XXIIIa Domenica T.O. – C

(Tempo di lettura previsto: 5 minuti)

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In Ascolto del Vangelo secondo San Luca 25-33
Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
Come non sciupare in poche righe un vangelo così bello?
Mi fermerei su un dettaglio: a Gesùbbbello tutta quella gente, quel consenso, quel riconoscimento puzza un po’!
Per questo, sospettoso di essere frainteso o seguito per motivi poco ortodossi o di interesse o senza essere compreso.. si gira.. quasi indispettito, con quel tanto di espressione contrariata, le mani piantate sui fianchi, magari picchiettando al suolo il piede destro per dire.. guardate che forse non mi sono spiegato bene..
non è la porta stretta dell’altra domenica, ma poco ci manca.
E non credo nemmeno, anche se letteralmente è tale, che si tratti di una scaletta, una gerarchia, un podio.
Che significa “più di quanto”:..
Credo significhi che io innanzitutto come cristiano son chiamato a vivere le mie relazioni primarie, assieme a Lui. La relazione con Lui mi permette di vivere al meglio, le mie relazioni famigliari, amicali ecc.
Penso alla formula del matrimonio: con la grazia di Cristo io accolgo te come mia sposa..
Chiaro, no?
Allora è un invito a mettere Lui al centro, come un accordatore, il grillo parlante del Collodi, Lui che è nella mia coscienza, nella Parola come Luce, nell’eucaristia come forza, nell’affidamento a Lui nella preghiera.. un fraterno compagno di viaggio con cui vivere, inquadrare e comprendere le mie relazioni fondanti.. da vivere nella Sua luce, di verità, giustizia, carità e pace.
Amen

XXIIa Domenica T.O. – C

(Tempo di lettura previsto: 4 minuti)

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Nikki Hamblin e Abbey D’Agostino sono le protagoniste del video più sportivo delle Olimpiadi di Rio 2016. 
La neozelandese Hamblin soccorre l‘atleta Usa D’Agostino finita a terra dopo uno scontro in pista. 
E le due si accompagnano fino al traguardo, aiutandosi a vicenda. 
In Ascolto del Vangelo secondo San Luca 14,1.7-14
Un sabato si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cedigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
E’ un aspetto molto pratico quello a cui ci richiama Gesùbbbello.. pratico, concreto, verificabile. Che percezione ho di me stesso? Ne il solitario che cammina rasente al muro, mani in tasca, testa bassa e postura da condannato a morte, ne il “cummenda “ che fa lo “sborone” parla a voce alta, saluta tutti con la mano e cerca visibilità e conferme.
C’è un certo bellissimo pudore, in questa pagina, umiltà e tranquillità.. credo sia capitato a tutti di arrivare in un posto e non sapere dove ti devi sedere (penso ai pannelli coi nomi e i tavoli ai matrimoni..) e quel vago imbarazzo.. forse a Gesù coi discepoli era accaduto proprio questo. Credo al di là del fatto contingente che il messaggio sia ad una vita tra le righe, che non significa non degna o simili, anzi, ma nella piena consapevolezza sapiente di sé stessi..
Per la seconda parte.. che dire?
Siamo stati tutti a quelle cene infinite in cui ci si mette a parlare solo di cibo, di “la prossima volta pago io, tocca a me”, oppure si continua a raccontare di dove si è andati a mangiare (siete mai stati da..) o dove si dovrà assolutamente andare (ti devo portare da..)..
Non hanno da ricambiarti. Bello. Questo è il cuore. Fare gesti gratuiti. Portiamo a cena chi ci pare.. ma qualche “amico povero” da sostenere nel nascondimento.. male non fa.. qualcuno che non ha ne soprattutto sa.. ricambiare.. se non con un sorriso.. e ce lo faremo per una volta bastare.

