29 Febbraio 2008

Un giorno in più…ogni quattro anni; ve lo ricordate? Era il 2004 e vi raggiunsi con quella delirante mail che si intitolava appunto “Un giorno in più”.

Un vorticoso elenco di cose che sarebbe stato bello fare in questo giorno in più concesso ogni quattro anni alle nostre già frenetiche vite….

Per fare quel che più ci sarebbe piaciuto. Ricordate? La mail si concludeva con un “a risentirci al 2008”.

Eccomi qua allora, memoria da elefante, pelo da lupo che non perde il vizio, ghigno da volpe, sorniona e affannata; per il messaggio di quel 29 febbraio 2004 avevo concluso dicendo che magari sarebbe pure piovuto…invece addirittura nevicò!

Eccomi qua! Forse qualcuno è a bocca aperta perché non sa di cosa si stia parlando. Probabilmente solo perché si è imbattutto in me (e nella mia adorata mailing list) dopo quell’anno. E per fortuna non sono pochi, penso soprattutto agli amici di Dosson!

Forse qualcuno non aveva realizzato questo discorso del “giorno in più” e sta iniziando a sentire l’ansia azzannargli la pancia perché è un’ulteriore pagina dell’agenda da riempire…

Caspita… non siamo già abbastanza stressati? Serviva proprio aumentare il nostro frenetico ritmo di vita? E senza avvisare oltretutto, senza chiedere se ne avessimo il tempo.

Il tempo… per cosa? In un giorno si possono fare tantissime cose. O forse si può solo celebrare il tempo stesso. E’ un giorno in più, non lo rivedremo che tra altri 4 anni, nel 2012… non ci sarà la pagina sulle nostre agende con questa data, né sui calendari; come fosse fuori dello spazio e dal tempo, un’eccezione, una sorta di dimensione parallela. In questo giorno che non esiste però si vive, può succedere di tutto.

Ma da dove viene questo tempo? I miei non più recenti studi liceali mi ricordano che arriva dalle briciole di giorni e mesi degli ultimi quattro anni….una specie di saldo. Sono tutti quegli spiccioli di ore, quei ritagli di minuti e quelle manciate di secondi in cui in genere non sai cosa fare, quei momenti vuoti in cui ti senti quasi messo a disagio dalla sensazione di vuoto, dall’inattività…pochi per cominciare a fare qualsiasi cosa, troppi per lasciarseli scappare, per non accorgersi che ci sono. Magari sono quelle pause in cui ti senti sopraggiungere all’improvviso dalla vita, dai pensieri, dalle preoccupazioni, dai bisogni e dalle ansie… da tutto ciò che la corsa e la frenesia avevano rimosso, dribblato, anestetizzato.

E i conti tornano. E il buon Dio, ricordandoci che il tempo è suo e non gradendo si sprechi impunemente, nella sua bontà ce lo ridona…tutto intero; un gigantesco conguaglio di possibilità, che

ogni quattro anni ci ricorda quante cose si possano fare se il tempo lo si usa bene, anzi…meglio! Ci ricorda che il tempo è come il maiale: non si butta via niente e come si possano riciclare perfino gli scarti dei nostri momenti, per confezionarci un’intera giornata, un dono splendido.

Già…(sospiro)

Un giorno in più, tutti questi ritagli per farne che?

Un giorno in più, per aspettare questa mail e farne ciò che vuoi, per leggerla, per eliminarla, per stamparla e condividerla con gli amici ad una cena, per inoltrarla e farla fermentare. Un giorno in più per sbuffare, perché sarà magari troppo lunga, troppo scontata o simile alla prima. Infatti, ho paura di dover ammettere, alla fine, che sia come quella di quattro anni fa e quindi ritrovarmi tremendamente banale, prevedibile e ripetitivo. Un giorno in più per andare a rileggerla.

Correrò il rischio. Un giorno in più per una telefonata gratuita, per non dare alle compagnie telefoniche la soddisfazione di arricchirsi, almeno per un giorno, a furia di sms, che diventano le battute di un dialogo che di fatto non avviene…

Più abbiamo la sensazione di confonderci e fraintenderci, più diminuisce la nostra capacità di comunicare davvero, di guardare negli occhi chi abbiamo davanti, più arricchiamo, a nostro danno, i vari gestori della telefonia mobile.

