Famiglia fiorita! – Omelia di domenica 29, Festa della Sacra Famiglia – Anno A

Arrivando a Nazareth si percorrere una strada elevata e panoramica; dall’alto si può notare il piccolo rialzo di terra sul quale sorge oggi la basilica dell’annunciazione circondato da montagne; l’impressione, avvicinandosi, é di trovarsi di fronte ad un grande fiore sbocciato. I monti disposti a mo’ di anfiteatro sembrano i petali con al centro il pistillo, il villaggio abitato fin dai tempi di Gesù. Sarà per questo che la parola Nazareth deriva da un verbo ebraico “germogliare, fiorire”. Ecco che allora quel villaggio significa da sempre “germogliato, fiorito”.
Quando Gesù é andato ad abitare a Nazaret in esso é apparso il germoglio, l’atteso virgulto della famiglia di Davide, figlio di Iesse. L’oracolo che aveva avuto compimento era quello annunciato 7 secoli prima dal profeta Isaia “un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici.” Lo abbiamo sentito a Natale!
Come pure quello che il vangelo di oggi ci ha annunciato:”perchè così si compisse ciò che era stato predetto per mezzo dei profeti.. sarà chiamato nazareno.. cioè  qualcuno è fiorito..
E’ una immagine molto suggestiva.
Lo avete visto il nostro presepio? Ero impaziente di vederlo perchè so che nasce  sempre da una suggestione biblica precisa e molto evocativa.
All’inizio non ho notato nulla; poi mi sono accorto di quello che non era un semplice ramo. L’avete visto? Credo sia nella natura di un germoglio il fatto di passare quasi inosservato.
Come Gesù.. come tutto ciò che é secondo la fede.
Il nostro presepio ci aiuta a cogliere il messaggio del vangelo di oggi e della festa della famiglia. Mi piace che mentre lo contempliamo possiamo notare, fate la prova! Che il germoglio pare uscire dal presepio stesso, dando quasi una tridimensionalità inedita ma efficace. Ti viene incontro, quasi provocandoti a prendere posizione. Mi vuoi accogliere e coltivare nella tua vita, o no, sembra chiederci?
La nascita di Gesù.. cosa ti dice? Come la vivrai? Da spettatore o da coprotagonista?
Chi accoglie il nazareno, (cioè restando al significato delle parole “il fiorito”) non può che desiderare che nella propria vita germogli qualcosa di nuovo. Lo dicono le profezie dell’antico testamento, la città dove visse nel silezion per 30 anni e dove fece fiorire il regno di Dio, lo dice a noi oggi il nostro presepio.
Il cristiano é colui che accoglie con stupore, vive con speranza, testimonia nella carità quella Parola di Dio che ha lasciato germogliare in sè.
Di un Dio che ha scelto che suo figlio fiorisse in un tempo e un luogo preciso ma soprattutto in una famiglia: e per di più abbastanza sgangherata. Lo mostra bene il presepio. Il germoglio ha le sue radici in quella famiglia concreta e nella Parola.
Come Dio nel paradiso terrestre (guarda caso un giardino) diede ad Adamo ed Eva il dono del creato da dominare e far fruttificare, così Dio affida ad una famiglia precisa il suo figlio perchè lo facesse crescere ed educasse. E’ bellissimo. Dio non ha consegnato Gesù già adulto perfetto e operativo, come un pacco. L’ha spedito giù a farsi le ossa, partendo dal basso. Perchè nulla di ciò che é profondamente e autenticamente umano gli fosse estraneo. In una famiglia: che cosa grande! Uno di noi.
Sa di quotidiano, di ordinario. Ma anche di complesso. Lo ricorda il vangelo. Quella scelta non é immune da dubbi, pericoli, fatiche.
Crescere in una famiglia vuol dire che Dio aveva un sogno.
Ce l’avevano anche Maria e Giuseppe: un po’ diverso. Ma hanno saputo fidarsi e impastare il sogno di Dio con il loro. Ne é uscito qualcosa di straordinario. Hanno saputo fidarsi, pur tra le difficoltà. Hanno messo da parte un po’ di quel che avevano calcolato e Dio con loro ha creato qualcosa di grande. Dio ha voluto aver bisogno di loro. Si mette a disposizione. Da credito.
