“Dimmi come guardi e ti dirò chi sei..” – Omelia XIa T.O. – C

"Verona is a city in Veneto, northern Italy, one of the seven provincial capitals in the region. It is one of the main tourist destinations in north-eastern Italy, thanks to its artistic heritage, several annual fairs, shows and operas, such as the lyrical season in the Arena, the ancient amphitheatre built by the Romans. Verona owes its historical and economical importance to its geographical location, in a loop of the Adige River near Lake Garda. Because of this position, the areas saw regular floodings until 1956, when the Mori-Torbole tunnel was constructed, providing 500 cubic meters of discharge from the Adige river to Lake Garda when there was danger of flooding. The tunnel reduced the risk of flooding from once every seventy years to once every two centuries. Verona is the setting of the story of Romeo and Juliet by William Shakespeare." Source: http://en.wikipedia.org/wiki/Verona

Dimmi come guardi e ti dirò che cristiano sei:
la fede a mio avviso è solo un gioco di sguardi. Parte tutto da lì. Sentirsi guardare da Dio come un figlio da un padre, con amore; poter così guardare attorno a noi con lo stesso amore: riconoscendo fratelli e sorelle non gente o rivali, vedendo doni e non risorse, il creato e non la natura.
Lo sguardo è come ti poni: il tuo approccio alla realtà, come guardi a te stesso, agli altri, alla parrocchia, a Dio. Se sai guardare alla vita dal basso, in ginocchio, dagli ultimi.. o se te ne stai sul carro dei vincitori, della maggioranza, del consenso. Se sai stupirti, contemplare, ringraziare o solo calcolare e sfruttare. Se nel tuo cuore vive un globale noi, o rimbomba sempre e solo un tremendo io, io, io!
Che ci fa la prostituta a casa del fariseo? Mica è andata a confessarsi o chiedere perdono, che ne sapeva: quello che per noi è Gesù per lei era solo un uomo.. ma forse il suo modo di parlare alla gente, quel che annunciava di Dio Padre che ama in particolare i più lontani e peccatori, lo stile, il suo sguardo, l’hanno colpita. Capita che persone positive ci spronino a sentirci migliori. Uno sguardo d’amore, non di disprezzo come il fariseo; lei abituata sempre ad essere guardata come un oggetto, per comprarne la bellezza, il piacere, abusando di lei, desiderosi di possederla, usarla e gettarla dopo i propri comodi. Lo sguardo è tutto qui: l’altro da me è un oggetto che voglio possedere, imbrogliare, sminuire? Ci sono io prima? Oppure l’altro è soggetto, fratello e sorella; è come me, fragile, ferito, prezioso, unico! C’è amore in uno sguardo così; amare una persona significa guardarla come la guarda Dio. Il fariseo la guarda per quel che fa, la prostituta: giudica, disprezza, condanna, prende le distanze. Gesù guarda come Dio. Siamo chiamati ad attingere a questo sguardo che contempla le persone che ha creato per amore affidandocele.. soprattutto quando i nostri occhi siano feriti da orgoglio, bisogni spasmodici, paure, egoismi ingordi e voraci..
Da dove nasce uno sguardo così? I nostri occhi li comanda il cuore, con i suoi abissi e le sue vette. Se mi sento amato, avrò amore in me, guarderò in un certo modo e vivrò di conseguenza. Mi sentirò prezioso, fortunato. Se in me non c’è amore, ma il vuoto.. il mio sguardo sarà di conquista, abuso, sfruttamento, possesso, consumo. Di persone, cose, esperienze; in famiglia, per strada, al lavoro o in parrocchia. Sarò in balia del mio egoismo, dei miei bisogni, di orgoglio sottile, mi sentirò al centro di tutto, i miei calcoli e meriti verranno prima.
Gesù guarda con amore: genera vita e comprensione, empatia e speranza. Il fariseo guarda dall’altro in basso, guarda per gestire, per rispecchiarsi, per sentirsi giusto, puro, meritevole.. migliore.
Lo stillicidio quotidiano di donne abusate e ammazzate lo possiamo leggere da qui. Non sono ne matti ne disturbati. Sono persone normalissime, sane che ad un certo punto perdono il controllo. Sono lucidamente quel che sono: schiavi di un certo sguardo, delle loro pulsioni e senza freni inibitori. Come un bambino che arrivi a rompere apposta il proprio giocattolo per ripicca, purché non ci giochino gli altri; così si decide di uccidere l’altro. Con le parole, i gesti, la violenza, togliendo insomma la vita. Sono esattamente quello che la mentalità, la pubblicità, e la cultura in cui siamo tutti immersi vuole, impone e giustifica. Sono schiavi di loro stessi, indifferenti ed individualisti.  Come tutto attorno a noi ci chiede di essere, legittimandolo. Nessuno escluso. Io non mi sento migliore. E’ solo questione di proporzioni.
Chi ama dice: io esisto per te, ti metto al centro, mi faccio cibo per te, come ci ha chiesto Gesù. Ti do la mia vita. Il contrario è: io ho diritto su te, mi nutro di te, ti gestisco, ti distruggo: sei un oggetto, un giocattolo, una stampella, un’anestesia. Ti rubo la vita. Lo fanno questi fidanzati, gli adulti, i genitori frustrati nei confronti dei figli, lo fa chi inquina, lo si fa in parrocchia per sentirsi primi e bravi, lo fa chi imbroglia, chi chiacchiera e commenta dietro le spalle, chi se ne frega degli altri, chi fa il furbo, chi ruba, chi è violento con la lingua e coi gesti. Nessuno di noi può chiamarsi escluso o indifferente.
Quella donna va solo ad amare Gesù con gesti trasgressivi d’amore libero, gratitudine e bellezza. Il suo sguardo e la sua presenza l’hanno rigenerata, ha fatto verità di sè. Gesù ne riconosce la bontà e apprezza i gesti con cui, a dispetto del bravo fariseo, gli sta manifestando il suo bene e la stima.
Dimmi come guardi e ti dirò che cristiano sei, dicevamo:
Chiediamo al Signore la consapevolezza di sentirci cristiani non perchè bravi ma perchè amati e guardati così. Dal nostro cuore allora partirà uno sguardo che fa nuove tutte le cose e le persone, come è accaduto alla donna del vangelo, come vorremmo gli uni per gli altri, come serve a ciascuno di noi.

 

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