XVIIa domenica t.o C- ’22 durante Cristo

Dal Vangelo di Luca 11,1-13

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli». Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
“Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione”».
Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: “Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli”; e se quello dall’interno gli risponde: “Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani”, vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.
Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto.
Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Omelia XVIIa t.o. C ’22

Ma Dio…cambia idea? Sembra di sì, ascoltando la Genesi, nella1a lettura, il racconto di come Abramo, con il piglio scaltro del commerciante, si mette a fare il ruffiano con Dio e a contrattare…se ce ne fossero 50 e 40 e..fino a 10. Sa che è giusto e imparziale, mica può fare di tutta l’erba un fascio, sterminando innocenti assieme agli empi. 

Forse anche noi abbiamo imparato a pregarlo in questo modo: pensando sia lassù in alto sul trono della sua perfezione immobile, permaloso, intransigente, insensibile, col carattere più brutto dei nostri: lo preghiamo perché cambi idea e quindi…proviamo a ricordare: fermi la guerra, non lasci morire nonno, non permetta che zio, il papà, la mamma insomma… trasformi la realtà in qualcosa che non ci disturbi e lasci sereni e felici. Ne nasce così un modo di pregare e magari vivere, che a furia di stare buoni, offrirgli fioretti, sacrifici, rinunce e quaresime, devozioni e candeline dai più svariati calibri, e dai e dai lo convinciamo a star buono, ad andare bene… a noi. 

    L’altra sera, al campo scout, una ragazza è esplosa lucidamente contro Dio, accusandolo di non esserci stato mentre lo pregava tanto perché i genitori non si separassero in maniera così tremenda e dolorosa e, concludeva, mi avevate detto che era onnipotente, buono, mi ascoltava… ma non è vero niente. Non è servito a nulla.    Drammaticamente sacro e bellissimo.

   Rischiamo infatti di pregare un mago che cambi la realtà in nostro favore e ci comportiamo di conseguenza, da dipendenti impauriti.  Ma Dio non è così. Il nostro stile di preghiera sempre ci offre in trasparenza, tra le righe, il volto di quel Dio che pensiamo di pregare. Riflettiamo! Infatti, leggendo con attenzione, non ha detto che avrebbe voluto sterminare nessuno ma solo capire perché hanno fatto tutto questo male. Dio non cambia idea perché non ha nessuna strana idea su di noi, ma solo un desiderio per le donne e gli uomini, da sempre: che si lascino amare da Lui e vivano da fratelli e sorelle. Facciano esperienza della sua misericordia. Questo è il volto che Gesù nel vangelo ci annuncia in maniera definitiva…  Siamo noi che ci facciamo strane idee su Dio e viviamo di conseguenza. Un padre ha solo desideri…

Quella ragazza ha sentito parlare tante volte di Dio, idee e contenuti, anni di catechismo, grest e scout ma non ne ha ancora fatto esperienza. Questa è l’urgenza oggi, per noi cristiani: far vivere esperienze reali e possibili di fede, non solo sterili appartenenze alle cose della parrocchia… esperienza della misericordia di Dio Padre per ciascuno di noi. Altrimenti continueremo a parlare di Dio per sentito dire e inerzia ma mai sentendoci chiamati a dargli del tu.

 Gesù, annunciandone la paternità, invece ci aiuta a riconoscere che Dio non ha idee ma solo desideri di misericordia e accoglienza per noi. Siamo noi, non Lui, a dover cambiare idea e a finalmente ..farne esperienza. Quando una persona si accosta al sacramento della riconciliazione, con fede e non per abitudine, fa esperienza di questa accoglienza e cambia idea su Dio…ne scopre l’amore e desidera vivere da amato e amabile. Non capisce idee o contenuti ma sente che si è riaccesa una relazione liberante. Si è liberato da tutte quelle idee dannose di un dio capriccioso, instabile ed estraneo a tutto quel che ci riguarda da vicino.

Credo che la vicenda di Abramo possa rappresentare il modo in cui ciascuno di noi a poco a poco possa cambiare idea su Dio e scoprire il suo vero volto, che non è quello più istintivo e umanamente comprensibile ma quello che Gesù stesso ci annuncia. E allora siamo noi chiamati a trattare con quelle immagini mortali o magiche di Lui che abbiamo spesso radicate tra le nostre idee…per accogliere la verità del Suo volto, appassionato e prossimo alle nostra storie. Da li avrà tutto più senso, le idee sulla fede, la religione, la chiesa come pure sulla vita di una parrocchia o i preti. Ma quanto siamo disposti a cambiare questa idea alla luce di quella buona notizia che il vangelo ci vuole offrire? Chiediamo al Padre una fede audace e ruffiana come quella di Abramo, per fare verità in noi per passare da un Dio da servire a un Padre che ci serva a qualcosa.

Aggiungi un posto a tavola… Omelia XVIa domenica t.o. C ’22 durante Cristo

Quando vado a cena da Stefano e Paola, è normale mi tolga le scarpe e stia scalzo con loro e come amo fare. Da Edoardo e Cristiana ho anche le mie ciabatte e un angolo fisso del divano. Diego e Luca hanno delle ciabatte loro, qui in canonica e sanno dove prendersi i bicchieri e la roba per un aperitivo.

