VIa Domenica di Pasqua – C

(Tempo di lettura previsto: 6 minuti)

260416

 

In Ascolto del Vangelo secondo San Giovanni 14, 23-29

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.
L’immagine del camper mi piace. Mi domando cosa avesse pensato GesùBBello, quando disse la frase riportata da Giovanni in questo vangelo.
Non sono un biblista, ma mi vien da pensare che un termine così originale ed inedito applicato alle persone non possa che essere stato vero e direttamente citato da Gesù, non sono riportato ad sensum.
Dimorare. Mi perdo in questo verbo. Non lo usiamo mai ma lo sentiamo evocativo, sapendone il significato.
Quando torno dalla comunione, ripensando al mio battesimo, invocando lo Spirito Santo, ruminando un versetto di Parola di Dio.. Lui dimora, abita. In me.
Lui e Dio, Padre e Figlio vengono a dimorare in noi. Ci “okkupano”: come una casa sfitta. Bellissimo.
La fede, essere credenti non significa credere che Dio esiste; ma che è in me, già nel mio cuore, tra le voci della mia coscienza.. a bonificare immagini mentali, pensieri, emozioni, ferite, scrupoli e sensi di colpa. Parla sempre per primo, nella nostra coscienza, il Signore, ci indica il Bene per noi. Lui parla per primo.
Ne nuvole in cielo, ne valori, ne tradizioni o preghiere o meriti per arrampicarci verso di Lui.
Sono già in noi. La triplice immersione battesimale che ci ha inseriti in tale realtà e relazione ci ha reso “tempio dello Spirito”, direbbe San Paolo. Allora il nostro cuore non deve essere turbato ne temere. Lo Spirito in noi ci fa da paraclito cioè da avvocato.
Lasciarsi ispirare da Lui, prima di un chiarimento, di una riunione, un incontro importante o una “correzione fraterna”, di un dialogo o di  quel che c’è da fare: lo invoco, e in Lui sentirò di essere alla ricerca delle parole più utili e degli atteggiamenti più consoni per far andare per il meglio, per il Bene, quel che sto per vivere.
Posso sussurrarmelo piano, sottovoce o a mente.. “Vieni Santo Spirito, vieni, Santo Spirito, sostienimi, illuminami, guidami, parlami, ispirami parole, atteggiamenti..”
Giuro che funziona. Se comincio a pensare che essere cristiano sia come essere un camper, il mio corpo, la mia vita contiene Gesù e lo porta in giro, agli altri.
Il profumo di Cristo, uno stile evangelico, mitezza, sorrisi, giustizia, trasparenza, umanità a piene mani, passione, sobrietà, veri e liberi.
Siamo abitati dalla Trinità. Essere cristiani significa iniziare a crederci. A viverlo. A farla traboccare da noi come la crema da un cornetto.
La Trinità, siamo immersi in quell’abbraccio, lo stesso che ci facciamo mentre la nostra mano destra disegna la croce sulla nostra persona facendoci il segno di croce.
Ci stiamo praticamente abbracciando il corpo alla Trinità.
Facciamolo con calma..

 

 

“Tra Shakespeare e Gesù..” – Omelia Va Domenica di Pasqua – C

“Caro amico, per l’amore di Gesù astieniti, dallo smuovere la polvere qui contenuta.
Benedetto colui che custodisce queste pietre, 
E maledetto colui che disturba le mie ossa”

260416

“Non sia mai ch’io ponga impedimenti all’unione di anime fedeli; Amore non e’ Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l’altro s’allontana.Oh no! Amore e’ un faro sempre fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;e’ la stella-guida di ogni sperduta barca,il cui valore e’ sconosciuto, benche’ nota la distanza.Amore non e’ soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore o settimane,ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio: se questo e’ errore e mi sara’ provato,Io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.”
(Sonetto 116 – W. Shakespeare)

