“Siamo resi capaci di esprimerci” Omelia Pentecoste ’23-A

“Un operaio conosce 100 parole, il padrone 1000. Per questo lui è il padrone” (don Lorenzo Milani)

Penso che la scuola di Barbiana, nella figura di don Milani, ieri/oggi il centenario dalla nascita, abbia ben incarnato una precisa manifestazione dello Spirito. Lo ha confermato anche il presidente Mattarella presente proprio lì, ieri: quanto il dovere di dare, in particolare agli ultimi, la capacità di potersi esprimere, diventando liberi, consapevoli e responsabili come cittadini sia una pagina incarnata del vangelo. La capacità di esercitare così una coscienza critica ed una premurosa attenzione al bene comune.

Pentecoste è questo: la pedagogia adulta di Dio con ciascuno di noi. Due domeniche fa…Io prego il Padre e Lui vi darà questo Spirito Paraclito, consolatore, rimanga con voi per sempre, rimane presso di voi, sarà in voi; “la comunione dello SS sia con tutti voi”, così ci siamo sentiti accogliere poco fa. Che significa per me?

Domenica scorsa Gesù, a 40 giorni dalla sua risurrezione, fine dei tempi supplementari, ascende al cielo, termina la sua presenza fisica, per inaugurarne una di tipo sacramentale, grazie al dono dello Spirito Santo, nel tempo e nello spazio. In forza di questo noi viviamo la nostra fede in Lui come presente in mezzo a noi. Presente a far che? Cosa possiamo chiedergli per la nostra vita?

  Nel Credo diciamo di credere nello SS, che è Signore, dà la vita (!?). C’è allora una vita in più e diversa da chiedere e accogliere, per noi cristiani, inaugurata col battesimo, confermata con la cresima.

La liturgia la definisce eterna, nuova, immortale insomma qualcosa che abita la nostra vita biologica da dentro e ci rende capaci di altro. Ne siamo almeno curiosi? Come fosse un lievito….

  Ma che fa questo Spirito? Atti, 1a lettura, ci dice che ne siamo stati colmati, dal battesimo, immersi, inzuppati…bellissime queste immagini così plastiche… questo ci rende (Milani) capaci di esprimerci, di comunicare, di presentarci gli uni gli altri e vivere in relazione, diversa ma complementare, come quelle lingue diverse ma che parlano in armonia, non come nella torre di Babele, dove la diversità sfociando in individualismo, divideva. Nel Vangelo Gesù ricorda ai discepoli di non prepararsi grandi discorsi o difese in alcune situazioni…lo Spirito Santo parlerà in voi, dice, vi darà le parole giuste, aggiunge…

Esprimerci nella verità e responsabilità di noi di fronte a Dio, a noi stessi, agli altri. Vediamo come:

 1) Nei confronti di Dio  Nella 2a lettura, Corinti, Paolo dice che solo grazie allo Spirito Santo, possiamo riconoscere Gesù come signore. Molto interessante: non ci si definisce cristiani da noi stessi con i nostri criteri, sensibilità o gusti ma come risposta; solo grazie al dono dello Spirito, in comunione con esso e la chiesa, posso vivere cristianamente la mia vita. Santi, madonne o tradizioni, vengono dopo il signore della nostra vita. Pensate che bello, se prima di pregare, parlare, ascoltare, fare una riunione, un dialogo che ci preoccupa, invocassimo lo SS chiedendogli di fare verità, avere carità e libertà nell’esprimerci.

2) Per la mia vita interiore: il modo in cui sto con me stesso, il mio passato, ferite, limiti, paure e resistenze…ce lo spiega la Sequenza, bellissima: come spesso la scrittura, non parla esplicitamente della natura dello Spirito ma lo descrive all’opera: una serie di verbi che diventano azioni possibili in noi, riconoscendone il bisogno per la nostra spicciola esistenza quotidiana: è luce dei cuori, illumina il reale di quel che stiamo vivendo o provando, è ospite dolce dell’anima (colmati!), vive in noi, va fatto emergere da dentro, ci dona sollievo, va accolto; dona riposo, riparo, conforto. Siamo chiamati a lasciare che da dentro, ospite in noi, invada tutte le nostre emozioni, pensieri, immagini.. lava, bagna, sana, piega, scalda, raddrizza quel mondo che portiamo dentro così sacro e delicato. Non è bellissimo?

3) Verso l’esterno, gli altri… ciascun grazie a questo dono ha diversi carismi, ministeri, attività,  reso unico “a ciascuno è data una manifestazione  particolare dello Spirito per il bene comune.. (penso a domenica scorsa!)

Queste tre direzioni, grazie al dono dello SS, ci rendono capaci di esprimerci da figli del padre, fratelli e sorelle tra di noi. Non verso un’uguaglianza, dare a tutti le stesse cose ma nell’equità, dare cioè a tutte le persone le stesse possibilità. Ecco la pedagogia di Dio con ciascuno di noi, adulti, liberi e responsabili, capaci di dialogo e ascolto, di coscienza critica per sognare assieme la chiesa possibile oggi, che lo Spirito già ci sta indicando e al quale ci chiede di collaborare.