Non continua ad accadere? Dio continua ad avere dei sogni con noi e per noi. La fede, la carità, l’educare con fiducia e speranza continuano ad essere le strade attraverso cui questi sogni si realizzano. Attraverso cui le nostre vite possono fiorire. E per restare in tema.. portare frutto.
La famiglia é la cosa più importante che abbiamo. Ed é più importante della salute e del lavoro. E non accetto repliche. Nemmeno chi biascichi frasi scontate tipo che alla famiglia devo pur dar da mangiare lavorando. Non serve arrivare al Natale, alla malattia o alla morte per amare di più la propria famiglia. E amare significa riconoscere le priorità. Il valore del tempo da donare sulle cose da garantire. E’ un dono troppo grande. Dio ci offre, nel matrimonio il dono e la capacità di essere come lui creando vita per suo conto. Ci dona nel matrimonio la forza e la capacità di far fiorire quelle vite che dobbiamo educare nel suo nome.
E’ la famiglia il luogo sacro di relazioni e affetti in cui Dio ci chiama a fiorire come suoi figli e scoprirlo presente.
Ogni dono però é anche una grande responsabilità: educare, far crescere.. é come coltivare e far germogliare. Non serve tempo ma é nel tempo che insieme ci si educa. Ci sono periodi diversi, terreni da dissodare, semi da gettare con abbondanza, sassi e gramigne da estirpare, grandinate da cui ripararsi e spesso c’è anche.. come dire.. tanto letame.. che però può perfino concimare. Dio lo sapeva. Contempliamo in questo la vita di tutti i giorni in cui siamo chiamati a spenderci. Senza aspettare domani in cui avrò più tempo ma vivendo il presente come un dono.
Fuggi in Egitto! Si sente dire Giuseppe: perché l’angelo comanda di fuggire, senza garantire un futuro, senza indicare la strada e la data del ritorno? Dio interviene così: non ti protegge dall’esilio, ma dentro l’esilio; non ti custodisce dalla notte, ma dentro la notte. Il germoglio del presepio spunta anche dopo una lunga aridità: dice pazienza, resistenza e abbandono fiducioso e speranza.
E’ questa la vita che deve fiorire, quella che stiamo già vivendo assieme, nelle nostre famiglie per cui ringraziare ed impegnarci.
Non quella che vorremmo, non facciamola aspettare! Paolo ai Colossesi ci spiega anche come: suggerisce bontà, perdono, capacità di ringraziare ma anche di ammonire e di vivere con carità, facendo tutto nel nome del Signore.
E’ fin troppo concreto ed esplicito. Perchè ogni famiglia oggi non si porta a casa il foglietto e si confronta su questa pagina? E’ parola di Dio e abbiamo detto in coro “rendiamo grazie a Dio”. Sarebbe un modo pratico per fidarsi del Signore, per spegnere la tv e le chiacchere, guardarsi negli occhi, fare assieme un bilancio su qualcosa di solido, per dare continuità a quel sacramento cristiano celebrato tempo indietro. Genitori, figli, parenti uniti. Dirsi le cose più preziose e mai scontate, estirpare qualche erbaccia, allentare qualche tensione, ripartire più uniti, facendo germogliare qualche impegno comune.
Per mettere in pratica la stessa pagina quando dice “La Parola di Cristo abiti tra voi con la sua ricchezza e istruitevi con ogni sapienza”.
Chissà che questo non aiuti a far fiorire ancora di più le nostre famiglie. Ecco come questo germoglio ci viene incontro e ci interpella. Accogliamolo con coraggio, cari cristiani, é la nostra famiglia il presepio più bello, la Nazareth in cui Gesù vuol fiorire assieme a noi.

