Ricordate quel vecchio proverbio veneto “Gnanca el can…? move a coa par gnente! a ricordarci che quando facciamo qualcosa di buono o giusto, siamo comunque …umani e non possiamo dimenticarcelo…
Dalle mie parti, in periferia di Tv, in questi giorni c’è un po’ di malcontento tra associazioni, Pro loco e commercianti: la festa di San Martino, finora celebrata solo tra le scuole dell’infanzia e con una preghiera al capitello con i bersaglieri e fanti…è stata (anch’essa!) in qualche modo assorbita e trasformata con altre iniziative parallele legate all’autunno, alla solidarietà: ecco allora le solite bancarelle, i prodotti a km 0, castagne, vino novello, zucche, il tendone per mangiare, lotteria e degustazioni ecc. Sappiamo tutti poi che spesso le persone impegnate son sempre le stesse, tra parrocchia, avis, protezione civile, soprattuto nelle realtà piccole. Allora mi è parso provvidenziale che qualcuno abbia finalmente sbottato: “ma ancora? anche questo?”n’altra sagra? quasi a voler non solo salvaguardare la semplicissima festa religiosa di S. Martino ma soprattutto segnalare il disagio nauseato che il tanto fare sempre per.. ad un certo punto stanca e demotiva!
Mi pare quello che il vangelo ci annuncia oggi. Mi spiego…
Gesù è molto concreto: ci dice che saremo giudicati sull’amore.
Quindi 1) non si vive a caso, siamo destinati a rendere conto di come avremo vissuto, 2) non con paura, come davanti ad un prof o alla finanza ma assieme ad un Padre buono che ci chiederà quanto e come abbiamo amato. E ci vengono presentate, con insistenza quasi pedagogica dei casi concreti: fame, sete, nudo, forestiero, malato..esigenze pratiche di vita, bisogni essenziali.
Sembrerebbe insomma che per essere cristiani più che venire a messa, riconciliarsi e pregare Dio sia sufficiente fare qualcosa per quelli che hanno bisogno. Detta così un veneto si potrebbe sfregare le mani soddisfatto..ah, io sono a posto, faccio tanto, faccio sempre quando e se serve, se c’è da dare una mano io ci sono! sempre disponibili! Non vengo a messa però se c’è da dare una mano….; ma..attenzione: la vita di fede è un accessorio?
è tutto qui? essere cristiani allora è solo fare del bene agli altri? io credo sia un punto di partenza. Oggi, spesso, è un punto di arrivo. Ci fa sentire a posto ma siamo solo dei filantropi, è un alibi; si rischia di ridurre la fede cristiana a puro attivismo per gli altri, non mi convince! una parrocchia che si identifichi con le proprie iniziative di solidarietà e assistenza sociale per far incontrare la gente, mangia, bevi, festeggia..nemmeno! rischiamo di fare come tanta nostra politica…barattando il senso con il consenso. Non può bastare, alla lunga questo lo possono fare tutte le associazioni. Io in una parrocchia ho quasi 150 persone che servono alle varie feste e sagre ma solo 2 catechiste… dove stiamo andando?
E allora? che si fa? Dio che fine ha fatto?
Gesù nel Vangelo aggiunge un dettaglio..l’avete fatto a me!
Quasi a dire, occhio! non basta fare..serve un motivo e uno stile. Non basta ci sia bisogno: è solo un punto di partenza, siamo chiamati a ben altro…fare perché è giusto e “beo” è ambiguo…
La solidarietà verso gli altri rischia di farci tralasciare e dimenticare quella di Dio nei nostri confronti. Noi non siamo cristiani perché siamo bravi ma perché ne abbiamo bisogno.
