XXXIa t.o. C-2019

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“Nessuno può tornare indietro e incominciare un nuovo inizio, ma chiunque può partire oggi e creare un nuovo finale.” (Karl Barth)

Tempo lettura previsto: 3 minuti

In ascolto del Santo Vangelo secondo Luca 19, 1-10.

Entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Cosa ti fa sentire “piccolo di statura”? Dio come vedi non guarda alla statura. (Pensa alla chiamata del Re Davide…1Sam 16,7 ss.)

Cosa “affolla” il tuo cuore e ti fa tenere l’amore paziente e misericordioso di Dio Padre distante? Lasciati lavare i piedi, ne hai bisogno, ebete.

Qual è il tuo sicomoro? (quale opportunità, esperienza, attività, persona, incontro…ti permette di andare oltre e lasciarti raggiungere dal Suo sguardo?)

Spugna o timbro? Omelia XXXa to C-2019

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Forse dopo aver ascoltato questa parabola possiamo quasi tirare un sospiro di sollievo, facendo tutti il tifo ovviamente per il pubblicano e pensare magari: “Beh, per fortuna non sono come il fariseo!”. La parabola ci spiazza portandoci proprio qui, sull’orlo della consapevolezza che, in tal caso, ci stiamo comportando proprio come lui: pronti a condannare negli altri un atteggiamento che appartiene anche a noi! Fregàti!

1) Cosa portano di sé stessi venendo a pregare?

-Il fariseo inizia ringraziando Dio: ma di cosa? Non certo perché è padre misericordioso e generoso o il Creatore della vita, no. 

Sa dire solo “io-i-o”: porta l’elenco dei suoi meriti e il sentirsi migliore; presenta il proprio palmares religioso di cose fatte per dio e il suo pedigree di praticante devoto, indaffarato, migliore di…ma, occhio! Benedice maledicendo, loda Dio etichettando i fratelli, condannandoli. Si può pregare così? Magari prima o dopo la messa (a volte anche durante) sparlando e lagnandosi come bambini capricciosi e viziati, adulti inaciditi, superficiali? 

-Il pubblicano porta solo la consapevolezza di non aver meriti da rivendicare: tutti sanno chi è, come vive. Offre la propria miseria, il bisogno di non essere giudicato, la speranza di venire accolto e perdonato, con pazienza e umanità, trovando pace e consolazione.

2) Di cosa hanno bisogno?

-Il fariseo ha bisogno, come dire, solo di un timbro che confermi quanto è bravo, giusto e a posto.

-Il pubblicano ha bisogno solo di essere riempito: è vuoto, sarà quello che è in grado accogliere. Come una spugna.

3) In che modo si mettono a pregare?

-Il fariseo si affida alla bontà del suo fare e del “non essere come gli altri” e per questo la sua preghiera non è un dialogo confidente col Padre ma un monologo interiore: “pregava tra sé”, cioè se la fa e se la mangia; non chiedendo nulla a Dio, non riceverà nulla!

-Il pubblicano si affida alla bontà di Dio e gli mostra il cuore. Si batte il petto, come noi nel Confesso a Dio: sta quasi indicando “il colpevole”. Il cuore è la sede dei nostri affetti, dove decidiamo e scegliamo, in balìa magari delle nostre fragilità, per paura o con orgoglio…mendicando affetto e riconoscimento.

4) Quale volto, immagine di Dio hanno nel cuore?

-Il fariseo non chiede a Dio di essere resto giusto ma solo che confermi che lui è a posto, cerca un notaio che timbri la sua dichiarazione e magari gli batta anche le mani.

-Il pubblicano non ha nemmeno coraggio di alzare lo sguardo. 

Sa che Dio conosce il suo cuore, può tutto, lo ama e perdona.

   Detto questo facciamo attenzione: Gesù non dice che il pubblicano era buono e il fariseo cattivo o bugiardo.