Il tabù di Gesù! – Omelia del giorno di Natale – Anno A

Gesù: possiamo dirlo? 123.. Gesù: proviamo a ripeterlo assieme.. Siamo qui per Gesù. Non perchè é Natale. Ma perchè siamo cristiani. Cioè di Cristo. Riconosciamo che in quel bambino, di nome Gesù, nato da immigrato a Betlemme (erano di Nazareth) in una famiglia irregolare e un po’ sgangherata, Dio ha parlato in modo definitivo. Quel Gesù é il Cristo. E non é il cognome. Ma la risposta di Dio Padre, nel figlio, alle nostre speranze. Il modo in cui il Signore ha scelto di farsi presente nel nostro mondo per amarlo. “Dio che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, (AT) ultimamente in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del figlio.. mediante il quale ha fatto anche il mondo.” (Eb, 2^)
Ecco perchè ci auguriamo buon natale (che é un po’ più carico di significato di buone feste, generico, e di auguri, che va ben per tutto!) Natale ricorda la nascita. Cioè l’inizio di una storia.
Gesù: G come Gesù Cristo.. per essere in relazione con Lui. Nella fede, coi sacramenti, pregando e con l’ascolto della Parola.
E come é: realmente vivo e presente tra noi, a nostra disposizione.
S come salvatore.. perchè oltre ad esserci é anche reperibile. In grado di rendere la nostra vita una buona notizia. Salvandola dal vuoto, dalla paura, dalla morte, dal buio. O ha potere di salvarci o tanto vale. A ricordarci che il Natale nella fede ha il potere che gli concediamo di avere. Che se lo vogliamo, davvero con Lui qualcosa può e deve cambiare, sciogliersi, ricominciare. Cosa?
Ucome universale. Cioè per tutti e di tutti. Sempre, ad oltranza. Nessuno escluso. A ricordarci che questa nostra vita, qui e ora, é preziosa ai suoi occhi e nessun nostro desiderio o gemito, che nessun sorriso o lacrima lo lasciano indifferente. “a quanti però l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio,” dice Gv nel vangelo.
Gesù: ho paura si rischi qualcosa di simile alla legge contro l’omofobia.. che per rispettare le minoranze arriva all’assurdo di trasformare una maggioranza di pensanti liberi in persone che non possono nemmeno dire quel che pensano. Se no ti denunciano.
Arriveremo a non poter nemmeno dire che Natale é una festa cristiana, che nasce Gesù, il senso della nostra vita che ha spaccato in due il tempo e la storia, 2013 prima e dopo Cristo.
Curioso: siamo al paradosso di un certo stile di mentalità e società. A furia di non pensare con la nostra testa e pascolare con l’occhio bovino tra luoghi comuni e frasi fatte, confondendo opinioni per diritti.. ci ritroviamo spaesati e stanchi. Storditi dalla magia del Natale, dallo spirito delle feste, da tutto quello che da contorno é passato ad essenza.. arrivando perfino a dover avere pudore del nome del festeggiato. Quasi a dire.. si può dire tutto ma non Gesù Cristo. Perchè abbiamo anche il diritto a celebrare il Natale come vogliamo noi. Non importa se é una festa cristiana. Io faccio quello che voglio. Sono ateo o indifferente, ma celebro lo stesso. Anche senza Gesù. Com’è triste.. Pensate a tutti gli auguri che avete ricevuto.. quanti parlano di Lui? “venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto” il Vangelo di Giovanni ci aveva già preceduto.
Questi giorni, cari sandonatesi, sono segnati dal lutto e dal dolore per molti di noi. Sono decine le famiglie colpite. Tante morti, anche giovani, alcune drammatiche. Non c’è “auguri” che tenga. Solo la nascita del salvatore può dire qualcosa di nuovo, di audace.
Penso ad esempio ad una frase che ben conosciamo:
.. non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua chiesa e donale unità e pace.. secondo la tua volontà.
Cerco sempre di pronunciarla con attenzione, quasi a convicermene sempre un po’ di più.. per desiderarla meglio.
Unità e pace. Riflettendoci mi chiedevo.. ma non son le cose a cui abbiamo “ridotto” il Natale?
Unità.. stare tutti assieme, no? Riuniti in famiglia, coi nostri cari, parenti e amici.