Pensiamo nei giorni scorsi alle nostre montagne, flagellate dal maltempo come tante altre parti d’Italia. Quei luoghi a noi tutti cari pensando alla Casa Alpina, che apprensione! ..personalmente mi son venuti gli occhi lucidi guardando le riprese alla tv ma ammetto che più di tutto mi ha commosso qualche intervista alla gente, qui come a Genova, a chi con grande solidarietà, spirito di sacrificio, umiltà ha scelto come sempre di tirarsi su le maniche dara una mano, rinunciare al ponte dei morti e andare ad aiutare, senza cercare magari subito colpevoli, lamentele, alibi ma fare, presto e bene quel di cui c’era bisogno. Questo ci fa sentire fieri, la capacità di manifestare prossimità concreta…è davvero una nostra caratteristica. Non ci ha commosso e scaldato il cuore? non ci ha fatto sentire fieri di essere umani? perché la questione è questo…essere “umani”…crea consenso e commozione ma non in modo banale, tocca radici profonde in noi e ci fa sentire orgogliosi di noi stessi e di appartenere a questa società…una sorta di fraternità e solidarietà umana che parte dal bisogno prima che dalla carta d’identità. Questo è il punto di partenza, come Gesù nel vangelo. È una conferma che noi ritroviamo noi stessi vivendo con questa motivazione e ..qui il Signore ci vuole incontrare..nel volto dell’altro…l’avete fatto a me…Il vangelo ci ricorda che amando così concretamente noi ritroviamo noi stessi. Diamo senso alla nostra vita…siamo felici e fieri di noi, ci ha creati per questo ma non è tutto qua. Non possiamo sentirci a posto. Ma non per “dover fare ancora di più con ansia” ma per farlo meglio. Il Signore ci chiama a partire da questo, ad amare come Lui…solo questo ci permetterà di amare in modo ancora più profondo e reale, umano portando a compimento qualcosa che abbiamo solo intuito. Ci renderà ancora più felici. Come nel matrimonio…il sacramento serve a permettere agli sposi di amarsi meglio e per sempre!
Allora se non amiamo così a poco a poco mancheranno un sacco di cose importanti: umanamente ci si stanca, si litiga, non si riceve soddisfazione o ci si abitua a dare ma non a ricevere né a lasciarsi lavare i piedi,o si rischia di limitarsi a far da mangiare e bere per san martino…e quindi ci si stanca alla fine.. ci si dimentica e si spreca l’iniziativa di Dio che ci raggiunge.. e come comunità parrocchiali e chiesa…qui allora possiamo diventare credibili.. ecco il motivo e lo stile di cui parlavo: non siamo cristiani perché facciamo del bene ma perché scegliamo di farlo nel nome di Dio, con lo stile di Gesù. E perché il farlo ci salva, ci rende più figli.
“Se sarete uniti vi riconosceranno” ricorda il vangelo di Mt…noi magari ci accontentiamo che ciascuno in parrocchia faccia del bene col proprio gruppo ma da soli, perché collaborare alla stessa causa è più difficile, i protagonismi si scontrano! facendo così ci annulleremo, la gente troverà posti migliori dove andare…o ci tratterà da organizzatori di eventi, con diritti e pretese perché non saremo più segno di qualcosa di diverso che può spingere oltre e dare speranza, la trasparenza di uno stile di vita, vita di qualità, che sia promessa e stimolo a seguirci. Neppure Gesù ha accontentato o soddisfatto tutti..ha indicato un oltre…lo avete fatto a me..lo facciamo per Lui?
Gesù non si aspetta applausi ma ci aiuta ad amare meglio, oltre noi stessi e le nostre miserie umane di orgoglio e piccolezza…la capacità di scegliere gli ultimi, i più poveri, le esigenze concrete, materiali, reali, dirette..non solo il far star bene e assieme perché se no in paese non si fa niente.. la capacità di chiedersi oggi chi ha più freddo e fame e di cosa, le nuove povertà e solitudini, a chi condividere metà del mantello…cioè una carezza, compagnia, ascolto, incoraggiamento, giustizia sociale.. la capacità come chiesa di orientare al senso pieno della vita, non mendicare il consenso..il desiderio di farlo per il Signore, come Lui, in silenzio e discrezione, come i due spiccioli offerti al tempio dalla vedova, non per farsi vedere, ma perché affidati a Lui, non indispensabili ma strumenti di qualcosa di più grande…di una comunità che sa essere segno forte per una società che sta un po’ smarrendo alcuni valori preziosi, confusi, noi come chiesa possiamo testimoniare che vale la pena vivere in un certo modo e che il Signore ci offre questa possibilità a partire dal nostro desiderio e bisogno di amare.
Questa festa di San Martino allora ci illumini sul riconoscere quale parte del nostro mantello saper offrire a chi ci è prossimo, con un cuore disponibile e lo sguardo rivolto al Signore che ci chiederà come abbiamo scelto di amare nel suo nome.