IIa Domenica di Pasqua, 2023 durante Cristo -A

La conoscenza di Dio senza la conoscenza della propria miseria genera l’orgoglio. La conoscenza della propria miseria senza la conoscenza di Dio genera la disperazione. La conoscenza di Gesù Cristo sta tra una e l’altra, poiché in essa troviamo Dio e la nostra miseria. (Blaise Pascal, Pensieri, 1670)

Dal Vangelo secondo Giovanni 20,19-31

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. 

Interessante il finale di questa pagina: Gesù è il Cristo. Non chiede di credere o meno alla risurrezione, cose fondamentali, ovvio. Ma che si sappia riconoscere che il Cristo, il messia, l’unto dal Signore, atteso, sperato, invocato, chiamato e richiamato…è Gesù. Il figlio del falegname di un paesello strampalato da cui, diceva anche Natanaele, non può certo venire nulla di buono. Insomma le nostre attese riguardo Dio, la sua identità ed immagine, il suo ruolo e la funzione, l’utilità o meno di credergli… tutto quello che anche oggi continuiamo a chiederedomandareesigerepretendererecriminare dai nostri idoli a forma di Dio… debbano essere ben risciacquati e bonificati dal Vangelo per vedervi dietro Gesù, il nazareno. Un bagno di umiltà e umanità non da poco. Noi che immagine abbiamo di Dio? Una volta forse, poco tempo fa, ancora si indugiava su quanto avrebbe dovuto fare o meno per noi e per la guerra e per i bambini che muoiono di fame nel terzo mondo (ma terzo de che?) Ora forse è proprio il prodotto che non solo non fa recriminare ma nemmeno più gola…è l’indifferenza non la rabbia o l’ateismo la questione oggi. Ma il vangelo di riporta a Gesù. Quasi a dire…è così, ci spiace, il resto l’avete inventato voi, o sono aspettative e attese inconsce, indebite, comprensibili ma non determinanti. Insomma non fate i cristiani capricciosi e “viziati”, non fate le vittime perché credete che Dio non vi voglia genitori, o vi abbia mandato il tumore o risolto un problema o fatto trovare la persona giusta…. c’è solo Gesù, il suo stile di vita come biglietto da visita del volto autentico e unico del Padre. Il resto ci allontanerà da Lui e ci farà implodere in noi stessi, strangolandoci con le nostre stesse aspettative…come per Pietro, Giuda e i 12. Pietro lo dirà chiaramente “non conosco quell’uomo”. Quando lo rinnega è convinto. Del resto mica aveva seguito quello la che stava morendo per mantenere la sua promessa d’amore nei nostri confronti ed era umiliato e sfigurato. Lui aveva seguito il boss salendo sul carro dei vincitori ma… ne è dovuto scendere presto, mal volentieri e anche a testa bassa. Chiediamo a questa buona notizia odierna di evangelizzare la nostra religiosità e quanto ci aspettiamo o meno dal nostro rapporto con Dio….