Un giorno in più per una visita, per una sorpresa, per un’improvvisata; come quando, da ragazzini, una volta finiti i compiti si andava a trovare un amico per giocare assieme. Non serviva preavviso o accordo…ti avrebbero accolto normalmente, senza formalità.

Un giorno in più per una buona azione, scout o meno, per un sorriso, per una rispostaccia non data, per il silenzio, per la pacca sulla spalla allo sfigato di turno, per l’attenzione spontanea a chi magari lavora per noi e con noi, per un gesto di prossimità al vicino sconosciuto, per dare la precedenza in auto, sul marciapiede, all’ascensore; un giorno in più per non girarsi dall’altra parte, per salutare per primi, per la cortesia del grazie-scusa-perfavore, per guardare negli occhi la persona con cui stai parlando, per abbracciarla se ti va di farlo o per chiedere lo faccia lei, per un bacio sincero, per una stretta di mano decisa e motivata, per un complimento inatteso e gradito, spontaneo… a smorzare magari un malumore o un disagio.

Un giorno in più per innamorarsi, per fare un bilancio, per lasciar perdere, per godersi il tramonto o la luna…e magari telefonare a qualcuno perché esca a contemplarli pure lui. Un giorno in più per ascoltare fino in fondo qualcuno, per farlo sentire atteso e accettato, per non abbassare lo sguardo, per non girarsi dall’altra parte, un giorno in più per amare ad oltranza, per gioire e godere…per passare dalla bella vita alla vita bella, un giorno in più per chiedere almeno il nome a quella persona insistente che ci chiede alla porta di comperare qualsiasi cosa, un giorno in più per non dire subito “grazie non compro niente”, oppure “mi scusi, non ho tempo”.

Un giorno in più per passare i compiti, suggerire all’interrogazione, per cercare di capire la spiegazione della

prof, un giorno in più per lavorare meno, per giocare di più con i propri figli, per tornare a casa prima, per provare a parlare e confidarsi anche solo con un biglietto. Un giorno in più per abbassare la guardia, per lasciarsi voler bene gratis, per non generalizzare e per non fare la vittima, per non sentirsi sempre al centro del mondo, un giorno in più per imparare a rispettare i tempi e la sensibilità di chi ci è vicino, per accorgersi degli altri, per non essere sempre permalosi e suscettibili, per difendere qualcuno che è in difficoltà, oltraggiato, schernito, emarginato. Un giorno in più per prendere la bici e non l’auto, per comprare un quotidiano, per godersi in pace la “Gazzetta dello Sport”, un giorno in più per sorridere a chi ci sta “saltando su”, a chi non ci considera, a chi ci ha calunniato; un giorno in più per smetterla di lamentarsi, di gridare, di offendere e prendere in giro… i figli o i genitori; un giorno in più per non accusare, per non giudicare, per non svalutare. Un giorno in più per fare tutte quelle cose per cui non hai mai tempo…interrogare tuo figlio, farci assieme i compiti, dirgli che è importante, un giorno in più per prendere sul serio i bambini e per valorizzare ad oltranza queste creature di Dio: fidandosi di noi, così come siamo, ce le affida per insegnar loro a vivere. Per dire che sono più belli e importanti di qualsiasi cazzata possano fare, di qualsiasi silenzio o rispostaccia o muso lungo o ritardo brutto voto. Un giorno in più per gustarseli così, vestiti tutti di nero, con le mutande che escono dai jeans a vita bassa, per stappare…per un attimo… l’ I-pod dalle orecchie e dir loro che gli vogliamo bene proprio così. Un giorno in più per rivedere delle vecchie foto, per far andare dei video fatti e mai guardati. Un giorno in più per portare una persona a cui vogliamo bene a vedere una cosa che ci piace: per sentirsi tremendamente impotenti, monchi, tristi… come mi sento io tutte le volte che sto vedendo un panorama mozzafiato, una città strepitosa, un paesaggio incantevole e non posso farli vedere alle persone più care, a quelle che non potranno mai vederli…perché mi sento meno felice se non posso condividere, soprattutto con chi è meno fortunato, quello che mi sta sconvolgendo di gioia e bellezza. Un giorno in più per mettersi nei panni degli altri e relativizzare, un giorno in più per smettere di bere, di fumare, di farsi, di picchiare e umiliare.

