IIa Domenica di Pasqua – C

(Tempo di lettura previsto: 6 minuti)

 

MAGNANI

 “Princesa” (Fabrizio De Andrè, Anime Salve, 1998)

In Ascolto del Vangelo secondo San Giovanni 20,19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

 

Forse comincio a perdere colpi: non mi ricordo se questo passaggio di Anna Magnani ha già ispirato l’attacco di qualche Goccia..
Ma mi sembra troppo efficace..
Gesù non ha ricevuto un corpo nuovo di zecca, come un figlio viziato che, sfasciata una macchina, ne riceva subito un’altra.
E’ risorto col corpo che era già stato Rotto, sfigurato, ammaccato. Era la sua storia. La storia delle sue relazioni, del suo amore, offerto, ricevuto, accolto, evitato, desiderato, negato.. storia di vicende ed esperienze, di alti e bassi, di episodi e rivincite. Usa quello per farsi identificare e dare un senso a tutto l’accaduto.. facendo recuperare ai discepoli il filo rosso dell’amore che lo aveva caratterizzato fedele oltre la morte.
Le mani con cui aveva scritto per terra davanti all’adultera, e toccato corpi feriti, gli occhi con i quali si era commosso di fronte a Gerusalemme, le labbra con le quali aveva baciato e parlato, le orecchie con cui aveva ascoltato la Parola di Suo Padre e le chiacchiere insulse dei 12; i piedi coi quali -instancabile- aveva girato dappertutto, le ginocchia sulle quali aveva pregato ecc..
Mostra agli spaventati discepoli chiusi in casa quelle sue ferite. Testimoni silenziose di un amore portato fino all’estremo suo possibile. Oltre non poteva.
Che significato ha questa parte di vangelo per noi?  Semplicemente riconoscere che per noi sarà altrettanto.
Risorgeremo col nostro corpo. Cioè attraverso il luogo, lo strumento che abbiamo usato e fatto usare per amare, parlare, comunicare, godere, rendere bello.. quello che ci ha permesso di essere quel che siamo e saremo stati. Significa che tutto sarà utile, nulla sprecato. Tutto troverà un senso o al limite.. non passerà invano.
Nessuna sofferenza, ruga, cicatrice, preoccupazione, sofferenza, oltraggio, ferita, umiliazione.. nessuna violenza ricevuta, fosse anche “solo” verbale.. nulla di quel che ci ha fatto cadere, abbattuto o fatto sognare e rivivere.. nulla andrà sprecato. Sarà tutto amore che ci verrà accreditato sul conto del cielo, della terra, della comunione. Sia quello dato che quello mancato.. e le loro conseguenze.
Sarà il nostro conto con il quale entrare nel giardino dell’incontro definitivo col Padre. La nostra dote.
Quel che abbiamo inciso anche a caro prezzo.. sulla pelle, sul cuore, sulle orecchie che non riescono a dimenticare certe frasi, sugli occhi che non riescono a cancellare quel che han visto, sui corpi che non dimenticano contatti imbarazzanti..  sarà tutto un unico conto.
Credere la risurrezione dei corpi è tremendamente più concreto, reale e bello, autentico di un normale reincarnarsi di fase in fase.. io non rinuncio alle mie rughe, alla mia storia, al mio passato.
E al presente che ne ho fatto venir fuori.
Amen.

 

“Pasqua in autostop” – Omelia Domenica di Pasqua nella Risurrezione del Signore – C