Pace.. non é l’augurio molto neutrale che ci stiamo scrivendo in mille modi assieme a tante altre cose simili? La pace dell’andare tutti d’accordo e volersi bene, essere tutti più buoni.
Niente di nuovo, insomma. Andare d’accordo e volersi bene. Unità e pace. Almeno a Natale.  Si ma come si fa a farlo?
Spesso diventa anche un “lasciami in pace”: perchè a Natale vorremmo parlare solo di questo. Assopirci a furia di stare assieme e volerci bene. Non so se papa Francesco ci sia meno simpatico dopo le cose piuttosto schiette che ha detto sul Natale. Forse vorremmo si evitassero certi discorsi.. almeno a Natale, sbotta qualcuno.
Eppure mai come in questi giorni, carissimi, il rischio é che Natale sia dimenticato nella misura in cui é solo uno stress, come diceva una vetrina dei nostri negozi del centro. In alcune persone ho percepito perfino che il Natale li ha stancati e nemmeno hanno voglia di festeggiare perchè non hanno più qualcuno a cui voler bene e con cui restare uniti. Non cadiamo in questo tranello: non facciamoci rapinare il vero sapore di questa celebrazione.
Prima di stare uniti e volerci bene ricordiamoci questo:
Gesù nasce per noi perchè la nostra vita é preziosa, sacra, soprattutto quella più dimenticata e sofferente.
Perchè così non siamo più soli ne abbandonati o incompleti.
Solo per questo non possiamo più sentirci rifiutati o sbagliati.
Perchè solo così potremo non sentici più incompresi o impotenti di fronte alla realtà; avremo qualcuno con cui condividerla, perfino qualcuno con cui prendercela. E questo vale molto più di tante renne o fiocchi di neve. Di tanto bene e unità, cose preziose e sacre ma che da questa nascita traggono senso e forza di essere.
Buon Natale allora e di vero cuore. Buon Natale non perchè bisogna ma perchè ne ho bisogno. Quant’è diverso. Chiediamo ai nostri presepi un cuore che sappia stupirsi, ringraziando Gesù perchè continua a voler abitare in mezzo a noi, nascendo nei nostri cuori. Per farci rinascere li come siamo. Ecco l’augurio più bello, più vero, più urgente per noi. Buon Natale di Gesù.
 

2013 dopo Cristo: la storia è rotta in due. – Omelia della notte di Natale – Anno A

Per noi, in questa notte, risuoni un annuncio: quello che ha cambiato il corso della nostra storia.  Nulla é più stato come prima di allora.
“Il popolo che camminava nelle tenebre; coloro che abitavano in terra tenebrosa.” Son le parole di Isaia e parlano di noi. E’ notte. Forse anche in alcune delle nostre famiglie, magari in alcuni dei nostri cuori. La notte dello sconforto, del dubbio, del disorientamento. La notte della fede che non ritrovo, di una coscienza atrofizzata che non sa più scegliere, del “non so più perchè e come andare avanti”. La notte in cui tante vite annaspano, si confondono, non riuscendo a trovare spazio.
E’ la notte della solitudine e dell’abbandono.. per chi vive lacerato da divisioni e lontananze. Per un matrimonio fallito o una vita incompleta. Di un posto vuoto a tavola perchè  quest’anno una persona cara non c’è più. La nostra città in queste ore é afflitta da diverse morti, anche giovani, alcune drammatiche. Non possiamo non ricordarle. Non sentire accanto, con la nostra preghiera, decine di famiglie nel lutto e nella disperazione.
Nella notte si fa più pesante il silenzio del non saper più cosa dire, ne che parole ascoltare.
Eppure é in questa notte che celebriamo quello stesso annuncio che ha cambiato la storia. E continua a farlo. Non avrebbe senso celebrarlo, altrimenti. Se non perchè é questa la notte che continua a cambiare la storia.
