“Eravamo quattro amici al bar…” Omelia IIIa to. “Domenica della Parola” B-’21

 Non mi ricordo il nome ma solo la sua espressione: tatuaggi, capelli trasandati, mezzo punk: cercava aiuto e disse una frase che mi lasciò senza parole. Era un Estraneo, che vedi una volta, quasi per caso, eppure ti resta impresso.

Oppure penso a Elena, figlia di Oscar, una Conoscente;uno dei tanti (amico o parente di qualcuno che conosci) sentiti nominare che incontri per caso, ti dicono qualcosa di sé (lavoro, salute, famiglia) Come va tutto bene anche lei grazie. Fai un rapido aggiornamento di quel che già sai e scopri altre cose. Non hai relazione ci si rispetta e stima, fa piacere sentire come va.

  O penso ancora a Franco e Andrea, Fabrizio e Mauro, Roberto, vecchi Amici: ci si vede poco ma sempre con piacere. Ascolti, ricordi, racconti, ti confronti, son di famiglia, ci si conosce bene, frequentarli è sempre arricchente e gustoso, scopri comunque cose nuove e questo ti lascia migliore e felice, è inevitabile.

   Infine c’è Marco, Amico intimo, non sai perché, lo vedi forse poco, non importa, è come un fratello: non devi capire, spiegare ma solo gustare e godere. Il tempo si ferma. Nudo, disarmato ma a tuo agio. Ti senti prezioso, puoi solo ringraziare.

  Ecco quattro relazioni comuni che ciascuno di noi vive nella propria esistenza. Credo dicano bene il rapporto con la Parola di Dio che ciascuno di noi può ed è chiamato magari ad avere. 

-Ci sono pagine che abbiamo sentito per sbaglio eppure ci restano impresse: sono estranee, non ne sappiamo nulla eppure lì Gesù ha detto così, ha fatto questo. E ci torna in mente.   

-Ce ne sono di famose, la liturgia le offre ciclicamente, che ricordi ma sulle quali si scoprono sempre cose interessanti: Ah già, la parabola del seminatore o Zaccheo ricordo, dice che, significa questo.. ma poi è sempre più ricca e diversa, da ricordare con piacere perché anche se conosciuta, scopri qualcosa di nuovo di te. O il prologo di Gv, ad ogni Natale, pagina rara ma profondissima e ricchissima di spunti e interpretazioni. La conosci ma..ti sovrasta.

-Oppure altre pagine: l’operaio dell’ultima ora, la lavanda dei piedi, Emmaus, la peccatrice, Giona o Efesini le conosci da una vita, approfondite, a memoria eppure ascoltarle non è mai tempo perso, son proprio come quei vecchi amici. Ricordano un sacco di cose assieme, ti son state vicine e d’aiuto tante volte.

-Infine, almeno per me, ci sono il 23° di Lc, il dialogo tra Gesù e il ladrone in croce o la parabola del padre misericordioso o Giobbe. Le senti per te, intime. Non serve dire nulla, le contempli in silenzio, ti lasci emozionare mentre ti raccontano qualcosa di te.

   Il rapporto con la Parola di Dio può essere come le nostre relazioni. Da vivere, gustare, approfondire. E’ Gesù risorto, attraverso lo Spirito Santo a interpellarci, darci del tu, con quella parola per la nostra vita, creando fiducia, confidenza, schiarendo prospettive, sciogliendo grumi di noi rattrappiti, dando sapore a quanto viviamo, consolazione, verità, indicazioni di stile da avere.

E’ sempre un rapporto vivo, come con le persone: alcune gradevoli, altre difficili, alcune indigeste, altre utili e piacevoli. Come tutte le nostre relazioni. In ogni occasione Gesù può starci accanto attraverso la Sua parola, lui che si è fatto Parola, verbo, ci ha rivolto la parola per permetterci di parlare di Lui. E durante la messa, ricordiamolo, metà del tempo che celebriamo è proprio in ascolto della Sua voce attraverso la liturgia, 1a, salmo, 2a, Vangelo.

  Ricordate Nino Manfredi in quella famosa pubblicità del caffè? La Parola di Dio è così: più la mandi giù più ti tira su, più te ne riempi, più viene in tuo soccorso al bisogno e ti aiuta a decifrare quel che stai vivendo. Come una cassetta attrezzi, sempre utili.

