Riprendiamoci la libertà di un giorno di pausa.
Qualche riga sulla giornata e sul tempo in generale.
Ma non chiamatelo “monologo”
Perché anche le parole mutano di significato e più che un discorso solista, il monologo diventa un parlar da mona…(specie se passa in tv)
Non è una novità che l’universo si espande accelerando, specchio infinito di una società che ha fatto del Tempo l’icona e la musa.
Ma questa accelerazione provoca l’allontanamento delle galassie tanto da renderne sempre più difficile l’osservazione, con il risultato che l’universo stesso, in un prossimo fututro, apparirà oscuro e, spingendosi oltre con la fantasia, giungerà al suo disgregamento…
Anche la Creazione ha quindi un’inaspettata fretta…
Se vogliamo continuare a specchiarci in questa bizzarra evoluzione, questo disgregamento lo viviamo anche nelle nostre società, sempre più di “individui” che si allontanano gli uni dagli altri rendendosi irriconoscibili, oscuri, ignoti..
Mi ha sempre affascinato la possibilità di recuperare spazio e tempo per riallacciare i rapporti, fasci di luce tra galassie, relazioni e sentimenti.
Vivere nella natura, immersi e compromessi, permette di seguire ritmi e tempi dettati dall’eternamente Altro e non dai nostri sistemi di misura: sinfonie che regalano più d’un giorno bisestile.
Quale giorno migliore se non questo, oggi, 29 febbraio? un giorno che esiste per capriccio, ogni quattro anni. Un giorno regalato per riprendere fiato.
àno bisèst, àno sensa sèst!
E mi commuove che anche la Creazione riprenda fiato: in un meccanismo perfetto, un granello di sabbia divina ci riporta del tempo che pareva perduto.
In un universo in accelerazione, l’orologio del mondo correva ancor più veloce, tanto da rendersi necessario un giorno di recupero..
Se non ci fosse stato, i mesi sarebbero preda dei venti, in un continuo anticipo.
Sarebbe triste il primo giorno di primavera brullo e sferzato dalla bora..
Ora, invece, con questo 29 febbraio ogni tanto regalato, la primavera continua ad arrivare coi primi tepori, preceduta da viole e primule e scaldata dal pallido sole. Ci meravigliamo ancora di questo? ne siamo veramente capaci?
L’orologio del mondo ha bisogno di “ricaricarsi”, come la cipolla del Barba Nano, di marca svizzera.
Faceva il minatore in Belgio negli anni ’30, el barba Nano, tornato a casa si stabilì dalla sorella Mariéta (la nonna di mio papà) dai Triàngoi, portando in eredità due campi di terra e un piccone. Credo durerà anche per i nipoti dei miei nipoti…
E l’orologio da tasca. Una cipolla “sept jours” – sette giorni di molla. La carico la domenica mattina e fino alla domenica successiva il suo ticchettio risuona in camera, e quando la ricarico, la tiro indietro di quel tempo che nella sua corsa ha inghiottito.
Tempo, tempo di coltivare.
Nella terra trovo la mia dimensione, il mio silenzio.
E il ritmo che seguo è quello dato dal respiro dei fiori, dal fiato delle vacche, dalle gocce di mosto che suda l’uva.
Olivo e Ester sono due personaggi del mio paese. Ester ha superato gli ottant’anni, Olivo Bàro invece ha lasciato i suoi campi per coltivare gli spazi del cielo.
Nella loro semplicità, sapevano portare buonumore a loro insaputa. Incuranti dello scorrere del tempo, se la spassavano felicemente, chiacchierando tra loro per lunghe ore. Ma tutti in quella famiglia dei Bàri, erano prolissi e loquaci.
Un tempo le pannocchie si raccoglievano a mano. Un tempo: fino a pochi decenni fa! l’ho fatto pure io…
e nelle lunghe notti invernali venivano scartossàde al tepore della stalla, mentre si faceva filò, tipo albero degli zoccoli, avete presente?
Ecco, dopo i lavori di stalla, e prima di cena, Ester e Olivo si accingono all’opera.
E così passa il tempo, tra una parola e l’altra, al chiaro di una lampadina de poche candee, finché ad un certo punto (saranno state le tre di mattina) il marito esclama:
-Ester, ma stasera niantri vemo senà??
Anche mio nonno Beppino si curava poco dello scorrere del tempo. Al contrario di mia nonna Marianna: ancora adesso che ha 91 anni, vorrebbe tornare a correre e brigare come da giovane.
