Il primo regalo sei tu….Domenica XXIIa t.o C- ’22

Siete mai stati a Napoli? Mi è capitato, alcune volte di lasciare al bar, un caffè sospeso: la bella tradizione di lasciarlo pagato per qualcuno. Iniziativa poi ripresa altrove con pizze, pasti, panettoni, libri: un modo concreto ed immediato di donare all’altro. Tanto semplice quanto educativo. Nel senso che educa a scoprire ed allenare una parte di sé, cui forse crediamo poco e che culturalmente facciamo fatica ad accogliere. Ne parla però il vangelo e Gesù ne fa un insegnamento fondamentale.

  Quel saper invitare chi non potrà ricambiare, significa a mio avviso educarsi a fare gesti gratuiti. Siamo in un contesto culturale che alcuni sociologi definiscono da homo oeconomicus, cioè ciascuno respira ed è caratterizzato da forte individualismo, immerso in relazioni che si svolgono con criteri commerciali, di esclusiva convenienza e competizione, dove tutto pare poter avere un prezzo e potersi scambiare in maniera utilitaristica. Dove l’altro innanzitutto è quello che minimo ti può fregare perché ostacola il tuo benessere e la tua pace o che tu puoi fregare se ti fa comodo. 

  Eppure il gratuito spaventa: la potenza di un gesto che si fa dono soltanto nella misura in cui non mi aspetto nulla in cambio e che è un gesto in-utile, senza senso o profitto, compiuto esclusivamente per il gusto di farlo, perché è bello e fa bene, ma pure ci libera, facendoci sentire diversi. Proviamo a pensare: quanto è gratuito procura subito due cose:

1- ti disarma…nel senso che purtroppo siamo abituati a considerarlo subito con prudenza: al telefono, alla tv, in internet, quel che ci promettono come gratis sappiamo nascondere subito una clausola o una fregatura. Siamo quindi giustamente sospettosi. Eppure ti disarma perché, una volta abbassata la guardia, ti senti grato e fortunato mentre lo ricevi, non te lo aspetti ma con pudore e imbarazzo te lo godi, fosse anche l’assaggio di salame al supermercato o un gadget qualsiasi. Ci sentiamo  fortunati. Quanto lo diamo per scontato? E quanta fatica facciamo a ricevere un regalo o un gesto bello e spontaneo? Quanto tempo perdiamo a dire che non occorreva ti disturbassi e che sicuramente ci sdebiteremo e offriremo noi la prossima volta, volendo sempre evitare di restare come in debito…faticando da matti a lasciare che l’altro ci manifesti a modo suo che siamo preziosi e ci vuol bene.

2- ti ri orienta al dono di te; quando riusciamo ad essere generosi e disponibili, ma senza clamori o aspettando applausi e “grazie”, sentiamo in noi che siamo stati creati così. Abbiamo ricevuto la vita gratis, senza chieder nulla a nessuno o meritarla. Ma solo recuperando tutto questo la nostra stessa vita può farsi dono, regalo. Tutti possiamo dare senza aspettare qualcosa, fare del bene senza pretendere un tornaconto da chi aiutiamo, fosse anche solo una cortesia, un saluto garbato, un favore spontaneo. È quello che Gesù diceva ai suoi discepoli: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8), il motto tra l’altro del nostro vescovo. Chi non vive la gratuità fraterna fa della propria esistenza un commercio affannoso, scrive Papa F. nell’ultima enciclica “Fratelli tutti”, sempre misurando quello che dà e quello che riceve in cambio. Dio, invece, dà gratis, fino al punto che aiuta persino quelli che non sono fedeli, e «fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni» (Mt 5,45). Per questo Gesù raccomanda: «Mentre tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti nel segreto» (Mt 6,3-4).

Diventare dono è dare senso alla vita, darsi credito, darsi il permesso di provare a far pace con l’autostima comprendendo a poco a poco che nessuno è così povero da non poter donare qualcosa di sé a qualcuno. E questa potenza d’amore, cui fare credito in sé, con piccoli gesti gratuiti, inizia a rodere da dentro il nostro egoismo sospettoso o la nostra atavica incapacità di volerci bene e accoglierci per quello che siamo. Magari inizieremo a percepirci adeguati a qualcosa, adatti, all’altezza di donarci.