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Avete mai fatto l’autostop? Io si, diverse volte: da ragazzino, per sentirmi già grande e un po’ trasgressivo; ma anche in altre occasioni, l’ultima poco tempo fa. Da solo non ce la fai, un guasto alla macchina, perdi la coincidenza, un imprevisto. Hai bisogno di chiedere un passaggio. Altrimenti non arriverai mai dove vuoi o devi andare. Sei costretto a chiedere. Qualcuno deve offrirti un passaggio..
Pasqua deriva dall’ebraico “pesach” e significa proprio passaggio.
Pesach era il nome della pasqua ebraica, quella che Gesù si mette a celebrare coi discepoli trasformandola poi in ultima cena, con la lavanda dei piedi e la consacrazione del pane e del vino.
Quella pasqua per gli ebrei ricordava il passaggio del popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto, col faraone alla libertà verso la terra promessa. L’esodo insomma, attraverso il mar Rosso passando dall’altra parte. Verso una nuova pagina della propria vita, liberata, responsabile e autentica.
Gesù ha accolto questa pasqua ebraica trasformandola con la propria vita in pasqua cristiana. Lui é stato quell’agnello immolato una volta per sempre che ci porta dalla morte alla vita. Ha inaugurato nel suo sacrificio d’amore, la possibilità di passare dalla schiavitù alla libertà. Insomma ha liberato la possibilità di una alternativa, ci ha offerto speranza. Ha fermato la macchina davanti alla nostra vita. Possiamo salire e passare oltre.
Vorrei poter chiedere a ciascuno di voi, qui, adesso: che ci fai qui? Sei solo venuto a celebrare un rito vuoto, scontato, ad adempiere un precetto, fare un favore a tua mamma.. o hai bisogno di un passaggio? Per andare.. dove? Verso quale speranza?
Non ci sarà “Pasqua” se non ci mettiamo in questa prospettiva..
Ci faremo solo i classici auguri “passpartout” che vanno bene per tutto. Ma niente Pasqua. Vorrei oggi sentire che avete fame e un bisogno disperato di passare dall’altra parte. Che ciascuno di voi, di noi, ha toccato con mano che non ce la fa più a camminare come sta facendo, che si trova col cuore in panne o posteggiato ai margini della strada dove si é andato a perdere. Doveva essere una scorciatoia, pareva più facile, sarei stato felice e libero.. ma non ne esco più.. bella illusione. Stanco di un Dio lontano, estraneo, da gestire o temere, di valori cristiani per cui essere coerenti.. basta; stanco di riti, messe, preghiere celebrati senza cuore e senza senso, che non toccano la nostra vita. Che riconosciamo di aver perso la coincidenza con la pace e la speranza, di essere arrivati tardi all’appuntamento con la gioia.. Gonfi solo di frustrazione e impotenza, inebetiti dall’orgoglio, abbruttiti dalla rabbia, anestetizzati dall’indifferenza.
Solo se riconosciamo di non saper più come andare avanti, in alcune parti della nostra vita.. chiederemo un passaggio. Solo se inizieremo a sperare in un oltre, in una direzione, potremmo credere che ne valga davvero la pena.
Altrimenti ce ne torneremo a casa in tutti i sensi, rinunciando al passaggio, perchè non ci interessa andare li dove vorremmo.
Che spreco! Continueremo così a vivere da schiavi, incatenati alle nostre paure, a rapporti affettivi morbosi e mortali, a peccati e vizi invincibili, brontolando sterili lamentele, facendo i gargarismi con gl’immancabili buoni propositi. Continueremo ad essere morti dentro, conniventi con una fede sterile.  A far vincere la paura di vivere da risorti. La paura… la paura ha solo il potere che noi le concediamo!
Pietro e Giovanni corrono al sepolcro vuoto.. lo trovano in ordine, teli e sudario riposti con cura.
Mi viene in mente quando, durante un funerale, arriviamo in cimitero: spesso capita che la bara venga deposta nella tomba per terra. Mi piace notare la curiosità con cui i parenti si affacciano sempre, un po’ timorosi, alla buca nel terreno o nella tomba; cercano di vedere quant’é profonda, quanto spazio ci sia o dove sia la cassa di qualche altro defunto. Davanti ad un vuoto ci sporgiamo sempre per vederlo, misurarlo, quasi.. per capirlo.
Un po’ come Pietro e Giovanni ciascuno cerca di trovare qualcosa nella tomba. Forse anche noi siamo qui con qualche desiderio.
Abbiamo riconosciuto nel nostro cuore e nella nostra vita qualcosa di morto?  Troviamo in noi.. il bisogno di un passaggio?
Ecco l’oggetto del nostro credere. Potremmo chiederci: perchè crediamo nel Signore? Cosa speriamo ci possa fare?
Pietro e Giovanni vedono il sepolcro vuoto. Vedono il vuoto di tutto quello che avevano pensato e atteso dal loro Signore. Ma riconoscono che questo vuoto non é quello causato dall’infedeltà di Dio, ma quello a cui si é condannata l’illusione degli uomini. Vedono il vuoto che era in loro: non avevano ancora compreso la scrittura. Vedono il loro vuoto e finalmente credono. Si rendono conto che quel che cercavano é falso, inutile. Allora iniziano a credere in ciò che non si vede: nel Dio della vita che svuota i sepolcri costruiti dalla rassegnazione e che ti offre un passaggio.
Il vangelo cristiano é sempre e solo vangelo di Pasqua, di passaggio: cioè buona notizia, inedita, insperata di un Gesù che ti vuole raccogliere e portare dall’altra parte, verso una vita più vera e piena. Da dove ci siamo incagliati a dove possiamo ritrovarci.
Riconoscere che ne abbiamo bisogno sarà già un passo in avanti, fuori dal sepolcro.
Come é un mondo da risorti? Qual é il mondo che un cristiano risorto vorrebbe? Insomma, dove ci porta quel passaggio?
Vorrei immaginarlo con voi: un mondo in cui si prenda sul serio la Pasqua, il nostro diritto più bello da recriminare. Un mondo di cristiani risorti. Non più di devoti della via crucis, della sofferenza o del dolore. Si fermino pure al venerdì santo quelli li..ma non sono cristiani. Noi andiamo avanti..
Ma ve lo immaginate? Io non vedo l’ora di passare qui, ora, ad un mondo così, a quel regno di Dio. Un mondo concreto.. in cui non ci si fermi, ma si faccia un primo passo, in cui non si abbia che la paura di sprecare la propria vita, in cui si possa chiedere scusa e andare all’essenziale, si possa salutare per primi, fare “primi passi”, accontentarsi, avere tempo, darsi delle priorità, ascoltare i propri bisogni e vivere con Gesù a fianco, in cui si pensi all’altro e non solo e sempre a sè stessi e ai propri cari, un mondo in cui si possa scegliere di perdonarci, di andare oltre, di accoglierci per quello che siamo.. di saper coltivare la speranza e la forza, in cui crisi significhi opportunità, in cui libertà significhi scelta responsabile, in cui costruire assieme un futuro a partire da un bene comune, per tutti, corresponsabili e partecipativi, il mondo da risorti é fatto di persone non arrivate ma in cammino, non esperte ma sagge, non perfette ma disponibili, non credenti ma credibili.
Un mondo in cui ci si lasci amare da Dio non perchè siamo bravi e virtuosi perchè ne abbiamo bisogno, che é l’unica misura che un padre deve avere, non nonostante i nostri peccati ma perchè siamo peccatori. Un mondo da risorti, avremo 50 giorni, fino alla pentecoste, per comprenderlo, per allenare il nostro cuore a tutto questo. E lo ripeterò fino allo sfinimento!
Ecco il passaggio, quell’autostop da chiedere in questo tempo a Gesù risorto. Anzi.. forse.. ho sbagliato tutto. Non siamo noi a dover chiedere a Lui un passaggio.. siamo noi a doverlo far salire a bordo della nostra vita. Qualsiasi possa essere il sepolcro in cui ci troviamo. Facciamolo salire a bordo. Facendo entrare nei nostri cuori la sua parola accolta, la sua eucaristia, la preghiera come dialogo fiducioso e condiviso, il suo perdono nella riconciliazione, il suo stile di vita. Ecco insomma il modo in cui passare
Così vivremo da risorti, così passeremo ad una vita nuova, così vivremo la Pasqua.
Non vedo l’ora, ne varrà la pena, sarà un viaggio bellissimo, la meta non importa, preferisco il modo di viaggiare.

