Quando si può dire di essere cristiani?
– Cristiano di tradizione: avevo zia suora, ho fatto chierichetto da piccolo, l’infanzia in oratorio.. questa non è fede, non si è cristiani.
– Cristiano morale: rigo dritto.. vado a messa, rispetto tutti, dico le preghiere, non faccio del male a nessuno. Sono (midollo) “coerente coi valori cattolici”.. quali? Perché? E poi? E allora?
– Cristiano “so do le risposte giuste”: perché mi sposo in chiesa? Son cattolico!!
– Sono credente, ma non praticante.. attento finisci per essere peggio dei tanti praticanti non credenti. Perché a un certo punto dirai..
– Ah, io credo a modo mio: può significare tutto, ma in realtà non significa niente, se non l’essere in relazione solo con le proprie idee e convinzioni o convenzioni. Si rischia di credere solo a sé stessi. Darsi ragione.. questo non è essere cristiani.
.. Credenti, praticanti, quando inizieremo a desiderare solamente di essere.. credibili?
– Son cristiano perché vado una volta al mese a Medjugorie, perché papa Francesco, era ora! Quell’altro invece.. perchè se c’è da fare del bene son sempre qua. Come se essere cristiani significasse fare beneficenza, cucinare poenta e costa alla sagra apparendo una volta l’anno in parrocchia, e poi sparendo di nuovo, cantare nei cori i canti de ciesa, o la tassa per far parte di qualche associazione cattolica, cristiana, scout, ac, per poter fare grest.. P.E.R..
Da cosa si capisce che le nostre parrocchie sono cristiane? Perché fanno grandi sagre, corali, il palio, la processione e la pesca? Per cosa si spende, si fatica, si fa baruffa e ci si divide in una parrocchia? Per la fedeltà al vangelo? Per annunciare la buona notizia a tutti? Per cosa si valuta il prete? Pe parla di Dio o se ci lascia fare quel che abbiamo sempre fatto noialtri? Perché guai a toccare i nostri feudi di potere a cui non sappiamo rinunciare e che ci fanno sentire utili anzi indispensabili (almeno qui!), che nutrono la nostra voglia di apparire, essere gratificati.. è una parrocchia, questa? Perché poi ci scandalizziamo solo del famoso vaticano, ma noi? Nel piccolo? Dobbiamo fraternamente dircele queste cose..
Vi ho fatto casi concreti, scomodi ed esempi precisi: non andiamo oltre un sorriso amaro e rendiamoci conto che questa è l’atmosfera che respiriamo e che tutti, tutti un po’ ci intossica.
Detto questo ora vorrei però che prestaste attenzione particolare a quanto sto per dire, perché credo sia molto importante e spero ci possa aiutare. Mi paro le spalle e cito papa Francesco (quello simpatico) nel suo documento Lumen Fidei (La Luce della Fede): “Cristo non è solo Colui in cui crediamo, la manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche colui al quale ci uniamo per poter credere. La fede non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è partecipare del suo modo di vedere.”
Bellissimo. Fede non è allora un atto della mente, una decisione a tavolino, una nostra sintesi di vita, ma qualcosa che coinvolge tutta le persona e le apre una progressiva e crescente comunione con Gesù, così che Lui possa cambiare, evangelizzare il mondo dei nostri desideri, la scala dei valori in base al quale decidiamo, il senso che diamo alle persone e alle cose, il nostro comportamento. Il nostro approccio alla realtà.
E’ riconoscersi abitati da una presenza, connessi ad essa, nella nostra coscienza, dove Dio parla sempre per primo nei nostri cuori, li dove.. prima di fare tante cose per Lui, lo lasciamo fare l’unica cosa che vuole fare per noi, cioè amarci e farci sentire preziosi e unici ai suoi occhi. Allora? Come glielo permettiamo?
Ora che succede? Esattamente quello che accade nel vangelo.
“Questa parola è dura, chi può ascoltarla?” com’è liberante un vangelo che non nasconde mai i fallimenti di Gesù, i suoi momenti di fatica e incomprensione. Quelli che lo seguivano.. che credevano in lui ad un certo punto si sentono spalle al muro. Quale parola era così dura? Quella che abbiamo ascoltato in queste due ultime domeniche: il lungo discorso sul pane. Il figlio del falegname, che si fa cibo per noi, donandoci la vita eterna e domenica scorsa questo cibo può trasformare le nostre vite.
Dura non vuol dire difficile, attenzione. Se così fosse basterebbe farsela spiegare. Ma credere non significa essere intelligenti, aver capito tutto o studiato tanto. Dura sa di qualcosa che non hai voglia di realizzare, di esigente perché ti chiede di uscire da te e dai tuoi castelli comodi e lasciarti incontrare da Colui che vuol essere continuamente buona notizia per noi.
Guai a noi se non lo sentiamo duro a volte questo Vangelo.. esigente e scomodo perché ci mette in discussione, a nudo, tocca i nostri alibi, le giustificazioni, il nostro orgoglio, le nostre mentalità e abitudini, i “son stato abituato così”,“che male c’è lo fanno tutti”, “se me lo sento, se va bene a me, allora”, “abbiamo sempre fatto così”. E’ dura perché ci chiede di non voler essere più i padroni della nostra vita (o della parrocchia), ma i Suoi discepoli. Quelli che camminano con Lui.
Quelli che sanno dire: prima il vangelo, i sacramenti, i poveri, la formazione dei giovani e degli adulti, l’evangelizzazione, la carità, il restare uniti.. poi eventualmente facciamo tutte le sagre e le iniziative. Ma se questo ci divide e allontana o raffredda la nostra fede allora basta! Non serve. Abbiamo colto qual’è l’essenziale per dirci cristiani, abbiamo mangiato il pane che da vita eterna quindi non possiamo farci la guerra per una tradizione o un feudo. “La via verso la fonte porta contro la corrente. (Prov. Cinese)”
Noi non siamo cristiani perché amiamo Dio.
Siamo cristiani perché crediamo che Dio ci ama.
Il resto viene di conseguenza. Allora essere cristiani non è.. portare avanti una tradizione, non è essere perfetti, sapere le cose giuste da dire e fare tante cose cristiane o credere a modo mio.
Essere cristiano è essere di Cristo, in relazione con Lui, frequentarlo nei sacramenti e nella preghiera, come anche nella carità delle nostre scelte quotidiane, permettergli di stupirci e di dare un senso sempre nuovo alla nostra vita. Guardarci come Lui ci guarda. Esserlo insieme, come parrocchia e come chiesa: una chiesa serva e non regina, umile e non appariscente o vincente. Schietta e non connivente. Concludendo credo che essere cristiani sia almeno desiderare questa conversione. Poter dire che .. si, è dura questa parola, ma da chi andremo? Solo tu hai parole di vita eterna, che danno qualità alla nostra vita.
Signore donaci ogni giorno, in tutto quello che facciamo, la fame di queste parole, anche se a volte son dure.
Ci aiuteranno a crescere , camminare, essere fedeli alla tua presenza in noi.