Ci sono oggi tantissimi modi per ascoltare: messaggi o mail sul cellulare, libri, siti, video, catechesi per approfondirla e per lasciarsi scoprire da essa e viverla di conseguenza. Anche le pagine indigeste, scomode, difficili o che vorremmo togliere.

lampada ai miei passi, luce sul mio cammino, dice il salmo; il profeta Isaia racconta di un Dio che ti vuole rendere come una trebbia spietata di fronte ai tuoi nemici, Geremia racconta un Dio che ti seduce non che vuole esser servito, Esodo invece ricorda che Dio è geloso di te, vuole essere il tuo Dio, sbaragliando idoli e religiosità da schiavi scrupolosi, Lc 15 ti dice che Dio ti ama sempre e comunque e ti perdona anche se non te ne senti degno. Che Lui è più grande del nostro cuore, ricorda Gv e che vuol rendere la nostra vita sale e luce del mondo, dice Matteo.

La Parola di Dio, che oggi in particolare celebriamo, ricorda sempre quel che proclama Gesù nel vangelo di Mc che abbiamo appena ascoltato: Dio è una buona notizia. Qualcosa che non sapevi di ricevere, meritare, nemmeno di attendere o sperare ma accade e nulla è più come prima! Prendi in mano la Bibbia, pensi di leggerne qualche passo e senti invece che è lei a leggere in te quello che provoca mentre la ascolti, riconoscere i tuoi bisogni, a decifrare come stai e dargli significato, direzione. Che anche a te è successo come in quel testo di 3000 anni fa e ti senti a casa!

Quante volte vogliamo più bene alle nostre inutili idee su dio che a quel che Lui ha detto di sé, siamo affezionati a queste zavorre che non ci fanno vivere, immagini disumane e logore che non ci fanno crescere ma che ci son state inculcate da educazione, tradizione, non diamo fiducia all’annuncio di salvezza, libertà e salvezza che ogni domenica qui riceviamo..ma perché?? Accartocciati su noi.

     La nostra fede, il modo di vivere da credenti racconta di noi che siamo in relazione con un Dio Padre “buona notizia”? in cosa abbiamo sperimentato questa bellezza, nella nostra esistenza? 

Se Dio per noi non è una buona notizia rischia di essere lapide, annuncio commerciale, bugiardino farmaceutico di cose da fare o meno, surrogato ideologico o racconti edificanti ormai scontati  ma nulla di questo ti cambia la vita. La rovina o impoverisce ma non la rende parola eterna cioè sempre valida, viva, efficace.

Ecco per quale motivo Gesù convoca i 12 e chiede loro di aiutarlo a diffondere questa buona notizia. Non cerca esperti di marketing, comunicazione efficace, biblisti, dottori in teologia. No. Né competenze né meriti né capacità speciali: tutte cose sacrosante e utili ma successive, secondarie. Prima scopri che Dio ti è amico con la Parola e ti raggiunge, poi diventi pescatore di uomini. E se dopo 2000 anni siamo ancora qui a vivere tutto questo, vuol dire che tutto sommato quei 12, non son stati poi cosi inutili e incapaci.

Estranea, conoscente, amica, sorella… non importa, chiediamo al Signore di vivere appassionandoci alla sua parola e cercando di rispondergli con la nostra vita, da disponibili a seguirlo, in ascolto.

IIIa Domenica t.o. B-2021

Dal Vangelo di Marco 1,14-20

Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo». Passando lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Venite dietro a me, vi farò diventare pescatori di uomini». E subito lasciarono le reti e lo seguirono.  Andando un poco oltre, vide Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, mentre anch’essi nella barca riparavano le reti. E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il loro padre Zebedèo nella barca con i garzoni e andarono dietro a lui.

Fermati un attimo, respira: tanto so che non hai letto il Vangelo… e vieni subito a spulciare i miei poveri deliri…. se potessi ti farei “tornare dal via”, come a Monopoli. Senti un po’ ma…

Per te Dio è una buona notizia?