Ma solo che il pubblicano fu giustificato cioè fu reso giusto da Dio, guarito, perdonato e salvato; mentre il fariseo se ne tornò a casa sua come prima, con le sue innegabili opere buone ma senza che Dio sia riuscito a scalfirlo, a renderlo giusto. Senza averlo incontrato! Il suo errore è di collocarsi di fronte a dio in modo scorretto, a partire dalle proprie opere, pensando sia sufficiente. Ma così Dio è superfluo. Quanti vivono con l’idea che dio tutto  sommato non serva a nulla? Si sta bene lo stesso. Oppure va adorato, praticato, tenuto buono ma non ha nulla da offrire alla mia vita. Posso frequentare parrocchia, ricevere sacramenti e avere tanti incarichi pastorali ma…per chi? Rischio di essere un ateo devoto o un impegnato socialmente in parrocchia. Attenzione a ritenerci cristiani solo perché facciamo per la parrocchia…così cerchiamo un timbro? Lo siamo solo innanzitutto se la parrocchia, come strumento del Padre, può fare qualcosa per noi: farci crescere nella fede, nella speranza, nella qualità di vita: se riesce a farci incontrare il volto di Dio!

Di fatto potremmo dire…una cosa delicata: il fariseo è molto religioso ma si relaziona con dio o meglio la sua idea di dio.

Il pubblicano ha la gioia di lasciarsi raggiungere dalla misericordia del Padre, quello vero. Noi non siamo chiamati a credere in dio ma nel Padre di Gesù, l’unico che ci mostra il volto vero di Dio non quello presunto. Il fariseo non deve rinunciare alla sua vita irreprensibile, va bene quel che fa, è anche troppo…ma alla falsa immagine di Dio che porta dentro. E noi con lui, per non essere come i destinatari di questa parabola che Luca ben definisce…avevano intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri.

Che il Signore ci doni l’umiltà di non presumere di noi e il desiderio di confidare in Lui.

Domenica XXXa to C-2019

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Sbagliarci su Dio è il peggio che ci possa capitare, perché poi ci si sbaglia su tutto, sull’uomo, su noi stessi, sulla storia, sul mondo (D. M. Turoldo).

Tempo lettura previsto: 4 minuti

In ascolto del Santo Vangelo secondo Luca 18, 9-14

Disse ancora questa parabola per alcuni che avevano l’intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l’altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: «O Dio, ti ringrazio perché non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano. Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo». Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: «O Dio, abbi pietà di me peccatore». Io vi dico: questi, a differenza dell’altro, tornò a casa sua giustificato, perché chiunque si esalta sarà umiliato, chi invece si umilia sarà esaltato».

“Intima presunzione”… “Essere giusti”… “disprezzare gli altri”: mi fa morire, Gesssùùùbbello! Credo siano tre passaggi del suo discorso parabolico ai più che ci fanno così bene. Non servirebbe nemmeno leggerla, la parabola. Fermarsi al motivo per cui la inventa e proclama credo sia ben più che sufficiente. Ci riguarda? ci è mai successo di sentire dolciastra nel fondo del cuore o sulla punta delle labbra questa sensazione? Disprezzare poi si può coniugare in tanti modi: basta anche uno sguardo o un sorriso beffardo, un pensiero rapido, un movimento inconsulto delle labbra o del naso che si arriccia. Con che consapevolezza ci mettiamo a pregare? che volto di Dio sentiamo (non pensiamo) di avere davanti – dentro? Cosa vuole  dire per me essere giusto? rispetto a cosa? dove è scritto nel vangelo di doverlo essere?

Quanto ci farebbe bene credo sostare su queste espressioni e sul volto misericordioso di Gesù che ha bisogno di ricordarci, pur con una carezza contropelo, che così non va, non si va da nessuna parte e non si incontrerà mai il volto del Padre. Forse si sentirà addosso il volto di dio ma non del Padre.