Omelia fai da te. Natale 2019

 

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Che omelia volete? dai, sarò buono, decidete voi. Il menù? ok Potremmo fare una bella omelia sociale contro il consumismo, gli sprechi, il business dei regali e i bambini poveri… un classico! Oppure una bella moralistica, austera, sul doversi voler più bene, andare tutti d’accordo, perdonarsi e accogliere; un po’ zuccherosa? la magia del Natale, stare assieme coi parenti oppure, vediamo, ah sì un po’ di tradizione rassicurante sulla luce nella notte e il freddo nei cuori da riscaldare a furia di buone azioni, santi propositi; oppure i migranti, il clima, il presepe e il papa.  Bah..che dite? niente di nuovo. Va bene decido io. mm vediamo..ah, si!

Facciamo quella del festeggiato che non è più invitato alla festa? Gesù espulso dal Natale, che nemmeno con il VAR te lo tirano dentro, che ce lo siamo bevuto o mangiato. Ma come..non c’è? Non è vero! Ma se è sempre tra i piedi. Non se ne può più…

-Pensate che c’è ancora gente che mette, sui biglietti di auguri, immagini sacre, natività o presepi invece di renne e palline e si ostina magari anche a riportare citazioni del Vangelo invece di un più corretto “Buone feste”.

-sta retorica del presepe a tutti i costi poi, o ancora le confessioni!

-il papa sempre in tv e i pranzi coi poveri per sentirsi più buoni,

-Netflix e i film sul papa e Gesù, ma noi vogliamo “una poltrona per 2, mamma ho perso l’aereo, W. Wonka, il grinch” non quelli religiosi…) e le recite dei bambini a scuola, le poesie in rima. Ma basta…Suvvia, non siamo più nel medioevo, lasciateci festeggiare in pace, vogliamo solo stare bene insieme, abbiamo il dovere di non discriminare nessuno e festeggiare “a modo nostro” questa festa “di tutti!” e dirci di cuore “auguri” non “buon Natale” (che ci ricorda ancora una nascita), “buone feste” non “Oggi è nato il salvatore”…vogliamo le renne noi, mica il bue e l’asinello, la slitta non la mangiatoia, gli elfi, …che i pastori puzzano… e tanta tantissima neve che il muschio fa miseria.

Non ci interessano, suvvia, né la pace né la gioia; vogliamo confini chiari, nemici precisi, riposo e vacanze per farci gli affari nostri, ingolfarci di cibo, shopping e tradizioni, la mancia della nonna, la messa di mezzanotte e…su su dai che c’è capodanno!

Invece ce lo rimettono sempre tra i piedi sto Gesù. Se c’è una cosa che non sopporto è metterlo sul presepe. Per terra poi. Ci siamo dovuti tutti inginocchiare, per metterlo dove ha scelto di stare. Gesù ha il maledetto vizio di mettersi ai nostri piedi.

>la mangiatoia (in greco presepe) è il suo primo biglietto da visita; chissà se Maria già lo immaginava. Li lo avrà messo per praticità e li è rimasto. Dobbiamo sempre abbassarci, ci costringe sempre a guardare verso il basso, per lasciarsi incontrare e giudicare da lui.

>Da lì fino all’ultima cena. Ancora ai piedi dei 12, Giuda compreso e Pietro che aspetta la scommessa col gallo: lavare i piedi. E noi come loro, a chiedergli di non farlo, alzati, mica sei un servo, ma niente, vuole ricordarci che è Lui che vuole prendersi cura, farci sentire ed essere suoi ospiti, mettendoci a nostro agio.

E nel frattempo? pensate a quando gli portano l’adultera, per giudicarla e condannarla: si siede per terra in silenzio a scrivere sulla sabbia, non la condanna e invita chi è senza peccato a scagliare la prima pietra. Oppure tutte le volte in cui si sedeva per terra per insegnare, raccontare parabole, annunciare beatitudini, sempre da lì in basso, ai nostri piedi. Mai un po’ sopra, sul trono.