Gesù annuncia questo, scrive Marco: “proclamando la buona notizia=vangelo di Dio”. Il tempo è compiuto cioè è arrivato, eccolo il momento adatto: adesso. Non perdere più tempo a recitare la parte. Il regno di Dio, cioè il modo in cui Lui sognerebbe fossero le relazioni tra noi stessi, con gli altri, le cose, la realtà, il modo in cui le ha sognate e ce le ha affidate fin dalla creazione e dal battesimo. Quello che speriamo sempre “venga”. Lo permettiamo? Gesù lo proclama cioè letteralmente lo grida avanti, si fa precedere quasi da questo novità. Qualcosa che non aspettavi, pensavi, meritavi o speravi. Ma arriva. Allora la domanda per quanto un po’ secca, ci mette spalle al muro: da quanto vieni a messa, preghi, ti comunichi e confessi natalepasqua, vai a scAut, ai gruppi, al coro e a far i lavori per il prete… ma Lui è una buona notizia? in cosa? e come lo è stato o continua ad esserlo? Oggi si celebra anche la “domenica della Parola”, voluta da Papa Francesco..a ricordare che essere cristiani significa innanzitutto riconoscere che Dio ti ha rivolto la parola, dandoti del Tu; e così ti fa uscire dai doveri religiosi a testa bassa e Lui può scendere dall’olimpo nuvoloso dove lo lasciamo. La buona notizia ti dà del tu. Un vaccino strepitoso.

Seconda Domenica t.o. anno B – ’21

quando si è costretti a doversi alzare, ognuno rivela la sua vera statura….

Dal Vangelo di Giovanni 1, 35-42

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

Un agnello: qui a Roma doveroso “abbacchio” e l’intonazione già strappa una risata perché ci mettono 4 b invece di 2 e lo si pronuncia già con gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta con l’acquolina in bocca…vuoi nel ricordo di pantagrueliche “magnate”, vuoi per il desiderio di un pranzo domenicale in cui arrostirlo “co ‘e patate”. Non sto uscendo fuori tema o almeno non del tutto: eppure penso a quante volte mille attività delle nostre parrocchie non hanno sortito lo stesso effetto…fotocopie, powerpoint, catechesi, liturgie, riflessioni, preghierine… ma quanti si sono alzati e di botto hanno seguito Gesù? o almeno…va bè. Non vorrei sembrare troppo caustico. Ai tempi di Gesù “agnello” suonava famigliare e sacro almeno per due motivi. Era proprio questo animale che Mosè raccomandò al popolo ebraico di mangiare per mettersi in forze prima della fuga dall’Egitto. E il suo sangue a venir posto sugli stipiti delle porte come segnale per la salvezza dall’angelo sterminatore. Cibo e salvezza. Gesù, non essendo effettivamente un agnello col pelo e tutto e nemmeno trovandosi il Battista sotto influssi lisergici…deve aver almeno risuonato secondo questi due aspetti nei primi due discepoli. Così si mettono in marcia. Gesù che passa ci ricorda così “cosa“ voglia essere per noi e in che senso si ponga come agnello. Noi in genere quando siamo invitati a contemplarlo, durante la messa, siamo ancora lì a darci lo scambio della pace e quasi ci scoccia quella nenia monotona “agnello didiochetogliipeccatidelmondo…”, magari rovinando il bellissimo canto “pacesiapaceavoi”… oppure ci stiamo igienizzando le mani o preparando alla comunione ma raramente contempliamo l’ostia consacrata tra le mani del prete. Ma poi ci inginocchiamo devoti davanti al tabernacolo. Eppure è quello che accadde la prima volta proprio in questo vangelo. E che si ripete e riattualizza nell’azione rituale che stiamo compiendo col sacramento eucaristico, dove veniamo nutriti e salvati comunicandoci con quell’agnello che è Gesù. Forse il testo nuovo che il sacerdote proclama, grazie al nuovo messale, ci aiuta a prestarvi più attenzione, soprattutto ricordando che l’eucaristia è fatta per essere mangiata e non solo o troppo adorata. Gesù agnello si fa cibo per nutrire il nostro corpo, la vita e darci direzione, senso, gusto. Seguendolo poi quei due hanno un unico desiderio: vedere dove abita, dimorare, passare del tempo con Lui, farne esperienza. E Lui vi acconsente Ecco l’orario, le 16, uno dei pochissimi presenti nei 4 vangeli. Abbiamo nella nostra vita di fede qualche orario segnato nel cuore? quale “4 del pomeriggio” cioè riferimento preciso in cui, quel giorno, in quel luogo, vivendo quell’esperienza, con quella persona, io mi sia sentito intercettato da JC e la mia vita e la mia fede abbiano assunto una prospettiva e un gusto completamente diversi? No? ahi ahi ahi ahi àh!