Un giorno in più per ascoltare Gaber (per pensare), De Andrè (per sognare), Allevi (per perdersi), per leggere Hesse e Pessoa, per iniziare finalmente un libro di Dostoevskij, per riascoltare Diego Cugia, per dire con i giovani calabresi “e adesso ammazzateci tutti”. Un giorno in più per leggere e regalare “Gomorra”, “La Casta”, “Contro i giovani”… per dire “Pensa!”

Un giorno in più, di venerdì, per mettere su “Friday in love” dei Cure.

Un giorno in più per un kebab, per i corn flakes ai mirtilli, per i tagliolini Borgo Antico. Un giorno in più per guardare su You Tube i vecchi gol, le trasmissioni micidiali, i film di Bud Spencer e Terence Hill.

Un giorno in più…perché la parola d’ordine, tanto per cambiare, è sempre la stessa….iuuleenzza!

Un giorno in fare un’adozione a distanza, per regalare in modo anonimo dei soldi, per finanziare un progetto, per scegliere Banca Etica, per offrire lo spritz e per invitare qualcuno a fare qualcosa che piace a lui.

Per un regalo scelto con cura e passione, magari confezionato con le proprie mani, per un bigliettino scritto a cuore aperto; un giorno in più per rieducarci ad esprimere e valorizzare i nostri sentimenti, le nostre emozioni, per divertirci a decifrare quel che ci sovraccarica il cuore…e passare da bello-brutto, da mi piace-mi fa schifo, a quell’incredibile varietà di termini con cui possiamo descrivere quel che stiamo provando, non solo bianco o nero ma le incredibili sfumature che ci fanno tutti simili eppure così diversi.

Un giorno in più per incazzarci, per indignarci, per farci venire la bava alla bocca per un sacco di cose. Già…

Quando è l’ultima volta che ci siamo INDIGNATI? Che ci siamo fatti schifo come esseri umani, che ci siamo sentiti oltraggiare come persone di fronte all’ennesimo scandalo, all’ennesima squallida ingiustizia, all’indifferenza polverosa che ci intacca e ci anestetizza? Quando è stata l’ultima volta che abbiamo deciso di fare qualcosa? Di non arrenderci, di non atrofizzarci, di non girarci dall’altra parte? Anche solo far conoscere, raccontare, denunciare è fare qualcosa. Indignarsi è già qualcosa!

Un giorno in più per porre un gesto eroico d’interesse, per passare dal “Me ne frego” all’“I care!”, per guardarsi in faccia allo specchio e dirsi “E tu? T’interessa?” Un giorno in più per chiudere il giornale o il tg affamati solo di buone notizie, di cose edificanti, di amplificare i semi di bene, amore, umanità che nessuno bagna, nessuno coltiva, nessuno considera. Per non chiacchierare e criticare, per non mormorare o giudicare… ma iniziare a raccontarsi anche, e per prima, le cose positive. Quando è stata l’ultima volta che abbiamo parlato davvero bene di una persona? Un giorno in più per educarci ad agganciare alle cose negative che stiamo rilevando una cosa positiva. Ogni tanto incontri uno che ti travolge sempre e solo di cose che non vanno, abituiamoci alla par condicio sfidandolo “se mi dirai tre lamentele preparati anche a dirmi tre cose positive… altrimenti non rivolgermi neppure la parola”.

Un giorno in più per passare per casa, per dire “grazie” e “ti voglio bene” a chi non lo chiede mai, perché è scontato. Un giorno in più per una visita a chi è solo, fallito, escluso. Un giorno in più per dire ciò che sentiamo, ciò che ci siamo sempre vergognati di dire, ciò che abbiamo sempre dato per scontato (solo per paura ed imbarazzo) a chi… a chi potrebbe anche lasciarci all’improvviso… morendo senza chiederci permesso, lasciandoci oltretutto il rimpianto per non avergli detto tutto ciò che portavamo nel cuore.