“Se cerchiamo Cristo senza la croce, avremo la croce senza Cristo” – Meditazione Via Crucis Venerdì Santo 2016

Chi cercate?
Gesù per due volte pone questa domanda alla gente accorsa presso il giardino degli ulivi. E’ la domanda che deve abitare anche i nostri cuori in questa sera, drammatica e solenne.
Il silenzio con cui la liturgia del venerdì santo ci accoglie e vuole educarci. Quello che tenteremo di custodire domani, sabato.
Ci fa fare la fatica di rientrare a poco a poco in noi stessi.
Se fatichiamo a fare silenzio in noi e attorno a noi, qualcosa non va. Non siamo in pace, ma vittime di preoccupazioni, pensieri, in balia di ferite ed emozioni che ci terranno lontani.
Chi cercate.. Gesù lo chiede a ciascuno stasera. Vuole aiutarci a comprendere, al di là dei tanti motivi più o meno tradizionali che ci fanno essere qui, di cosa abbiamo veramente bisogno.
Qual’è la sete profonda che ci abita. Perchè magari non riusciamo a fare silenzio. O perchè magari ne abbiamo un tremendo bisogno.
Siamo qui per devozione o per attendere la risurrezione?
Siamo qui questa sera per mettere in discussione quel che sappiamo o ci fa comodo sentire e pensare, di Dio.
Se ieri sera abbiamo magari riconosciuto la fatica di lasciarci amare per quello che siamo, nella lavanda dei piedi, stasera ci viene chiesto di fare la fatica di riconoscere Gesù per quello che é, non per quel che pensiamo noi e che poi, così spesso, non tocca la nostra vita concreta.
Non avrebbe senso averlo portato in giro per il paese se non abbiamo il coraggio, la fede e l’umiltà di riconoscerlo nei nostri cuori, fargli frequentare le nostre coscienze, accoglierlo al nostro fianco, misurare su di Lui il nostro fare in parrocchia.. ed essere chiesa..
Desideriamo lasciarci toccare il cuore da quell’amore crocifisso. Non diamolo per scontato. Chiediamo al Signore di lasciarci stupire da quel luogo di morte da cui nasce la vita. Quante volte facciamo il segno di croce,  magari la portiamo al collo, la teniamo in casa, la vediamo rappresentata in mille modi, ci arrabbiamo se non la mettono nei luoghi pubblici. Ma non l’abbiamo compresa ne accolta in noi, la vorremmo dappertutto tranne che nei nostri cuori. In realtà magari stiamo bene lo stesso, beati, devoti e indaffarati. A cosa teniamo di più? La croce col suo dolore e le nostre idee e tradizioni? O il figlio di Dio fedele nell’amore?
Se cerchiamo Cristo senza la croce, avremo la croce senza Cristo.