Da 2013 anni! Credenti o meno, praticanti o spettatori.. tutti noi siamo chiamati a ricordare che é questa la notte che ha diviso in due il tempo, spaccando a metà la storia. Prima e dopo Cristo. Nulla é stato più come prima. Anche se non lo diciamo.. é da più di 2000 anni che quasi tutto il mondo é orientato a quell’evento. Siamo nel 2013 d. C. Comunque con Gesù ci dobbiamo fare i conti, insomma.
Il rischio é di vivere come gli ebrei.. per il quali siamo nell’anno 5773.. cioè vivono come se Gesù non fosse il Cristo. Riconoscere che può essere anche nato; ma non era il Cristo. Non é cioè la risposta a tutte le nostre domande di senso e di vita, a tutto ciò che continuiamo ad attendere. Non é la luce che può squarciare le nostre tenebre. Anche noi corriamo questo rischio?
Abbiamo aspettato questo Natale con le quattro domeniche di Avvento. Ogni domenica una Parola per noi e una luce in più, qui sull’altare, a ricordarci un crescendo di attesa e speranza.
Ed é in questa notte che questi desideri trovano per tutti noi, nuova vita e vigore.
ha visto una grande luce il popolo.. una luce rifulse, ricorda Isaia.
E’ bello lasciarsi provocare dall’essere quasi nel 2014 dalla nascita di Cristo. Ma é altrettanto significativo ricordare che non siamo qui in una notte a caso. E’ il 25 dicembre. Perchè una data fissa per il Natale? Secoli e secoli di tradizioni pagane e religioni diverse hanno fissato in questa notte la loro origine. La data del solstizio d’inverno. Per chi ne sa qualcosa di astronomia il sole in queste ore inverte la propria rotazione sull’asse terrestre.. é il tempo quindi in cui la notte.. é più lunga e il giorno.. più corto. Sembrerebbe una sconfitta. Ma subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma da qui riprende ad essere vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre, perchè le giornate si allungano.
Anche la natura allora, mai a caso, sembra accompagnarci nel credere. Sentiamoci accompagnati da questo sole che riprende sempre più a brillare e raggiungerci. A squarciare giorno dopo giorno le nostre notti. La luce brillerà in noi e attorno a noi. La accoglieremo? Lo sentiremo nel vangelo di domani. Il prologo di Giovanni, la pagine che accogliamo ogni Natale, ci ricorderà proprio questo.
Ma sarà la luce ancora ad avvolgere e guidare i pastori, come abbiamo sentito, accompagnandoli a Gesù.
Quale sarà per noi questa luce? Quale strada ci porterà ad incontrare il bambino nato per noi? La luce del perdono, della Parola, del servire. La luce della preghiera, della fede, dell’abbandono. Che bello sarebbe, porselo come desiderio ed obiettivo. Qualcosa di concreto da scegliere per coltivare quella luce, per non perdersi cercando di accogliere Gesù.
Maria, infine, continua Luca.. diede alla luce il suo figlio primogenito. E’ bello gustare anche questo dettaglio. Un bambino quando nasce lascia quel buio in cui é stato sospeso, nello spazio e nel tempo per 9 mesi e.. viene alla luce. La luce della nuova vita lo accoglie definitivamente mettendolo al mondo.
Anche noi abbiamo bisogno di venire alla luce. Di essere rimessi al mondo con tutto quello di cui abbiamo più bisogno. Di sentire nascere in noi e attorno a noi la luce di una speranza nuova, di una parola inedita, di una notizia insperata. Che spacchi a metà anche le nostre vite, lasciando fuori la notte ed il buio. Facendoci gustare oggi, qui, per noi quella nascita che sola può dare sapore e orizzonte alle nostre esistenze.
Buon Natale, allora. Che non significa volersi bene o restare uniti. Ma innanzitutto nascere. Venire alla luce. Buon Natale di Gesù, perchè possa trovare posto nei cuori di ciascuno di noi, squarciando la nostra fede tiepida e venendo a condividere le nostre vite. Giorno dopo giorno. Sia una Natale che fa nascere anche in noi il desiderio di questa luce. Da questa notte il buio, ci potrà fare meno paura. La luce é già in ciascuno di noi.