Noi funzioniamo così: ai vari campi che ho fatto nelle scorse settimane e al Grest è chiaro: fin da bambini si sente questa spinta a donarsi, generosi, disponibili, a fare del bene…e quando si scopre che non è per moralismo ma perché Dio ci ha creati per amore e per amare, allora le cose cambiano. Noi, facciamoci pace, funzioniamo così al meglio, amando. Altrimenti si vivacchia…

   Gesù stesso cosa ha fatto per noi? Mancano 4 mesi a Natale e festeggeremo il dono di sé a tutte le persone nel tempo.

Non ha cambiato la storia costringendo qualcuno o a forza di parole o spiegazioni; non ha aspettato che diventassimo buoni per amarci, ma si è donato gratuitamente a noi. Ha trasformato l’acqua in vino gratis, per non interrompere una festa, ha ricordato la generosità del padrone che paga salario intero agli operai dell’ultima ora, come quella dei talenti concessi gratis e ben ricompensati, i pani e i pesci erano sempre abbondanti, al ladrone in croce ha dato subito il paradiso, mica solo quel promemoria richiesto e ha lavato i piedi ai 12 sapendo di Giuda e Pietro. E la sua parola è qui abbondante, che la ascoltiamo o no, ed il suo corpo e sangue nell’eucaristia si dona non ai bravi e perfetti ma a chi riconosce di averne bisogno, gratis, solo perché ti darà forza e sentendoti amata. Non si aspetta cristiani devuoti o meritevoli, ma consapevoli, bisognosi, e per questo fortunati…

Anche noi allora non dobbiamo aspettare che l’altro diventi bravo, migliore, che frequenti la parrocchia o la pensi come noi per fargli del bene, che la chiesa sia pura ed edificante per amarla, che gli altri ci considerino per servirli…questo è accogliere il dono della grazia; ma allora cosa potremmo fare? Ad es. iniziare a pregare o stare in silenzio davanti al Padre invocando lo Spirito solo per dire grazie, fare elenchi di cose da non dare per scontate e per cui sentirsi fortunato. Vi assicuro che funziona, lo chiedo sempre a chi si accosta con me al sacramento della riconciliazione e quanto fa bene fare questi elenchi per sentirsi gratuitamente amati e preziosi, non all’altezza o inadeguati. Ho visto persone sciogliersi ed emozionarsi profondamente ritrovando pace e serenità, percependo tale amore, imparando a guardare tutto in modo diverso.   Abbiamo bisogno di accettare che funzioniamo così e più ci riconosciamo fortunati e amati gratis, più la nostra vita avrà sapore e significato al cospetto del Padre e del figlio risorto che ci amano per quello che siamo, e ci invitano a scoprirci doni…perché donati, come un regalo. Proviamo a sentici un regalo possibile gli uni per gli altri? A pensare, questi prossimi giorni, come poterlo fare e con chi, diamoci credito, abbassiamo la guardia, funziona. Siamo un dono, impariamo a donarci, a scegliere ogni giorno una buona azione. Impariamo magari, prima di tutto a pregare così e, questa me la gioco..a lasciare a Dio… una preghiera sospesa!!    per quelli per cui non prega mai nessuno, per gente che non conosciamo nel nostro palazzo, per colleghi o clienti al lavoro, per chi incrociamo per strada, per quelle tombe abbandonate al cimitero o quei visi spenti attorno a noi, per quelli di cui parla il giornale; impariamo a pregare gratis, non solo e sempre per noi e i nostri cari.. e non perché presumiamo Dio li abbia dimenticati e noi glieli ricordiamo, figuratevi, ma perché fa bene al nostro cuore dilatarsi e così facendo si farà così anche più capiente, al nostro sguardo farsi benevolo e capace di riconoscere il regno di Dio, assieme ad una mente più aperta e ad una fraternità globale e spirituale più autentica. Ciascuno di noi è un regalo, accogliamo questa buona notizia, impariamo a guardarci gli uni gli altri come donati, sospendiamo una preghiera al Padre anche per imparare a darci credito e viverlo nel Suo nome.

XXa Domenica t.o. C-’22 durante Cristo

Ma come…e del caro 4° comandamento “onora il padre e la madre” che ce ne facciamo? Abbiamo ascoltato una delle pagine per certi versi più dirompenti di tutti i vangeli, speriamo anche di poterla accogliere. Divisione invece di pace, equilibrio, serenità, fuoco al posto di bontà e del famoso (ma non cristiano) rispetto. 