    Oggi la Parola di Dio ci accoglie parlando di accoglienza.

Ombra, riposo, acqua, piedi lavati, latte fresco e panna, un vitello tenero e buono, focacce: Abramo si fa in quattro per i suoi ospiti. Si dichiara loro servo. Essi non chiedono nulla ma lo lasciano fare. Si lasciano accogliere. Una famosa icona russa del 1400 di Rublev, descrive questa scena con tre Angeli, a raffigurare la Trinità, cioè Dio, il Signore, accolto da Abramo.

   Così come Gesù nel vangelo; dopo una giornata di annuncio e missione coi discepoli, cerca da solo dover poter stare, desidera la compagnia degli amici Maria, Marta e Lazzaro. Non so se avesse le sue ciabatte a casa loro ma fervono i preparativi: li fa Marta, indaffarata e sola. E nasce qualche dissapore, che Gesù usa per dare un messaggio importante. Questo vangelo non vuole certo superficialmente dire che la cosa fondamentale è pregare e non il fare… né contrapporre la vita attiva alla contemplativa, come fossero ordini religiosi di suore.

Penso a quante volte bestemmiamo cercando di barattare banalmente il fatto che facciamo per gli altri e questo basta per dirci cristiani sostituendo la messa, la preghiera e i sacramenti, cioè quello che Dio vuol fare per noi con quanto presumiamo di fare noi indaffarati e devuoti in suo onore. Quando crediamo e sventoliamo il fatto che essere cristiano sia fare per gli altri, essere bravi e generosi e NON (MON DIEU!) e non che è Dio Padre a voler fare qualcosa per noi, tipo mandare Suo figlio per noi ecc. ecc. le solite cose del catechismo, insomma.

Ma entrambe le pagine ci annunciano un preciso volto di Dio che noi spesso non consideriamo ma ci fa tanto bene accogliere. Quello di un Dio che vuole essere ospitato e accolto dalle nostre vite, nei cuori di ciascuno, senza meriti o pudori .

Un dio che non è sul trono, in alto lassù, permaloso coi nostri caratteracci e impaziente che ci convertiamo entro sera, come spesso sotto sotto pensiamo.. ma felice se gli diamo ospitalità nella nostra esistenza. cfr statua… lassù ma felice e impaziente di accoglierci qui a casa sua.

Ap 3 sto alla porta e busso se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre..ceneremo assieme. Dio bussa alla porta, non si impone, fa proposta d’amore, come un innamorato che vuole conquistare il cuore della persona amata. Prima di testimoniare che essere cristiani è fare sacrifici, fioretti, meritare paradisi e far tanto pa a cesa… forse sarebbe bello…sarebbe stato anche il caso, per fedeltà alla Parola e non solo alle tradizioni, di annunciare questo volto di Dio. Di come Gesù non abbia paura o riguardo a mostrarsi bisognoso di tenerezza e amicizia, di una casa in cui non serve chiedere permesso ma sentirsi appunto di casa.

Che non viene a riscuotere le nostre devozioni o pretendere chissà cosa ma vuole che ci occupiamo di lui. Lo ascoltiamo, frequentiamo, lo rimettiamo al centro e a fianco dei nostri pensieri.

Che effetto fa pensarci? Accoglierlo, pregare per questo, per fargli posto nella nostra vita, come Zaccheo che si vede costretto ad invitarlo a casa, Matteo che gli organizza il pranzo tra pubblicani, prostitute e peccatori…e lui si lascia accogliere, vuol stare con loro. Come facciamo ad accoglierlo e prenderci cura di Lui? Già permettersi di poterci pensare degni di farlo è un lusso che in genere non concepiamo e ci scandalizza. Ma quell’oggi devo fermarmi a casa tua, è rivolto a ciascuno di noi. Non gli interessa trovare tutto perfetto, ma cuori disponibili, sporchi e incoerenti, con cui stare e da addomesticare, cioè evangelizzare cioè da salvare. Portargli queste ciabatte credo sia sufficiente: le ciabatte della nostra disponibilità a vivere questa sua accoglienza, di una umiltà sincera che rinunci a voler capire e spiegare tutto, le ciabatte di una riconciliazione celebrata con cura, di una preghiera che parta da quel che stiamo vivendo, patendo e ci emoziona, non da idee, sensi di colpa o del dovere. Le ciabatte di un confronto liberante che ci faccia magari accedere all’eucaristia. Cos’è del resto la messa se non un accoglierLo continuamente: nella Parola, nel corpo-sangue, nel perdono… E’ bello infine ricordare che in italiano la parola ospite si riferisce tanto a chi arriva, quanto a chi accoglie. Dicendo così reciprocità e relazione. Lo Spirito Santo, nel Veni Sancte Spiritus, viene definito “ospite dolce dell’anima”.. gli diamo ascolto? lo invochiamo? Chiediamo al Padre di illuminarci su come potergli offrire accoglienza e ospitalità nella nuova settimana in cui ci chiederà di fargli posto, di dargli un paio di ciabatte… anche se con sto caldo si starebbe pure bene scalzi, come da Stefano e Paola.