Un giorno in meno, con chi non c’è più.

Un giorno in più per una visita in cimitero, per una chiacchierata con le foto nelle lapidi, per farsi sorprendere da due lacrime e da un fiume di ricordi, per sentire il rumore della ghiaia sotto i piedi, per guardare i cipressi maestosi, per gustare quel silenzio

ovattato ma non poi così sinistro che troviamo ad accoglierci nei camposanti.

Un giorno in più per andare “Into the wild”, per restare fedeli al proprio dolore, come Moretti nella panchina di “Caos Calmo”, un giorno in più per ricordare l’Italia e la Ducati Campione del mondo, la Juve in B, la Ferrari che vince il titolo all’ultimo Gran Premio.

Un giorno in più per un fiore, per un cioccolatino, per fare i signori e concedersi la colazione al bar, per portare fuori a cena qualcuno, per comprare almeno una volta un paio di rose al cingalese che gira per il pub, per sorridere e ringraziare chi ci sta servendo, per dire al cameriere che si è mangiato bene o male…e complimenti allo chef!

Un giorno in più per dare del “lei” anche se il commesso è un ragazzino, perché è una forma di rispetto, formale ma bello… Com’è banale il più delle volte quel “tu” sfacciato, falsamente amichevole e confidenziale: è un mancare di rispetto in entrambe i sensi, una mancanza di tatto e delicatezza, mascherata dalla superficiale attitudine al “tanto siamo tutti uguali”, siamo fatti così…

Perché mi permetto di dare del tu a tutti? Cosa voglio dimostrare? Come cerco di sentirmi? E poi quella pessima abitudine a dare del tu ad un anziano, quasi si conoscesse da una vita, svalutandolo come fosse uno che non capisce, che ormai…

Solo da un delicato e caldo “lei” si vivrà bene ed in verità la scelta del “diamoci del tu”. Allora e solo allora avrà senso perché dirà un percorso di conoscenza e avvicinamento.

Un giorno in più per …………………………………………………………………………………………………

Per le urla dei bambini dall’asilo vicino, per le mamme che chiacchierano aspettandoli, per Ale (4 anni!) che si fa la foto abbracciato alla Camilla, per gli sguardi e i silenzi di Tommy, per guardare il Libro della Giungla con Leo Lupetto.

Un giorno in più per restare in famiglia a giocare, bere e fumare! Le cose peggiori si imparano a casa, no? Un giorno in più per la marcia della pace Perugia-Assisi, per chi studia in furgone pur di esserci, per Giovanni che racconta il menù dell’asilo e per Angela che gattona. Un giorno in più per chi mi aiuta col computer, per fargli recuperare tutto il tempo che gli ho rubato, per fare staff guardando i film di Totò e parlando napoletano, un giorno in più per le pizze a mezzanotte e i panini dell’onto mangiati nelle panchine e mai digeriti.

Un giorno in più per chiudere l’agenda, per far saltare una riunione, per tirarsi su le maniche della camicia. Un giorno in più per comprare libri e dischi e senza guardare il conto, per prendere su e andarsene al cinema, rigorosamente ultimo spettacolo. Un giorno in più per andare a Jesolo, camminare da solo lungo la spiaggia, per raccogliere miriadi di conchiglie, per lasciare le impronte, per non stoppare i rutti e per vedere quanto distante riesci ancora a sputare.

Un giorno in più per realizzare un sogno e uscire a cena…al churrasco…

Un giorno in più per andare in chiesa, per fare una domanda, per prendersi del tempo; un giorno in più per programmare un viaggio,

per comprare un taccuino, per rimettersi a scrivere. Un giorno in più per uscire di casa con la macchina fotografica e la voglia di immortalare solo cose belle e strane, significative. E così allenare lo sguardo a non passare oltre, ad osservare con desiderio tutto ciò che ci circonda perché gravido di senso e bellezza.

