E’ una scena curiosa, quella che abbiano sentito e alla quale Luca ci fa quasi assistere da dietro le quinte. E’ la storia di un duplice incontro. Ci troviamo al tempio di Gerusalemme. Vi arrivano Maria e Giuseppe, con il piccolo Gesù.
Fedeli e osservanti della legge ebraica dovevano compiere il rito di offerta e riscatto per il loro primogenito, presentandolo al Signore.
E qui avviene il primo incontro. Luca dice che il vecchio Simeone mosso dallo Spirito, si recò al tempio… in realtà stiamo quindi assistendo ad un appuntamento.
Simeone attendeva quel che ad un tratto Dio realizza. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore, che avrebbe ricevuto la consolazione di Israele.
Simeone, sul finire della propria vita, desidera essere rassicurato. E’ stato devoto “giusto e pio” lo definisce Luca… porta nel cuore il desiderio di veder compiersi la propria preghiera e fare esperienza di quel Messia a lungo invocato e atteso. Ed é molto delicata ed efficace la scena di lui che prende in braccio il bambino, benedice e ringrazia Dio e i genitori propompendo in quella bellissima preghiera: ora lascia o Signore che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola….quasi un sospiro di sollievo. Molti di noi sanno che questa sua frase viene usata ogni giorno nella preghiera liturgica della sera, detta compieta.
Ogni sera siamo chiamati a fare nostri i sentimenti di fede e abbandono di Simeone nell’affidare la ns giornata che sta concludendosi al Signore: ringraziarlo di quello che abbiamo vissuto e della sua presenza al nostro fianco. Queste parole ci ricordano che durante la nostra giornata il Signore rivolge degli appuntamenti anche a noi, muovendoci col dono dello Spirito Santo per riconoscerlo al nostro fianco.
La nostra vita di cristiani ha come primo riferimento la salvezza che Cristo é venuto a portare nel mondo e che si rende a noi disponibile come fosse una luce.
Ma ci ricorda pure che siamo cristiani nella misura in cui desideriamo e attendiamo fare esperienza di Gesù. E’ vero, non potremo prenderlo in braccio come Simeone ma la nostra fede ha bisogno anche di segni concreti per essere coltivata.
Penso a quella candela benedetta che molti di noi si porteranno a casa. E’ un gesto tanto semplice quanto significativo.
Parrebbe quasi ridicolo in un contesto come il nostro razionale, scettico, disincantato eppure anche molto scaramantico, credulone e bisognoso di riti e pratiche diversi.
La tradizione vuole che questa candela si accenda nei momenti di temporale o pericolo. Mi piace molto come gesto. Il suo senso é tutto nelle parole della benedizione: “benedici questi ceri e ascolta le preghiere del tuo popolo,
che viene incontro a te con questi segni luminosi guidalo sulla via del bene, perché giunga alla luce che non ha fine.”
Ognuno di noi, portando a casa tale candela, non avrà tra le mani solo un pezzo di cera ma si sentirà accompagnato dalla luce di Cristo, che faremo entrare nelle nostre case, esponendola da qualche parte. Pensate però a quanto possa esser ricco di significato tale gesto. La possibilità, in un momento di temporale, di accenderla: cioè di ricordare la nostra fede nel Signore accendendo quasi la sua presenza in casa. Pensate alla possibilità di usare più spesso queste candele: quando si alza la burrasca tra marito e moglie, tra genitori e figli…o se delle nuvole nere stanno avvolgendo la vita della famiglia… ecco quella candela, come fosse un faro che segnala qualcosa a cui stare attenti, una luce da chiedere per affrontare un problema, un segnale di aiuto da lanciare. Accendo il desiderio che questa luce ci sostenga nella difficoltà sopraggiunta, ci illumini a soluzioni di pace, ci guidi nei passi da compiere. Non ci faccia sentire soli e al buio.
Ecco semplici applicazioni a cui riferire questo gesto. Abbiamo bisogno che la nostra vita concreta, in famiglia e non solo, si faccia preghiera di umile affidamento e richiesta. La candela da accendere come un monito a tutta al famiglia che c’è bisogno di Lui…che stiamo sperando e confidando nel suo aiuto, che da soli ci si sta incartando. Ecco una famiglia cristiana.
Allora come il vecchio Simeone anche ciascuno di noi potrà vivere la propria compieta, la preghiera di affidamento e ringraziamento al Signore per il dono di sè come luce che accompagna le nostre esistenze.
Il secondo incontro é con Anna: Luca ricorda che era una profetessa cioè avesse il dono di cogliere i segni della presenza di Dio nella storia e nella vita quotidiana per orientare ad essa le persone. Infatti, parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Sa riconoscere quindi nelle persone i loro bisogni più profondi, il disorientamento o le strade sbagliate in cui uno é andato a cacciarsi. E offrire loro la luce del Signore, come àncora di salvezza.
Ciascuno di noi, nel battesimo, é stato consacrato re, sacerdote e profeta… ha ricevuto cioè questa capacità. E’ racchiusa in quel dono di fede accolto e racchiuso nella candela che durante il battesimo stesso viene accesa.
Ciascuno di noi é chiamato con la propria vita illuminata da Cristo ad illuminare anche gli altri, a farsi testimone, come Anna per le persone accanto a sè, come quella lampada che Gesù ci raccomanda di non lasciare sotto il moggio ma di esporre perchè sia visibile.
Diventeremo così anche noi delle candele: solo consumandoci potremo illuminare. Così serviremo a qualcosa. Come Cristo stesso si é consumato nella croce e nell’eucarestia che stiamo celebrando.
Sia questo oggi il desiderio con cui ci affidiamo a Lui, come candele preziose, disponibili tra le sue mani, per poter anche noi, alla fine delle nostre giornate e delle nostre vite, dire con Simeone e Anna, che la luce del Signore ci ha davvero cambiato la vita.