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Non so se vi farà bene questa scena, è meravigliosamente tremenda.. ma mi ha riportato alla realtà.
In Ascolto del Vangelo secondo San Luca 7, 11-17
In quel tempo Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
Due cortei di folla si incontrano alla porte di Nain: da un lato Gesù coi discepoli e la grande folla, dall’altro il morto, con la madre e molta gente.
Pare la resa dei conti. Mezzogiorno di fuoco. Chi segue la vita, chi segue la morte.
Si incontrano al margine della città. Un confine naturale, urbano, un limite, tra il dentro e il fuori, la vita e la morte appunto, la speranza che fa andare avanti e la disperazione che fa chiudere..
Affascinante.
Quella donna: forse sta peggio del figlio. Un tetro trionfo del vuoto e della solitudine.
E’ morta come moglie perché vedova; è morta come mamma perché ha perso l’unico figlio che aveva. Resta solo una donna.
Spesso si dice di una curiosità, in queste occasioni: non esiste in italiano una parola per esprimere, per un genitore, l’aver perduto una figlia, un figlio. Vedova, per il marito, orfano per il figlio.. ma la mamma ed il papà che perdono un figlio.. l’italiano latita.
Pare una condanna? All’anonimato, all’indescrivibile, all’incommensurabile. Davvero “non ci sono parole”..
Gesù tocca la bara. Ben sapendo che avrebbe creato scandalo perché per la religiosità e la cultura del tempo il contatto con oggetti e strumenti funerari rendeva impuri. Se ne frega: la vita deve prevalere, la speranza trionfare, germogliare, pur irrigata dalle lacrime. Usa il verbo che più che essere tradotto con “alzati”, sa di “svegliati”..
Chissà cosa pensiamo di fronte a pagine come queste, ricordiamo Lazzaro. Ma mi pare bello notare, che sia Lazzaro che questo figlio sono morti ancora. Infatti sarebbe corretto parlare di rianimazione non di risurrezione.
Gesù li ha risvegliati per dare un segno trionfale di messianismo, di conferma, di fedeltà all’antico testamento, ma il messaggio centrale era ed è ben più ampio.
La morte con noi vince solo una battaglia. La guerra l’ha vinta Cristo, partecipandoci della sua risurrezione.
Ho ben presente in vita mia alcuni pugni dati volentieri alle casse piene di chi amavo.
Dateli volentieri questi pugni, ma poi guardate in alto. E dite solo “arrivederci”.
“Siamo nati e non moriremo più”, per dirla con Chiara Corbella Petrillo.