Un giorno in più per il Museo dei Sogni ed il dialetto di Aldo, per le tribù ed il censimento; per le riunioni che non finiscono mai, per i discorsi persi, per i non detti, per le agende piene e per le spaghettate clandestine.

Un giorno in più per uscire in moto, per la seconda birra, per inforcare gli occhiali da sole.

Un giorno in più per mettersi a giocare, per non prendersi poi sempre così sul serio, per rischiare e compromettersi. Un giorno in più per sputtanarsi, per ammettere che hai sbagliato, che non ce la fai, che sei fragile e vulnerabile. Un giorno in più, ma per tutta la vita, per riscoprirsi umani e feriti, innamorati e vivi.

Un giorno in più per sentirsi bonsai.

Un giorno in più per pensare, per ridere fino a perdere il fiato, per sognare, per vincere la paura, per non sentirsi soli e impotenti, per darsi fiducia, per sorridere, per piangere, per prendersi cura. Un giorno in più per imparare a far sentire a casa chiunque, per recuperare memoria e radici.

Un giorno in più per chiedere aiuto e conforto, ristoro e sicurezza. Un giorno in più per andare ad un concerto, per rileggere delle vecchie poesie, per vedere se l’ispirazione si è prosciugata del tutto, per andare in palestra e a nuotare, e vedere che non crolla il mondo.

Un giorno in più per giocare a biliardo, per fare gli snif, per dire le parolacce, per impazzire davanti al computer che non so usare, per mandare a cagare qualcuno, per chiedere scusa. Un giorno in più per farsi il bagno e non la doccia, per fumare un cohiba e bere un torbato, per giocare a pallone, per sentirsi fratelli dello stesso reggimento, per sentirsi illuminare d’immenso. Un giorno in più per suonare la chitarra, organizzare un grande gioco, per fare il bagno a mezzanotte.

Un giorno in più per mettersi i propri jeans preferiti, per fischiettare, per mettere in ordine lo studio e trovare sempre alcune cose che credevi perse, per recuperare idee e spunti. Un giorno in più per costringere uno a fissarti un incontro pur di vedersi, per incoraggiare, per deludere, per scandalizzare, per far arrabbiare. Un giorno in più da passare in carcere, che poi la gabbia è dentro o fuori? Chi è meno libero? Un giorno in più.

Un giorno in più…e basta. Mi fermo qui. Altrimenti diventa un mese! Sarei sempre e comunque insoddisfatto.

Non era che uno squarcio, non il paesaggio intero,

Un assaggio, non il pasto completo,

Un sorso, non il boccale,

Il fremito, non il volo,

Il sogno, non il viaggio,

Il sabato, non la domenica

A questo punto o vado avanti ad oltranza o rinuncio a rileggere per eliminare errori, ripetizioni, ortografia. Meglio di no perché più rileggo, più aggiungo.

Chiedo scusa, non posso “sciacquar i panni in Arno” per correggere ancora… è un fiume in piena di giorni in più … e mi sa che vi siete pure stancati…se qualcuno fosse arrivato fino a questo punto.

Grazie per la pazienza portata. La compagnia vi ringrazia per aver volato con me: sono stato bene con voi. Io e le mie solite assurde velleità da piccolo scrittore di provincia. Al solito insoddisfatto…

Quel che manca aggiungetelo voi! ditemi, se vi va, il vostro giorno in più.

Non date sempre tutto per scontato. Lasciatevi contagiare dalla follia, dal piacere di fare quel che vi và. In fondo, lo sappiamo, mica serve un giorno in più per vivere come vorremmo, no?

Magari ne uscirà qualcosa d’interessante, diventerà occasione d’incontro e arricchimento, ne faremo un libro…sicuramente una cena.

Già…ci avevo pensato per quest’ anno.

Nel 2012 il 29 febbraio sarà di mercoledì…lo so…il giorno dopo si lavora…ma con questo anticipo volete davvero dirmi che non riuscirete ad organizzarvi?

Tenetevi liberi.

Io sono pronto.

L’ amore ci farà a pezzi.

Ciao

mt