Siamo noi a metterlo in alto, su altari e pareti, siamo noi ad averlo messo in alto, sulla croce; nel coro barabba barabba c’era e c’è la nostra voce. (oggi si potrebbe urlare Babbo Natale x2!) Siamo noi che pensando di rispettarlo e lodarlo, in realtà, forse inconsciamente, per carità, ma… lo allontaniamo… lo teniamo distante… ma con devozione! 

Venne nel mondo ma non lo ha riconosciuto, venne tra i suoi e non lo hanno accolto…che sberle ci manda questo vangelo di Giovanni…ogni anno ci mette un po’ all’angolo.

Gesù viene ad insegnarci la prospettiva da cui guardare il mondo, da cui anche sentirci guardati e giudicati.. cioè dall’amore con cui Lui ci vuole raggiungere e servire, come salvatore.

Lo so, a noi basta venire a messa confessarsi dire le preghierine e credere in un dio tanto vago quanto inutile. Lui invece vorrebbe aiutarci a cambiare prospettiva, iniziando a fare nostra la sua. 

Non è il famoso consumismo o babbo natale ad aver espulso il festeggiato. Spesso siamo noi cristiani a non riconoscere di aver bisogno di lui. Siamo refrattari al suo messaggio di salvezza. E il bello è che ci sentiamo già a posto così. Solo pratiche devote.

   Natale offre a tutti la possibilità invece di assaporarsi diversi dal solito, fare esperienza di qualche scelta inedita e non scontata.

Più buoni? anche…forse, non so, ognuno ascolti il proprio cuore.

Farei qualche esempio: il Natale ci fa sentire un po’ diversi…Penso ai bambini coi regali da chiedere: la possibilità di educare il loro desiderio, per certi versi anche il merito o la soddisfazione di ricevere, educare al migliorarsi, gestirsi, dominarsi, saper attendere.

Agli adulti, sempre alle prese coi regali ma da fare: la possibilità di provare la gioia del farli, usare la creatività, l’empatia, mettersi nei panni di chi lo riceve, se gli farà piacere o sarà utile e poi la possibilità di fare del bene, essere solidale, prendersi cura di situazioni, iniziative, raccolte fondi, insomma di accorgersi o ricordare chi sta peggio o sta soffrendo..

Agli anziani e ammalati, magari soli in casa di riposo o in ospedale: che magari riceveranno una visita, degli auguri, un concerto o una tombola, alle mamme o papà anziani e soli che però festeggeranno a pranzo a casa dei figli.

Abbiamo avuto e avremo la possibilità di fare qualcosa di diverso.

Di esserci sentiti diversi. Il Natale spesso ci insegna a dare una qualità diversa al nostro tempo, una piccola variazione sul tema, come si dice in musica, diremo o penseremo infatti “almeno a Natale”: donarmi, fidarmi, mettermi un attimo da parte mi ha lasciato migliore. Che grande opportunità è già nata in noi; tratteniamola, accogliamola, proteggiamola. Funziona! Viene dal Signore quel sentimento di pace, di sentirsi migliore, meglio, in pace. Forse è questo un dono Gesù mi ha fatto, uno spiraglio di quella luce di cui parla in vangelo che viene nelle tenebre dei peccati, egoismo e superficialità, impegni, ansie e cose da fare…

 Ho ascoltato delle confessioni molto profonde e intense, ho parlato con persone davvero in ricerca, ho visto occhi commossi dall’aver fatto del bene, aver dato possibilità, scegliendo certi atteggiamenti o comportandosi un po’ meglio, accorgendosi di qualche situazione e facendo il bene, ascoltando il cuore e non la paura. Quello che si è acceso, almeno a Natale, può diventare buona abitudine, consuetudine, qualcosa da custodire.

Innanzitutto riconoscendo che ci ha lasciati migliori, più umani. perché di questo si tratta.. di sfamare la fame di umanità che ciascuno porta dentro, magari sepolta sotto paure, orgoglio e diritti negati,  come farlo resistere? un’aspirazione bellissima che ha diritto e noi il dovere di resistere..ma custodendola gelosamente.

