggiosi o spaventati, forti o deboli, belli o brutti, orgogliosi o bisognosi di conferme. Se vogliamo, fratelli e sorelle.
Offriamo stasera al Signore, almeno il desiderio di meditare su questa parabola, gustando il senso della nostra vita in ogni singolo atto d’amore se riusciamo a farci prossimi; chiediamogli l’audacia e il coraggio di sentire risuonare nei nostri cuori il suo appello al vivere la sua misericordia. Va e anche tu fa lo stesso.
Grazie.
Dà sicuramente da pensare il video, ma ancor di più la reazione delle persone alla parola “profugo” o “extracomunitario”…
#iostoconGesù è la mia risposta!
Teresa