In questi giorni tutto il mondo ricorda W. Shakespeare, il drammaturgo inglese, le sue opere teatrali e i suoi versi. Questo sonetto sull’amore credo bene ci introduca al senso del Vangelo di Giovanni che abbiamo appena accolto e di cui assaporiamo solo due parole: Ora e Come.
Ora.. l’inizio della fine: Giuda se ne va a vendere Gesù che capisce non si tornerà indietro e di essere spacciato. Ma non lo ferma. Noi sappiamo che non sarà la fine ma il fine, cioè il significato, il senso.. era venuto per amare e amarci. E chi lo fa non può che farlo ad oltranza. Gesù ci insegna questo. Dio non poteva evitare a Gesù di morire. L’aveva mandato per amore e per amare. Il resto lo abbiamo fatto noi. Lui è rimasto fedele ad oltranza: Egli, offrendosi liberamente alla sua passione, prese il pane e rese grazie, lo spezzo.. sentiamo dire ogni domenica nella consacrazione..
“Glorificato”, confermato, lodato, riconosciuto (come il giorno del battesimo al Giordano, dice il vangelo di quella voce con cui Dio dice “ecco il mio figlio”).. ecco il nostro stile di vita, fino alla fine.
I grandi amori sono così, definitivi.
Vedete, c’è sempre qualcuno che dice di non credere perché di Dio non ci sono prove.. ma capiamo, Dio non è un problema che richieda soluzioni o un prodotto da esporre e comperare alla televendita. Dio non si dimostra ma si mostra. Non si fa dimostrare da noi. Dio si mostra. E dove?
Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri”: e qui le cose si fanno interessanti.
Non siamo cristiani perchè lo diciamo, o scegliamo di sposarci in chiesa o il battesimo. No. Ma perchè “abbiamo amore”; espressione bellissima, avere amore, gli uni per gli altri. Siamo riconoscibili non per titoli, onori, apparenze o visibilità ma perchè innanzitutto abbiamo amore. Non siamo buoni o andiamo d’accordo o ancora non facciamo del male a nessuno.
Basta credere e dire che essere cristiani significhi volersi bene, andare d’accordo, far del bene. Noi cristiani e la chiesa non abbiamo per fortuna il monopolio della bontà e della generosità. Anzi spesso diamo testimonianze opposte.
Ma qui introduciamo la seconda parola: “come”. Non è importante  voler bene tanto o poco, non è questione di quantità, ma di qualità. Farlo “come” Gesù. Lo dice chiaramente. Come io vi ho amato. Cioè? Due versetti prima Gesù ha appena lavato i piedi ai discepoli: l’icona del servizio. E’ lo stile di Gesù.
Un ateo e un cristiano possono amare, voler bene, essere generosi.
Ma il cristiano ha uno stile: il servizio, Gesù che si mette a lavare i piedi, l’attenzione agli ultimi, il mettersi da parte, il dare la precedenza.. avere amore allora è diverso da essere buoni e bravi, che sa di scuola e morale. Una coppia che si sposa in chiesa, dei genitori che battezzino.. devono ricordare questo.
La chiesa, cioè le nostre parrocchie, deve continuamente verificarsi in questo: abbiamo uno stile cristiano? Abbiamo amore come Gesù? O coltiviamo feudi, divisioni, rancori, superbia, ci teniamo di più a fare io, fare “a modo mio” (sentendomi indispensabile col sottile ricatto di andarmene, magari) o COME Gesù?
Non quanto lui, impossibile per noi vivere la sua misura, ma come, con lo stile unico di Gesù. Ecco la differenza.
Anche la chiesa oggi è chiamata  come non mai ad essere testimone di questo stile. Viviamo per fortuna in un mondo fatto anche di tante iniziative sociali e umanitarie. Ma chi è discepolo di Gesù risorto sa che c’è un nuovo “come” che ora rende gloria al Signore. C’è urgenza di cristiani non indaffarati e protagonisti, ma che lascino trasparire tale stile, che il Signore cammina al mio fianco e mi ama, ed io vivo da “amato”. lo ha detto Gesù. Solo perché ti senti amato, potrai amare, avere, mettere amore in ciò che fai, gli uni per gli altri.. cominciando dagli ultimi.
Sostenga in ciascuno di noi, il Signore, tale desiderio ed ispiri, per mezzo del suo Santo Spirito, alla nostra collaborazione pastorale, atteggiamenti e scelte di umiltà e pace. Questo è quanto ci ha raccomandato e testimoniato.
Solo questo darà  ora.. gloria a Dio, come diceva il vangelo.
Solo da questo ci riconosceranno, come credibili, non credenti, con lo stile cristiano di Gesù, anche noi, ripensando ai versi di Shakespeare, saremo poeti cristiani d’amore.

Va Domenica di Pasqua – C

(Tempo di lettura previsto: 4 minuti)

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Nel nome dell’amore..

In Ascolto del Vangelo secondo San Giovanni 13,31-33a.34-35

Quando fu uscito dal cenacolo, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi; vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Forse il titolo vi parrà cinico e gretto. Ma mi faccio perdonare tra New York e l’Irlanda degli U2.
“Se avete amore gli uni per gli altri”.. mi fa rimuginare. Troppa poesia, direi quasi d’istinto.
E poi poteva metterlo al condizionale, così avremmo avuto qualcosa da conquistare, meritarci, per sentirci arrivati e bravi o vittime sfortunate..
“Se avete” invece.. così, all’indicativo.. ti taglia le gambe, mica ci puoi girare attorno, sa di urgenza, di svolta repentina, di.. ma non hai ancora cominciato?
E che pensi basti dire che vai a messa e le tue pie devozioni? “Quante devozioni hai”.. cantava più o meno qualcuno.. (chi coglie, coglie..)

Vogliamoci bene, intanto, fidiamoci dell’altro, di quel che dice, cerchiamo di essere empatici e non permalosi.
Sarebbe già qualcosa; guardiamo il bicchiere mezzo pieno, non “saltiamoci su”, non sbrodoliamoci di frasi fatte e luoghi comuni, cerchiamo solo chi vorremmo cercare,
abbracciamo e lasciamoci abbracciare, sopportiamo, sbuffiamo dietro le spalle, regaliamo tempo e sorrisi, scegliamo il silenzio, ma diciamo anche le parole di cui ci vergogniamo, iniziamo i discorsi che non sappiamo dove ci porteranno, comunichiamo emozioni e stati d’animo, facciamo pace con l’autostima, stimiamo gli altri, prima di demolirli troviamo un loro pregio o chiediamoci.. chissà perché è così o che cacchio sta vivendo a casa sua, se potessi stare nelle sue scarpe per un paio d’ore.
Siamo cortesi con chi per lavoro ha a che fare con noi, diamogli del lei anche se è più giovane, farà bene anche a noi..
Offriamo un caffè, regaliamo un libro, facciamo una telefonata, lasciamo un biglietto, ringraziamo chi ci ha ospitato a cena il giorno dopo dicendo che siamo stati bene e ci siamo sentiti importanti, facciamo complimenti, diciamo “bravo”, “scusami, ho sbagliato” e “grazie, ne avevo bisogno”.
Perdoniamoci, ridiamo di noi.
Perdonarsi + perdonare..  per.. donarsi.
Continuate voi.