Ecco in che modo il verbo si è fatto carne. Lo stile del vangelo, di Gesù, ci ha aiutato ad essere diversi e ci siamo sentiti migliori. Non è un regalo? Lui a noi e noi agli altri. Non è Natale questo? non è nato in ciascuno di noi un seme di umanità cui dare fiducia?

Ci siamo chiesti all’inizio che omelia avremmo voluto. Vi chiedo una cosa: io ho finito, ora sta a voi. Siate voi la migliore omelia, siano le vostre vite e le scelte che farete, la migliore omelia possibile, cioè il commento al vangelo che ciascuno di noi può fare proprio custodendo e provando a prendere sul serio quello che questo Natale ha provocato in voi. Poter dire attraverso quello che sceglierete di vivere che il vangelo vi ha cambiato un po’ la vita e fatto sentire migliori, più umani, salvati. Ne vale la pena.

“a quanti però l’hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio”: accoglietelo, non accontentatevi delle tradizioni morte e di una fede che pare un tranquillante o un anestetico. Siate figli di Dio, non devoti o de ciesa. A questo siamo chiamati.

Abbiate fiducia, non serve studiare ma vivere da protagonisti, scendere al suo livello per terra e lasciarci incontrare. Da li risorgere e guardare il mondo. Abbiamo a fianco il bue e l’asinello, non serve molto altro. Questa omelia nascerà con voi, Siatene testimoni. Buon Natale.

Buon Natale di merda a tutti! 2019-Notte

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Quando è stata l’ultima volta che avete giocato a nascondino? 

Lo facevo spessissimo, perché con la compagnia di amici e scorribande, avevamo accesso a dei capannoni abbandonati  (pericolosissimi, ripensandoci!), e ci divertivamo un sacco.

Lo ricordiamo, no, questo gioco? Semplice ma emozionante e soprattutto liberatorio quando il più scaltro riusciva correndo ad arrivare a toccare il muro urlando esultante la fatidica frase: (👂🏻)       “Tana libera tutti”. Eravamo salvi!

   Carissime/i, proviamo a guardarlo da qui il Natale, stanotte. Da quella mangiatoia esce una manina rosea, paffutella: sbatte sulla testa del musso, svegliandolo e dice… “tana libera tutti”. Tutti liberati perché sono arrivato io: “Oggi è nato per voi il Salvatore”. Nascendo vuole offrire quella sua mano a ciascuno di noi, batti 5! Io sono venuto per la tua salvezza! perché tu ti possa rialzare,…non solo.. a farti emozionare e commuovere…

  Provate innanzitutto ad immaginare se venendo qui in chiesa, spesso o magari solo questa sera, non importa, ci sentissimo dire che il Figlio di Dio è venuto dal cielo ad annunciare un messaggio di speranza solo per i buoni, i praticanti più puri e degni, a quelli che se lo meritano, suvvia, che brutto sarebbe, che noia! 

Gesù non è Babbo Natale che porta i regali solo ai bambini bravi no, no! Non avremmo alcun motivo per esultare, né verremmo inondati da una luce nuova. Avremmo sentito ribadire ancora ciò che per secoli era stato ripetuto: chi si comporta bene, rispetta i comandamenti, fa i fioretti, dice le preghiere, va a messa…è amato da Dio! gli altri sono serie B, da tener distanti…un salvatore che inizi subito a fare differenze? No, grazie. Tana libera tutti, invece!

   Ma libera da che? Se davvero è per tutti, direi intanto dalle solite immagini malsane e false di un Dio che esclude, si tappa il naso e gira dall’altra parte di fronte a qualche pagina sgualcita delle nostre vite. Dio non ha nessuna colpa di come abbiamo vissuto il rapporto col nostro papà, con quel vecchio parroco o la religiosità che ci è stata trasmessa: è sempre altro e meglio! Non castiga, condanna né dimentica mai nessuno. Queste immagini, sedimentate in noi, vanno sempre illuminate e bonificate dal vangelo: perché diventano percezioni, cioè stati d’animo e quindi azioni, comportamenti, abitudini e così si vive da schiavi, nella paura, nel compromesso, nella ribellione o nell’indifferenza. 