Non ce l’aspetteremmo ma non dobbiamo aver fretta di girare pagina e scansarla…perché è molto precisa. Gesù sembra voler infierire poi, insistendo -tacchente-, quasi percepisse il rischio di metterla da parte e con pazienza impietosa descrive in modo dettagliato 3 e 2, nominando le relazioni di sangue fondamentali. E avete pure ringraziato..lode a te o Cristo. Bellissima pagina, molto liberante. Mi permetto di farvi notare una cosa: 

quando partecipiamo ad un funerale, qualsiasi banco occupiamo, sentiamo parlare del defunto sempre e solo come un fratello, una sorella…di cui il Signore si deve ricordare, accogliere, illuminare, perdonare ecc.    Mi fa sempre riflettere: mai nessuno che mi abbia interrotto dicendo.. ma che stai dicendo? era mia madre, padre..era mio marito, moglie.. un amico, una cugina, la zia..  mica mio fratello o sorella. Eppure questo ci ha garantito il battesimo in Cristo; questo diamo per scontato dicendo assieme il Padre nostro. Di fronte a lui, come cristiani quindi, prima che padri, figli, cugine e zii…siamo fratelli e sorelle. Non in maniera opposta, certo…ma nemmeno fingendo non significhi nulla. Il battesimo, esser stati immersi nella morte e risurrezione di Cristo, ci ha resi suoi fratelli e sorelle, risorti, figli adottivi di Dio Padre. Lo ricorda Paolo agli Efesini e ai Romani nelle sue lettere. E questo, …pare annunciarci Gesù, viene perfino prima dei rapporti di sangue, di famiglia…che sappiamo essere tanto preziosi e fondamentali, quanto a volte asfittici e deleteri per la crescita delle persone… e non servono gli esempi: fratelli che si denunciano, sorelle che si scannano per l’eredità, padri che impediscono ai figli di entrare in seminario, madri che combinano un po’ i matrimoni, l’omosessualità non accolta, il rifiuto di certe scelte o il tenerli legati a sé morbosamente, avidamente, egoisticamente. È la realtà… 

Divisione allora significa distinzione. Come andrebbero le cose se ce ne rendessimo conto? Genesi ricorda, da 2500 anni, che l’uomo e la donna lasceranno il padre e la madre e saranno una sola carne…ma spesso i rapporti non sono né restano chiari e distinti… Il profeta Simeone lo aveva annunciato a Maria e Giuseppe dicendo che quel bambino sarebbe stato “segno di contraddizione, venuto per la caduta e la risurrezione di molti” (candelora..)

Che bello questo volto esigente e provocatorio di Gesù, non come quelli da immaginetta patinata di una spiritualità narcotica, dolciastra, con gli occhioni languidi e le mani giunte e l’aria rassicurante da pubblicità…che ha favorito un cristianesimo banale fatto di moralistici dobbiamo volerci bene, e stare buoni…

Come quando, quasi secondo me sbuffando, (Mt12) dirà “chi sono mia madre e i mie fratelli?” (erano andati a recuperarlo ritenendolo impazzito) e aggiungendo “chi fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella, madre..!” bellissimo.

Educarci al significato e al valore di questa relazione fondamentale potrebbe essere quanto di più sano e liberante aiuti a gestire anche le sacrosante e necessarie relazioni di sangue con le loro dinamiche…aiutandole ad essere liberanti e soprattutto generative; come pure per le nostre comunità parrocchiali, in cui spesso resta in piedi tutto (grest, sagre, cori, processioni, campiscuola, scout, spettacoli, pizzate, eventi…) anche senza Gesù Cristo, anzi, meglio, così ci toglie l’imbarazzo. Quello magari di chiederci come evangelizzare e non solo intrattenere le persone; quello che ci chiede magari di collaborare, parlarci, essere corresponsabili e non attori protagonisti nei propri feudi. Ci doni, questo volto di Gesù, una nuova consapevolezza del nostro battesimo e la grazia di desiderare un fuoco ed una divisione che accompagnino la nostra vita verso una concreta esperienza di Lui per guardarci, gli uni con gli altri, con uno sguardo rinnovato di risurrezione.

