La notte di Natale è un viaggio. Ci siamo messi in cammino per venire qui, lasciando il tepore di casa e la compagnia del cenone. Un viaggio dalla notte al giorno, dal buio alla luce. Lo aveva predetto Isaia, nella prima lettura: “il popolo che camminava nelle tenebre” cioè al buio. Il buio fa paura, ti disorienta, non sai come muoverti, hai paura di sbattere. Come non rileggere così la realtà in cui siamo immersi e nel quale continuiamo a camminare?
Ad es. per la paura spesso chiudiamo gli occhi, per non vedere: penso allora oggi agli attentati terroristici, che accada qualcosa di male a noi o peggio, ai nostri cari; alla crisi economica, alle tante aziende in difficoltà, anche locali, più o meno famose, alle persone in cassa integrazione, alla paura di quanti non sanno cosa troveranno dopo le vacanze, a quanti vivano situazioni lavorative difficili, di sfruttamento o disagio, perché messi “tutti contro tutti” da un imminente licenziamento o un esubero in stile decimazione. Alla paura che un esame medico ci consegni la diagnosi di “quella malattia là”…
Penso poi alla rabbia: spesso si dice “non c’ho più visto”…alla violenza, fisica o verbale nelle nostre famiglie, alla rabbia del non poter lavorare o del doversi sempre accontentare e viver di conseguenza, a quel senso di impotenza e disgusto che monta in ciascuno di noi al sentire le solite notizie: corruzione sistematica, l’illegalità, da Roma a Milano a Venezia col suo Mose e non solo, agli abusi nelle cave del nostro comune, alla gente che vive come quelle aziende: scava, ruba, imbroglia, prende anche se non può, perché essere furbi e non vedere i diritti degli altri o i propri doveri è sempre troppo comodo. Alla rabbia per le ingiustizie finanziarie ed economiche ai danni delle nostre piccole-medie aziende magari da chi le dovrebbe aiutare e invece le condanna in maniera illecita con accertamenti fittizi, alla rabbia per un Veneto invaso più dal cemento e dai centri commerciali inutili che dagli immigrati; penso alle condizioni di inquinamento e crisi ecologica nel quale siamo immersi, al buio dei sogni infranti, dei fallimenti affettivi, dei vicoli ciechi in cui ci siamo andati a cacciare tra alcool, gioco, pornografia, sostanze e overdose di internet e videogiochi, alla rabbia di fronte alla realtà manipolata ad arte da certi mezzi di comunicazione o dai soliti politici fanfaroni, ai soprusi o alle disuguaglianze sociali, alla rabbia perché non ci sono mai i soldi per nulla, se non per salvare l’ennesima banca, ma non per finanziare una carrozzina o passare un farmaco costoso.
Penso a quando, poi, diciamo che l’indifferenza renda ciechi…fai finta di non vedere, si dice, no? diventa abitudine pigra a non stupirsi ne indignarsi più di nulla. “Perché tanto…”, diciamo, di fronte a sprechi, scandali, soprusi: il buio ci fa fermare, paralizza.
Paura, rabbia, indifferenza: in quante occasioni, sentite, siamo al buio, disorientati, stanchi. Eppure il popolo camminava, dice il testo, cioè le cose vanno avanti, pur in tali condizioni. E arriva il Natale e questo buio rischia di farcelo vivere da animali, come un diritto quasi da rubare alla religione cristiana, mendicando buoni sentimenti, recriminando scampoli di felicità da celebrare e consumare con riti vuoti che alla lunga danno nausea e indifferenza, portandoci all’eccesso di un Natale da voler evitare a tutti i costi perché inutile, vuoto, ipocrita. Com’è il proverbio?Buttare con l’acqua sporca anche il bambino…il vero festeggiato.
Feste tremende queste, per le persone sole e incompiute, per i posti vuoti a tavola per lutti recenti, per i silenzi e l’indifferenza nella vita di coppia o coi figli o tra parenti, per le sofferenze e le situazioni assurde o maledette, immeritate e strazianti.