Ecco, in quella mangiatoia, il volto definitivo di Dio, lo stile con cui Lui ha voluto rivolgerci la parola, diventando uomo e azione. Gesù è l’unica password per fare esperienza di Dio come Padre, il Suo biglietto da visita per noi. Nasce così, da figlio, perché si possa smettere di credere in un Dio vago, delle religioni, del folklore spirituale, dei valori importanti e delle tradizioni ma in un Padre: buono e misericordioso per tutti…e premuroso con ciascuno!

   Ma anche liberati dalle altrettanto malsane e cattive idee su noi stessi che ci facciamo e che a volte son così comode, alibi…son così, non sono colà, dovrei, bisognerebbe, eterni Calimero, vittime sempre al centro dell’attenzione: tutti ansia, cose da fare, sempre di corsa e ho perso la pazienza. Tutto qua? Sulla mangiatoia poniamo il figlio di Dio Salvatore ma a noi basterebbe solo una confezione famiglia di Tavor o una magnum di Lexotan? Salvarci da una tremenda solitudine e impotenza, da un cielo vuoto, una religiosità sterile o una preghiera vana e monotona.

Ma libera come? Lo fa traboccando fuori…in due momenti.

-Il primo: Dio non si è affacciato da una nuvola guardando giù e chiedendo all’umanità se era pronta, a posto, convinta e senza peccati. No! Non è un premio, Gesù, ma un compagno di viaggio! Non lo devi meritare ma solo accogliere così ti insegna a meritarti!

Pensate alla formula del sacramento-matrimonio, o al battesimo!  

-Il secondo: per fortuna non c’era posto nell’albergo-alloggio: ve lo immaginate? una stanza chiusa a chiave, le tende tirate, orari di visite, turni, state fuori, voi sì, che siete i parenti e voi no…è nato per voi un salvatore…rendiamoci conto che l’angelo, cioè la buona notizia, (non la statuina!) è rivolta per primi ai pastori…in una grotta. Non in una chiesa ai parrocchiani ma agli ultimi e meno credibili e raccomandabili pastori, pagani, sporchi e impuri. Che bello poi che non ci fossero porte e finestre, nessun muro di cinta e protezione; nei nostri presepi abbiamo centinaia di casette ma una sola grotta, spalancata sul mondo: e per farci sentire cosa? 

La magia del Natale? No, anzi! Quel bellissimo profumo di latte, muschio, pane? di vita…no dai, ammettiamolo: quell’umanissimo, reale e acre odore…di merda! e non solo perché in una stalla, bue, e asinello, da cosa volete che sapesse? dai! ma quell’odore di chiuso che spesso emaniamo, quando pensiamo di esserci solo noi, di essere già a posto o i più furbi, avere solo e sempre ragione noi, prima noi, i nostri diritti se no denuncio tutti, i nostri protagonismi se no non vengo più, i nostri doppi fondi e compromessi, i soliti peccati, innocenti ma gustosi, quando con orgoglio o mal celata presuntuosa umiltà vorremmo salvarci da soli, arrangiarci, continuare a credere a modo nostro nei nostri dei, idoli fatti di tradizioni morte e devozioni vuote, parrocchie che vorremmo farmacia, museo o palcoscenico e mai …palestra o autogrill. 

Quella merda di cui siamo fatti e ci fa percepire deboli, volubili, fragili, in cui rimbombano sempre le nostre ferite, gli errori, facendoci sentire sbagliati, non voluti, inutili, abbandonati o in balìa di chissà chi o chissà cosa…come volete chiamarla? ci fa tremendamente soffrire, isolare, ci illude e umilia.. e possiamo metterci sopra le devozioni o le preghierine, le buone azioni o gli impegni pastorali ma è quello siamo, peccatori professionisti, creature! ma così salvati -sempre e solo- da Gesù, tana libera tutti! Gesù lo sa che siamo fatti così, ce lo ha ricordato lui, ma mai, mai si tapperà il naso per l’odore, scandalizzandosi di quello che siamo, qualsiasi cosa facciamo non si girerà mai dall’altra parte!