“Operatore di iniquità? A me??” – Omelia XXIa T.O. – C

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Chi ha avuto la grazia di un pellegrinaggio in Terra Santa, ricorda che la porta di ingresso per la Basilica di Betlemme, dove contemplare il luogo della nascita di Gesù, non è maestosa o imponente, ma molto, molto piccola. Per entrarvi ci si deve proprio abbassare. Quasi un invito a farsi piccoli di fronte a certe cose: quella nascita povera di Gesù che già ne annunciava lo stile, una vita con gli ultimi, a fianco degli emarginati, contro i cultori di religiosità vuote che tenevano distante il volto paterno e misericordioso di Dio, fino a quando si chinerà a terra per lavare i piedi ai dodici; uno stile di vita libero, umile e pieno di fiducia nel Padre.
Forse questo ci aiuta a digerire un vangelo piuttosto pesante.
Abbassarsi significa farsi piccoli per riuscire a passare per la porta stretta. Gesù nemmeno risponde alla preoccupazione del tale che gli domanda quanti si salvano. Non è importante il numero ma come ci si salva. Ci si salva facendosi piccoli, abbassandosi. Cioè?
Significa non guardando te stesso, gli altri e Dio dall’alto in basso. Non ritenendosi grandi, autosufficienti, autonomi. Non sentendosi a posto. Vuol dire che ti devi accorgere degli altri, averne bisogno, vivere in relazione con loro. Pensiamo alla parabola del buon samaritano: sacerdote e levita, addetti al culto e alla liturgia passano oltre, solo chi ha avuto compassione e si è fatto prossimo viene indicato da Gesù stesso come modello di vita.
Oggi Gesù è spietato. Ci ricorda che abbassarsi per passare per la porta stretta non è facile, infatti dice “Sforzatevi”. E’ una vera lotta interiore contro sé stessi e il bisogno di sentirsi a posto, bravi, la tentazione di percepirsi già degni, riusciti e meritevoli.
Ci capita di sentirci così? Credo di sì, quando veniamo in chiesa per inerzia, partecipiamo alla messa come ad uno spettacolo, per abitudine, assistendovi in modo passivo e sterile, quando ci sembra di aver fatto quel che dovevamo fare e aver messo a posto anche il Signore.. o la nostra coscienza religiosa.
Quando essere cristiano diciamo sia solo fare cose cristiane, credere in vaghi valori, barattando la fede in Cristo risorto col volontariato, la sua salvezza con una coscienza anestetizzata.
Gesù parla di una porta che si chiude in faccia a chi si senta così, perché presuntuoso di sé. Lo chiamano “Signore”, cioè si riconoscono suoi amici e discepoli, cattolici praticanti, potremmo dire.. glielo ricordano che son bravi, “Abbiamo mangiato e bevuto  in tua presenza”. Cosa significa se non l’intimità dell’eucaristia? Delle messe celebrate, vissute per anni. “Hai insegnato nelle nostre piazze” cioè ti abbiamo ascoltato, siamo stati fedeli e devoti, abbiamo fatto catechismo e frequentato la parrocchia.. e fatto tante cose cristiane.
Vorrei vedere voi a dover commentare un vangelo così.. questi, come noi, si sentono dire “allontanatevi da me, operatori di iniquità”, cose inique, cioè vane, inutili.
Gesù è folle: ci sta dicendo che se non ci abbassiamo, se non ci accorgiamo degli altri, se non passiamo per la porta stretta.. tutto il nostro credere è presunzione, cose inique, vane, inutili.
S. Paolo ci ricorderà che la carità viene prima della fede e della speranza. Il vangelo di Matteo, nel giudizio finale, farà dire a Gesù che aveva fame, sete.. che saremo giudicati sulla misericordia avuta verso gli altri e sulla carità condivisa.
Non so di dove siete, aggiunge, cioè non vi conosco..
Non basta mangiare Gesù, che è pane, occorre farsi pane per gli altri. Non basta essere credenti, dobbiamo essere credibili. E la misura è nella vita, nello stile di vita che come lui, vorremmo avere. Non ci si salva se non si trasforma in vita concreta, in servizio agli altri, quello che si è celebrato e ascoltato, le messe e la parrocchia. L’eucaristia non ingrassa la nostra vita spirituale facendoci sentire bravi o a posto, ma è forza e nutrimento per vivere come viveva Cristo, con le sue attenzioni e il suo stile. La salvezza, per noi, inizia da qui, quando ci lasciamo salvare, cioè raggiungere dalla misericordia con cui Dio.
Ti preghiamo, Gesù, accompagnaci nel desiderio di abbassarci ogni giorno al tuo livello, la porta stretta della relazione con te allarghi il nostro cuore alla carità e all’amore misericordioso del Padre.