(Tempo di lettura previsto: 5 minuti)
Shomèr ma mi-llailah
( tratto dal libro del profeta Isaia 21,11 –“Guccini”, Francesco Guccini, 1983 )
e l’ aria calda porta il sapore di stelle e assenzio,
le dita sfiorano le pietre calme calde d’ un sole, memoria o mito,
il buio ha preso con se le palme, sembra che il giorno non sia esistito…
Io, la vedetta, l’ illuminato, guardiano eterno di non so cosa
cerco, innocente o perchè ho peccato, la luna ombrosa
e aspetto immobile che si spanda l’ onda di tuono che seguirà
al lampo secco di una domanda, la voce d’ uomo che chiederà:
Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
Sono da secoli o da un momento fermo in un vuoto in cui tutto tace,
non so più dire da quanto sento angoscia o pace,
coi sensi tesi fuori dal tempo, fuori dal mondo sto ad aspettare
che in un sussurro di voci o vento qualcuno venga per domandare…
e li avverto, radi come le dita, ma sento voci, sento un brusìo
e sento d’ essere l’ infinita eco di Dio
e dopo innumeri come sabbia, ansiosa e anonima oscurità,
ma voce sola di fede o rabbia, notturno grido che chiederà:
Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
La notte, udite, sta per finire, ma il giorno ancora non è arrivato,
sembra che il tempo nel suo fluire resti inchiodato…
Ma io veglio sempre, perciò insistete, voi lo potete, ridomandate,
tornate ancora se lo volete, non vi stancate…
Cadranno i secoli, gli dei e le dee, cadranno torri, cadranno regni
e resteranno di uomini e di idee, polvere e segni,
ma ora capisco il mio non capire, che una risposta non ci sarà,
che la risposta sull’ avvenire è in una voce che chiederà:
Shomèr ma mi-llailah, shomèr ma mi-lell, shomèr ma mi-llailah, ma mi-lell
In ascolto del Vangelo secondo San Marco 13,33-37
In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”.
“Annunziamooooo.. la tua mooorte Signoooohhhooore, proclamiaaamo.. la tua risurrezioneee, nell’atteeesaaa della tua venuuuutaaa!”
Quante volte a messa ripetiamo o cantiamo queste parole? Le usiamo per rispondere a chi ci ha appena annunciato che è un “mistero della fede”.
Quasi a dire…”quel che capite, capite.. per il resto ci organizziamo”: e noi si risponde.. con quelle parole a cui forse abbiamo sempre fatto
troppo poco caso..
Nell’attesa della tua venuta. Ad ogni messa o quasi noi confermiamo quindi di essere in attesa.
Che sia la prima domenica di avvento o la terza di quaresima, un matrimonio, un funerale o la patrona o una classica domenica del tempo verde ordinario..
Vivere l’attesa.. è fondamentale: “the readiness is all” (la prontezza è tutto) diceva Shakespeare nel V° atto dell’ “Amleto” (1603)
Attendo attendo.. tanto passerà, tanto vediamo.. tanto smetto quando voglio, tanto a me non capita, a noi non può succedere
Aspetta, passerà.. si sistemeranno le cose, facciamo finta di niente, poi passa, cosa vuoi che sia, sarebbe bello, utile, giusto, ma..
C’è una attesa di cui ormai ho la nausea: l’incapacità di decidere. Decidersi.
Si, le cose tra noi non vanno bene, ma..
Sì, è malato grave, ma guarirà..
Si, è vero, lavoro troppo, ma.. bisogna
Si, sarebbe bello confrontarsi, venire a far due parole, confessarmi ma..
Si, hai ragione, ho bisogno di rallentare e fare silenzio.. vedrai che..
Si, sono d’accordo, son sposato ma.. come si fa a rinunciare?
Si, non è bene ma.. smetto subito, per una volta, che male c’è..
E aspettiamo..
E intanto poi collassiamo, ci incriniamo nei rapporti, chiediamo unzioni degli infermi inutili ad ammalati incoscienti (se no si sarebbe impressionato..), ci separiamo drasticamente, facciamo un esaurimento, picchiamo i figli, ci sballiamo, ci facciamo schifo, non ci riconosciamo più, andiamo in depressione,
ci allontaniamo..
Dovevamo aspettare.. aspettare.. e non è successo niente.
E non ho fatto cambiare niente.
Non mi son lasciato raggiungere, aiutare, mettere in discussione.
Non son stato il protagonista della mia vita.. o forse lo sono stato troppo..dormivo..
Altro che..
Che questo avvento ci doni il vero senso dell’attesa.. che non è stasi..ma risveglio!