Penso a quella vecchia canzone di G. Gaber, L’odore, mi sono fatto tutto da me…mi son fatto tutto di…    A V. Rossi che alla radio canta “se ti potessi dire, le abitudini di cui non vado fiero, gli errori che rifarei“. Ma anche a De Andrè che in “Via del campo” ci ricorda che “dal letame nascono i fior…”:il nostro letame è scarto vergognoso o concìme? Dipende da che vogliamo farcene: vergognarci, nasconderlo, far finta di nulla o viverlo con fede? 

“ti basta la mia grazia, dice S. Paolo ai Corinti, la forza si manifesta pienamente nella debolezza. Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo…essere mangiatoia, fargli spazio e poi continua.. quando sono debole, è allora che sono forte.” Così siamo creature, fatti di questa nostra umanità debole, fragile e ferita, che ho detto così, in modo colorito, eppure proprio con la grazia di Dio noi riusciamo non ad eliminarla sta m. , anzi ma a trasformarla in vita nuova, concime per gli altri, sensibilità, empatia, attenzione, premura…quello che ci fa soffrire, nella fede e grazie al vangelo, può diventare risurrezione, cura, vittoria. Il concime, quello è, ma impariamo ad usarlo per gli altri e non per implodere di orgoglio e chiuderci nell’autosufficienza…Tana libera tutti…uno ha pensato a tutti, ha rischiato del suo, è corso avanti, non si è risparmiato e noi, gratis, possiamo essere salvati e riprendere a vivere davvero, godendo della sua presenza contro ogni solitudine e abbandono, impotenza o rassegnazione.

Noi non ci libereremo di quel che siamo, mai saremo degni di meritarci il suo amore ma non è questo il punto: Lui vuole dimorare nella nostra vita, anche quella più puzzolente per farci risorgere e concimare. Ecco la salvezza. Ci salva da noi stessi per vivere con noi. Buon Natale allora, cioè nascita, quel Gesù che ci viene a cercare ci trovi disposti ad accogliere la sua presenza, a riconoscerlo, lasciamoci raggiungere e accogliamolo nella nostra concreta realtà quotidiana, che possa diventare concime buono e utile, senza mai vergognarci di quello che siamo, mai…non lo fa Gesù, perché dovremmo farlo noi? Buon Natale a tutti noi allora, anzi…Tana libera tutti.

Ehilà, Beppe !! IVa Avvento A-2019

 

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Piazza di Nazareth, verso sera, Maria sottobraccio a Giuseppe, Gesù sul passeggino: il fornaio o la vicina di casa li incontravano chiedendo: che carino, a chi assomiglia? guardavano la mamma poi il papà pensierosi e… Tutto sua mamma! chissà che faccia faceva Beppe!

  Pagina bellissima, quella di oggi, molto importante: quel Dio in cui crediamo (anche a volte di credere!) sarà pure onnipotente ma ha scelto di aver bisogno di questi due giovani.

Avrebbe potuto arrangiarsi, mandandoci giù un Gesù già pronto all’uso e “imparato”, 30enne sul pezzo, vincente o -come in tutta la storia sacra precedente- ungere re e messia una persona meritevole e invece no. Gli servono il si di Maria e l’assenso di Giuseppe, probabilmente nemmeno 30 anni in due.

-Il corpo di Maria: il solo strumento che ciascuno di noi ha per vivere la realtà e affrontare il tempo, farlo diventare storia. Il corpo è l’unico mezzo per esistere, comunicare e magari vivere!

-L’assenso di Giuseppe: per il riconoscimento pubblico e sociale di Gesù, perché non fosse un “bastardo, N.N.” ma in particolare potesse crescere sereno dentro una famiglia diciamo…normale.

  Dio propone e loro due dispongono: è proprio il caso di dirlo. 