Dio non si lava mai le mani… Omelia Domenica XIVa t.o. C

I vostri nomi sono scritti nei cieli

I vostri nomi… immagine efficace, bella, che speriamo si fissi in mente e soprattutto nei nostri cuori… ma perché? 

>>Riguarda il modo in cui io mi metto e sto davanti al Padre…

1) Significa che non siamo numeri, anonimi, dimenticati o ignorati (ammettili alla luce del tuo volto) (Isaia..Dio ha i vostri nomi sulle palme delle mani) il padre chiama ciascuno per nome, ci conosce, nome è identità, storia, vicende, esperienze, gioie e dolori, tutto.

Nel vangelo di Gv, Gesù dice che c’è un posto per ciascuno di noi.

Non significa…allora che non mi verrà il tumore, nemmeno che mi passerà, che sarò automaticamente felice né che sarò in pace, che non farò incidenti, che avrò o meno figli, che andrà tutto bene. No. Ma che Lui non è indifferente a tutto quello che sto vivendo, ma gli interessa, non sono solo di fronte alla realtà più dura e posso perfino prendermela con Lui, vuole accompagnarmi ad accoglierla, attraversarla e viverla. Dargli un significato, di gratitudine o speranza, alla luce del vangelo, buona notizia.

Significa che prima di metterci a fare la filastrocca delle preghierine o seduti qui aspettando la messa, prima di addormentarci o iniziare una giornata posso pensarlo, ricordarlo, prendere consapevolezza di ciò e ringraziarlo, guardare alla mia giornata da li…io sono in te, nella Trinità, ricordate?

>>Riguarda anche il modo in cui non solo io ma tutti gli altri sono davanti al Padre…I nomi nostri, senza differenze: le cose si complicano: tutti sono preziosi, amati e amabili, ai suoi occhi; i nomi dei 50 cristiani uccisi a messa in Nigeria, dei 40 immigrati morti in un camion di caldo in America, i nomi dei morti sul lavoro, dall’imprenditore suicida allo sfruttato nei nostri campi veneti, per risparmiare, delle donne uccise per gelosia o ripicca, i nomi del Papa, dei vescovi, dei morti di fame in Somalia, dei non credenti ma anche i nomi delle persone di cui ci lamentiamo, di cui sparliamo o con cui siamo sempre e solo in competizione perché ci fanno ombra; i nomi.. dei pedofili, dei criminali, degli assassini, di Putin, di chi persegue disonestà e male; significa che nulla di quel che siamo stati, abbiamo fatto, faremo… può far girare lo sguardo di Dio all’altra parte, che Dio non ha la gomma da cancellare per eliminare chi non meriti più di stare tra le sue mani. Pilato, non Dio si lava le mani. Qualsiasi cosa facciamo. E questo non è facile da pensare e nemmeno da dire ma va ribadito perché dà speranza a ciascuno e provoca tutti a comprendere che Dio non è come lo vogliamo noi,  ma come ne avremmo bisogno; non ha il buon senso umano che diamo per scontato ma è oltre.

Rallegrarci di questo…

Non perché siete preti o suore, sempre a messa o impegnati in parrocchia, ma perché il nostro nome è in Dio, abbiamo fatto esperienza di questa relazione E ci dà gioia.

Vanno bene, tutte queste cose…ma devono prima o poi aprire e far percepire questa esperienza di fede, altrimenti lasciamole fare agli alpini, all’avis, alla proloco… Vanno bene ma non sono indispensabili. Non vanno bene se per viverle mi dimentico di essere figlio di Dio, e che il mio nome è in Lui, cioè vivo un’esperienza di me attraverso di Lui, nella preghiera, nel perdono accolto consapevolmente per i miei peccati, nella buona notizia di un vangelo che posso vivere nelle relazioni, nel vivere da salvato non da salvatore, e questo mi dà gioia e pace, nella fede, non soddisfazione e riconoscimento…

Concludendo.. questo vangelo viene spesso citato nel doveroso impegno a pregare il padrone dell’abbondante messe perché mandi operai… cioè (?) preti (bo?) ..ma mi chiedo se forse la prima testimonianza oggi non sia quella di avere un prete ma di avere una comunità di laici che recrimini sul poter vivere quanto abbiamo detto, testimoniando quella gioia e quella pace che nasce dal rallegrarsi perché il proprio nome è nei cieli, non perché hanno un parroco che permetterà loro di avere una serie di iniziative religiose..cui forse delegare appartenenze e cammini… va be…credo che una comunità così appassionata e felice i preti li vedrebbe nascere volentieri al suo interno…

Chiediamo a Gesù di sostenerci nell’accogliere questa prospettivia, con la grazia di vivere e assaporare questa gioia, che ci faccia rallegrare di poter vivere da figli di un padre che ci ha già reso fratelli e sorelle nel suo nome