Domenica XIXa t.o. C – ’22 durante Cristo

Pronto?” al telefono= eccomi, ti ascolto, sono in linea

Pronti attenti? via…” è il momento giusto, massimo della concentrazione

è pronto in tavola!” venite, cominciamo è tutto a posto e disponibile, si comincia…

Sono nato pronto“.. siamo nati pronti: orgoglio, disponibilità totale, immediata, dedizione e sacrificio, forza e abnegazione..

ma a fare che? se non sai perché sei pronto … vivrai random…

Che significa questa parabola per ciascuno di noi, in quanto cristiano? Questo ci raccomanda Gesù attraverso un testo delicato ma deciso: spesso frainteso. Il volto di un padrone incute timore, potrebbe favorire la trasmissione di un volto di Dio sadico, che distribuisce a caso castighi o prove e se la goda a far morire la gente, condannando tutti alla paura e all’apprensione: oscenità come “Il signore chiama a sé i fiori più belli” dette pur in buona fede, hanno fatto danni e allontanato giustamente le persone.

  Nel film “La stanza del Figlio”, Nanni Moretti descrive un funerale in cui i genitori, straziati  dalla morte improvvisa del figlio, si sentano annunciare questo vangelo e ne descrive le reazioni stupite e di rifiuto di fronte a questo.

Invece… forse la lettura più attenta, anche al contesto..racconta che ..Lui è pronto per noi, si mette a servirci. Non come un cameriere che ci porta la pizza al tavolo ma a servire alla nostra vita; spero siamo tutti d’accordo che non è facile ricordare né spontaneo accogliere un Dio che ti voglia servire …eppure..

Forse si sarà ricordato di queste sue parole, Gesù durante l’ultima cena, mettendosi a lavare i piedi ai discepoli scandalizzati e  scettici.

Eppure questo racconta… e Nanni Moretti forse apposta, non lo mette nel film… quel padrone si metterà a servirli… cingendosi le vesti ai fianchi, facendoli sedere alla sua mensa…

Ma allora due domande possono sorgere spontanee:

1) perché essere svegli-pronti?  Lui vuole servirci..ma a qualcosa. A cosa serve Dio alla nostra vita? proviamo a riflettere.

Un Dio pronto all’accoglienza, al perdono, ad aiutarci a disinnescare in noi sensi di colpa o fallimento, a orientarci al meglio possibile e non alla perfezione o alla purezza angeliche ma inutili, a motivarci ad amare e riconoscere che funzioniamo così…

A donarci sollievo e speranza, luce, pace, a non essere né sentirci soli…guardando un crocifisso posso ricordare he è stato così anche per me, per donarmi salvezza da quanto mi umilia e disumanizza… per potermela prendere con Lui di fronte alle sberle che la vita ci dà ogni tanto..pensate se fossimo soli di fronte ad esse, di fronte ad una bara muta, a un esame medico drammatico, ad un senso che non trovo… potermela prendere con Dio e sfogargli la mia rabbia, la mia impotenza, la mia solitudine.

2) come esserlo? Sono pronto nella misura in cui riesco ad essere disponibile ad una buona notizia e non sono pigro facendomi bastare le preghierine, il precetto della domenica, un cristianesimo di facciata o di comodo, un uso magico dei sacramenti sociali obbligatori e della parrocchia palcoscenico delle frustrazioni personali o agenzia di servizi religiosi compulsivi, sono pronto se mi faccio qualche domanda, provo ad approfondire, mi confronto, se non mi accontento ma mi lascio stimolare da un buon libro, da un sacramento della riconciliazione preparato con cura, se prendo sul serio un vangelo così e non ho fretta che sia..tutto come prima, al solito, come sempre, perché non son cose per me… sono pronto insomma se non impedisco al Padre di servirmi a qualcosa in questa vita.

Chiediamo la grazia di questa consapevolezza e di essere pronti… perché nati pronti…cioè nati per questo, non subito e solo per fare per gli altri… ma per ritrovare la fonte e la forza per la nostra vita proprio in questa relazione con colui che vuole servire un senso nuovo alle nostre esistenze. Con colui che è pronto per noi e ci invita alla tavola e al banchetto, alla cena dell’agnello diremo…

che sia questa la parola che, non degni o consapevoli, ma è pronta a salvarci.