Ragiona davvero in modo sconcertante per il nostro buon senso, essendosi esposto ai loro “no, grazie”. Rischia, non è un padrone che si impone ma un padre che offrendo vita chiede collaborazione.      In questo modo Gesù si è fatto gavetta, esperienze e curriculum sul campo, vivendo in diretta e sulla propria pelle tutta la nostra storia umana concreta, biologica, fisica, psicologica. Placenta, svezzamento, capricci, pappe e dentini, il gattonare, i tanti “perché?” ai genitori, adolescenza e pubertà, la bauchèra, compagnie, amori, chissà…e poi studio, lavoro, la sinagoga, feste, relazioni, parenti, incomprensioni. Tutto. Riflettiamo, 30 anni..

Se ne avesse fatto a meno, saltando la fila, gli avremmo potuto dire: “E tu che ne sai…raccomandato”…Invece non è così. Uno di noi: sudato, arrabbiato, innamorato, indignato, acciaccato; si “immosta”, immerso per bene nell’umanità vivendo come noi, lasciandosi addomesticare, dicevamo l’altra sera alla formazione.

 Solo i due si di Maria e Giuseppe permettono a Dio di portare a compimento e pienezza il suo progetto per noi. Non furono scontati e offrono alla nostra riflessione, (sperando diventi desiderio e magari preghiera,)…almeno un paio di cose:

1) “mentre stava considerando queste cose”: Giuseppe riflette, medita tra sé, non vive di pancia, né si lascia travolgere dalle emozioni; aspetta, valuta con calma. Chissà poi se stesse davvero sognando: come quando diciamo di volerci “dormire su” per prendere tempo e scegliere per il nostro bene. Il meglio lo conosce solo Dio, per noi, sarebbe utile chiederglielo, pregando ogni tanto.

Angelo fa rima con vangelo…forse sono la stessa cosa, no? Era in preghiera..

-Che bello, giorni fa, in una riconciliazione, una persona, spiegandole un caso di coscienza molto delicato mi ha detto “bene, ci medito su”. Non ha scelto subito di strumentalizzare, banalizzare o ignorare l’accaduto e le sue conseguenze né di obbedire ciecamente ma viverlo nella fede e non rivendicare nulla.

2) Gli viene chiesto di “prendere con sé”: accogliere con fiducia e disponibilità quello che percepisci essere il sogno o la prospettiva di Dio su di te, per la tua vita. Beppe non risponde a Dio: ma a me hanno insegnato così, abbiamo sempre fatto così, ho già deciso!

Si fida, passando dall’abitudine rassicurante alla disponibilità. La cronaca diventa occasione. Dio offre il meglio, non il solito, se abbiamo l’umiltà e intelligenza di lasciarci mettere in discussione: ma a noi interessa vivere anche così, oggi la nostra fede? o ci  basta stare tranquilli e beati nelle nostre pratiche anestetiche?

3) Dare il nome, riconoscere, scegliere di fare parte ufficialmente e socialmente di questa storia. Potremmo dire che Giuseppe accetta tutte le conseguenze dell’essere cristiano, ci vuole insegnare a far entrare Gesù ed il vangelo tra le pieghe della nostra esistenza, come criterio di scelta e valutazione, specchio su cui riflettersi prima di farci male, compagno di viaggio, quello il cui stile di vita può ispirare il nostro, perché così saremo più umani e salvati…assomigliandogli, troveremo la verità di noi. Confermandone il nome “Gesù”, in ebraico “Salvatore”, sta riconoscendone la qualità, l’identità, dicendo che ha bisogno della sua salvezza. Nomen-omen, dicevano i latini. Sarebbe bello lo facessimo anche noi. Stiamo davvero aspettando un salvatore? ne abbiamo bisogno? cosa potrebbe salvare di noi? Quel bambino, che metteremo con devozione nei nostri presepi, vuol prendersi cura della nostra esistenza, illuminandola e condividendola.

Chiediamo allora al Signore per intercessione di San Giuseppe, in piazza a Nazareth con Maria, non che Gesù assomigli a noi, come avrebbe magari sperato il papà, ma che siamo noi almeno a desiderare di assomigliare a Lui…fare nostro il suo stile di vita, permettendogli di essere, così, giorno per giorno, il nostro salvatore.