Quando ci fu il terremoto nel Friùli, lui stava seduto in tinello a leggere il Tex (passione che ha trasmesso anche a noi nipoti..)
Quando i familiari spaventati sono andati a chiamarlo per via di tutto il trambusto che si sentiva, alzò gli occhi e guardando il lampadario oscillare, esclamò:
-Ah..l’e el teremòto… tornando a leggere tranquillamente.
Fiducia, tempo di fiducia anche nel pericolo, in Qualcuno di più grande.
Quando scrivo, finisco sempre per nascondere tra le righe la mia vita. Credo capiti a tutti.
Il mio tempo è dettato dalla natura, forte di accelerazioni e di spasmodiche attese, di spinte in avanti date dal sole e dalla pioggia e pause di respiro all’ombra dei gelsi. Un tempo di pace dedicato alla lettura: lettura di un libro, di un volto, di una foglia che cade, di un fiore che sboccia..
Se il mio giorno è scandito da tutto questo, nei sentimenti e negli affetti sono sempre stato precipitoso .
Alla mia età, mi capita sempre più spesso di confrontarmi con la realtà che più mi è vicina: la mia famiglia. Chi mi conosce sa a cosa mi riferisco.
Alla mia età, mio padre aveva già quattro figli. Normale che ogni tanto si (e mi) chieda, che intenzioni ho, il tempo passa…ma per lui è stato facile:
-Parlé vu pare, che vé sposà me mare…mi me toca tòr na foresta!!
Voglio prendermi questo giorno, da questo giorno, tutto il tempo “sprecato”: lascerò che anche l’amore sia al tempo della natura. Non lo terrò nascosto.
Nasconderlo è la morte prima della sua fioritura.
L’Amore va gridato sopra i tetti!!
Ma questo è anche tempo di chiamata: questo 29 febbraio è dentro la Quaresima, tempo del deserto.
E in un giorno di deserto spirituale, un ragazzino di 12 anni dopo la Messa mi si avvicina. Deve parlarmi. E’ il secondo figlio di una cara amica.
Di solito mi chiedono di venire in azienda per qualche ricerca o cose così. O per venire a fare qualche lavoretto estivo.
Invece, abbassa un po’ gli occhi e umile, forse intimorito dalla probabile risposta, mi dice: “Ti ho scelto come padrino…”
Mi si è aperto il cuore: la Grazia mi ha toccato. Ho sentito la mano di Dio posarsi su di me, nel giorno in cui avevo più bisogno.
Una bella responsabilità! Ma che assumo con gioia!
– Ti ho scelto come padrino.
Questo è il tempo che amo.
Ma perché il buon Dio ci fa recuperare questo giorno? perché ci chiede di rallentare la corsa?
Mi piace pensare, innanzitutto, che non lo faccia per noi.
Mi piace pensare che si diverta a giocare con la Creazione e lo faccia con lo spirito dei bambini, capace di sorprendersi ogni volta per la stessa cosa, insaziabile nel creare i fiori tutti uguali eppure diversi, eppure tutti uguali e dire ogni volta, come i bambini: “Ancora!”
Ecco: così vorrei recuperare le cose in questo giorno.
Chiedere al sole di sorgere ogni mattina e dirgli: “Domani, ancora!”
Gustare le gocce di pioggia ad una ad una e pensare: “Ancora!”
Celebrare la bellezza più inutile, la risata di mio nipote, il latte fresco, un soffio d’aria frizzante nei polmoni, gli occhi di una ragazza, un bicchiere di vino.
Farlo oggi, nella completa pazzia, e dire: “Domani, ancora!”
Questo giorno donato al mese più corto, che comunque rimane il più breve.
Un giorno folle. Che mi ha contagiato.
Un giorno in più che, paradossalmente, ci avvicina la Pasqua..
Un giorno in più per amare, soffrire, gioire, stupirci nell’attesa.
Oh..lo so, solo uno scherzo, un sottile filo di ingenua fantasia.
Così voglio attendere, con lo stesso stupore.
E con un giorno, tutti i giorni, per stupirmi con la gioia dei bambini, per riprendermi la mia esistenza.
Chi è il favorito degli dei
che può dirsi completamente felice?
a sprazzi e deliri del momento
ma la felicità è fatta di attimi:
gli occhi illuminati di una donna,
il sorriso di uno sconosciuto incontrato per strada,
un bicchiere di vino spillato di fresco,
la brezza leggera dove respira Dio
Attorno respiro disperazione. E in questa vorrei,
vorrei portare una luce.
Non perdere nessuno. Io sono cera d’ape che brucia