Mettiamoci una pietra sopra… Omelia Veglia di Pasqua ’23

Sabato Santo ’23 Fiera -A
Ricordate? L’inizio de I Promessi sposi, i due bravi che aspettano seduti don Abbondio al varco per… raccomandargli quel che sappiamo….
   Un angelo seduto sulla pietra, racconta il vangelo, folgore e neve per descriverlo, e fin qua ci sta ma Matteo…è anche più originale; un po’ sbruffone questo angelo, me lo vedo lì seduto sopra la pietra spostata, soddisfatto, a gambe incrociate a godersi l’alba, gli manca la sigaretta in bocca mentre aspetta impaziente. Povere donne! Andavano ad imbalsamare un cadavere e si ritrovano proprio loro, nullità a quel tempo, invitate a testimoniare la cosa più rivoluzionaria di sempre ai discepoli ancora con la coda tra le gambe. Il cadavere non è qui è risorto, andatevene pure a casa. 
  Così seduto pare proprio voler dire, “su, dai, mettiamoci una pietra sopra” a questo mortorio, lasciate stare i cimiteri e tornate   in Galilea, è vivo. Vi sta aspettando lì.                  PAUSA
   È risorto, allora! Lo abbiamo atteso, ceneri, pesce e quaresima, ulivo, piedi lavati, olii ed eucaristia, passione, croce, processione, silenzio del sabato santo…e finalmente la risurrezione. E adesso? Che ne facciamo? Abbiamo tempo di vivere da risorti con tutte le cose che già dobbiamo fare?
Mi pare un invito audace a provare a mettere una pietra sopra a tutta quelle esperienze religiose-pseudocristiane che continuano a non offrirci vita vera, cioè eterna, ma solo anestetici spirituali, tranquillanti pastorali, narcotici sociali; che ci rassicurano come fieri custodi del sacro ma non ci motivano a scegliere di essere missionari appassionati, sale e luce del mondo, grano di senape; 
“Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo 
hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio..” tuona il 
vangelo di Giovanni a Natale! Una pietra sopra a quanto continua a renderci credenti imbalsamati, che sembrano vivi a parole (Signore, signore), con le dichiarazioni (Darò la mia vita per te!), coi princìpi (non mi laverai mai i piedi!), con il fare compulsivo per continuare a sentirci utili e visibili (Senza di me non potete fare nulla!), coi palliativi pastorali (volete andarvene anche voi?) ma in realtà dentro sono vuoti, o morti …Gesù, piccato, direbbe “guai a voi sepolcri imbiancati”. Ma la buona notizia sta in quella presenza…c’èun angelo sopra quella pietra! Angelo, manca solo la V davanti per ricordarci che vangelo significa buona notizia, annuncio, rivelazione novità!
Quante volte abbiamo definito “un angelo” chi si era preso cura di qualcuno…per passione, coraggio, dedizione, premura. 
Lasceremo che la buona notizia della risurrezione si prenda cura di ciascuno di noi? E come?  “Per mezzo del battesimo, dice Paolo ai Rom nella lettura, anche noi possiamo camminare in una vita nuova. E continua ”Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.”   
Cosa dal battesimo e da questa risurrezione rende nuova la mia vita?      Da cosa si potrà vedere che posso vivere da risorto?
Come posso attingere nel mio concreto oggi, adesso, al potermi considerare vivente per Dio cioè attraverso Dio in Gesù?
     Quale parte di me può passare a vita nuova e insperata?
Abbiamo tutti messo delle pietre, sopra qualcosa -in noi: lì dove ci siamo arresi e accoccolati nella nostra confort zone; in presunti difetti o brutti caratteri, abitudini religiose stantie, volti di Dio disumani e permalosi, in ferite del passato mai affrontate, grumi di orgoglioso individualismo, in amori malati, relazioni ambigue o dannose, in vizi e compromessi che ci fanno sempre apparire belli fuori…ma col buio dentro. Cristo luce del mondo!, ho urlato prima, e voi avete ringraziato Dio per questo. Cosa potremmo permettergli di illuminare in noi? In un’intervista il cantante della rock band U2 ha confidato: “L’unico problema che Dio non può risolvere è quello che proviamo a nascondergli”.
Insomma…O la fede in Gesù, il Messia risorto, è -in ultima analisi- uno dei tentativi umani per vivere il meglio possibile nel mondo che c’è stato dato e che abbiamo trasformato a nostra immagine (a dirla tutta direi senza grandi risultati Marx-Feuerbach), oppure questa fede è la proclamazione che il regno del mondo come noi lo conosciamo è terminato e che si è inaugurata una situazione senza precedenti. In una parola o il cristianesimo è una religione o è una rivoluzione. Se la prima possibilità sembrerebbe molto più razionale e verificabile storicamente (religione cattolica abbiamo fatto a scuola ed è scritto nei documenti) un bel galateo sociale e affettuoso, la seconda sembra più in armonia con le rivendicazioni del suo fondatore, dei suoi primi apostoli e certe dinamiche del vangelo che parlano di se mi vuoi seguire, fuoco, luce, sale, senape, comunione, piedi lavati che corrono,  e amore ad oltranza. Qual è quella giusta o autentica oggi?
Il teologo HUVB ebbe a dire che il cristianesimo è proprio l’unica fede al mondo che crede nell’al di quà o meglio che l’al di là inizia nell’al di quà. Insomma che siamo già ora in grado, avendo ricevuto in dono la vita eterna, di essere contemporanei a Gesù risorto, anche se non ce ne rendiamo conto e non siamo abituati a considerarlo o viverlo nelle nostre Galilee. Siamo nel 2023 durante non dopo Cristo. Lui è già reperibile e disponibile, mantiene la sua promessa e noi possiamo provare a viverci in questo modo nuovo, perché illuminato, come questa notte, dalla luce della sua risurrezione, dall’angelo vangelo.
Per i discepoli tale duplice richiamo a tornare in Galilea suona come…ritorniamo a dove eravamo partiti, dove tutto è cominciato, la nostra vita ordinaria, famiglia, lavoro, l’impegno sociale e civile da cittadini (ci farebbe bene provare a leggere la lettera a Diogneto!) Là mi vedranno…bello sto Gesù veneto, già al lavoro imperterrito (non s’è preso nemmeno un giorno di malattia!)…e che continua a non voler fare tutto da solo e, dopo quanto gli hanno dimostrato, (rinnegato, tradito, abbandonato) continua ad avere bisogno del poco che sono e che hanno da offrire alla chiesa.
Insomma a cosa ci può servire questa risurrezione se non a stimolare la nostra esistenza e le croci quotidiane illuminandole, accordandole a desideri inediti e speranze frequentabili? Poterci impastare col lievito di questa buona notizia fumando insieme con l’angelo… sopra le nostre pietre finalmente rimosse…
A farci sentire di qualità rinnovabile, eterna…a farci percepire possibilmente…diversi, insomma risorti? Mi chiedo…
E perché no?