Il rischio, vedete, è di continuare a vivere al buio, come una sorta di apnea, senza respirare ne pensarci per tutto l’anno e poi accontentandoci “almeno a Natale” di essere uniti, felici, generosi e sereni. Per poi riprendere una vita al buio, di paura, rabbia e indifferenza. “Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”, continua Isaia. Mi domando se possa esserci un annuncio più bello e necessario, oggi. Abbiamo bisogno di luce!
Per la fisica il buio non esiste, è solo assenza di luce.
Ecco la grazia che Dio vuole farci con questo ennesimo Natale. Lo dice Paolo, nella 2a lettura: è apparsa la grazia di Dio, porta salvezza a tutti gli uomini. Ci illumina nel riconoscere le cause del buio, a rinnegare l’empietà, dice, cioè le cose superflue, ingiuste e dannose…a fare la nostra parte. A vivere in maniera sobria, responsabile e misericordiosa. Con noi stessi, con le cose, il creato e gli uni per gli altri.
E questa luce? e la grazia che ci porta? dove la troviamo? Proprio in quella mangiatoia. Ecco, Luca, nel vangelo, e il nostro viaggio dal buio alla luce si compie. La notte di Betlemme è scossa da un fremito di luce, è nato un bambino. Ecco l’ultima parola che Dio ha detto per noi, ormai 2017 anni fa. Da allora… Gesù Cristo è la password per accedere al mistero di Dio.
Oggi è nato per voi un salvatore. Vuole salvarci da quella paura, da quella rabbia, da tanta indifferenza. Gesù non vuole che viviamo più al buio. Ecco la nostra fede. Pensate alla veglia del sabato santo, la chiesa buia , infilzata dalla luce del cero pasquale ad annunciare Cristo luce del mondo.
La realtà nauseante e tremenda, ma concreta e reale in cui siamo immersi e che ho brevemente descritta…non cambierà miracolosamente ne svanirà ma ci viene riconsegnata, illuminata da una luce diversa…
Carissimi scegliamo ora di non voler più essere schiavi del “almeno a Natale”. Chi continua a dire così vuol vivere schiavo della paura, della rabbia, dell’indifferenza. Questa non è la fede cristiana. Non è nemmeno umano!
Quel bambino non lo potremo abbandonare assieme ai chili in più, buttandolo come la carta dei regali ma vuole che prendendoci cura di Lui, nella fede, impariamo a prenderci cura di noi, da adulti, da cristiani consapevoli e cittadini responsabili. Da adulti, autentici!
Avere il vangelo come libretto delle istruzioni, l’eucaristia come ricostituente, la nostra coscienza dove Lui parla per primo come navigatore, il sacramento della riconciliazione come tagliando, la carità come palestra, la comunità cristiana come autogrill, il mondo come orizzonte, il regno di Dio come meta.
La notte di Natale è un viaggio. Ci si è messi in cammino per venire qui, ne torniamo illuminati da una presenza che con noi vuole guardare a quella nostra realtà: non almeno a Natale ma a partire dal Natale cioè da questa nascita, per noi. Gesù viene a riempire il buio della paura, della rabbia e dell’indifferenza. Offre alla nostra vita, nella fede, una dose di speranza, pace e luce. Lasciamolo brillare in noi. Nulla sarà più come prima.
Buon Natale
Grazie don Matteo per queste parole che testimoniano una fede profonda, una luce che illumina la nostra strada di uomini e donne che vivono la realtà che descrive così bene. È Natale ancora una volta, è la goia di sapere che Dio ci ama tanto da donarci Gesù, la sua testimonianza e la sua Parola che accompagnano ogni giorno i nostri passi.
mi piace ” questa notte la realtà ( qualunque essa sia) ti viene riconsegnata, illuminata da una luce diversa”, caspita se è vero!, mi è servita questa semplice frase , L ho fatta mia e condivisa con alcune persone che , come me, ne avevano bisogno!
Gran bel dono le tue omelie scritte!!!!!