“One” da Achtung Baby – U2, 1991
“Is it getting better
Or do you feel the same
Will it make it easier on you now
You got someone to blame
You say…
One love
One life
When it’s one need
In the night
One love
We get to share it
Leaves you baby if you
Don’t care for it
Did I disappoint you
Or leave a bad taste in your mouth
You act like you never had love
And you want me to go without
Well it’s…
Too late
Tonight
To drag the past out into the light
We’re one, but we’re not the same
We get to
Carry each other
Carry each other
One…
Have you come here for forgiveness
Have you come to raise the dead
Have you come here to play Jesus
To the lepers in your head
Did I ask too much
More than a lot
You gave me nothing
Now it’s all I got
We’re one
But we’re not the same
Well we Hurt each other
Then we do it again
You say
Love is a temple
Love a higher law
Love is a temple
Love the higher law
You ask me to enter
But then you make me crawl
And I can’t be holding on
To what you got
When all you got is hurt
One love
One blood
One life
You got to do what you should
One life
With each other
Sisters
Brothers
One life
But we’re not the same
We get to carry each other
Carry each other
One…life
One”
TRADUZIONE
“Va un po’ meglio
O ti senti come prima?
Sarà più facile per te
Ora che hai qualcuno da incolpare?
Tu dici
Un amore
Una vita
Quando c’è un solo bisogno
Nella notte
Un amore
Dobbiamo condividerlo
Ti lascia caro
Se non te ne prendi cura
Ti ho deluso?
O ti ho lasciato un gusto amaro in bocca?
Ti comporti come se tu non avessi mai avuto amore
E vuoi che io me ne vada senza
Beh, è
troppo tardi
Stanotte
Per rivangare il passato
Riportandolo alla luce
Siamo una cosa sola, ma non siamo uguali
Dobbiamo sostenerci a vicenda
Sostenerci l’uno all’altro
Uno
Sei venuto qui per il perdono
Sei venuto per resuscitare i morti
Sei venuto per giocare a far Gesù
Per i lebbrosi che hai in testa?
Ti ho chiesto troppo?
Più di tanto
Tu non mi hai dato nulla
Ora è tutto ciò che possiedo
Siamo una cosa sola
Ma non siamo uguali
Ci feriamo a vicenda
Poi lo facciamo ancora
Tu dici
L’amore è un tempio
L’amore una legge suprema
L’amore è un tempio
L’amore la legge suprema
Mi chiedi di entrare
Ma poi mi fai strisciare
Ed io non posso stare ad aspettare
Per ciò che hai
Quando tutto ciò che hai è dolore
Un solo amore
Un solo sangue
Una sola vita
Devi fare ciò che riesci
Una sola vita
Con gli altri
Sorelle
Fratelli
Una sola vita
Ma non siamo uguali
Dobbiamo sostenerci a vicenda
Sostenerci l’uno all’altro
Una.. vita
Uno”
Lettura dal Vangelo di Giovanni 13,31-33a.34-35
Quando Giuda fu uscito (dal cenacolo), Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».
“Glorificato”: il figlio, il padre, il padre nel figlio.
Giuda esce e fa scatenare sto macello di gloria: ma che significa?
Rendere gloria, glorificare significa approvare, lodare, confermare, acconsentire, stare da quella parte, manifestare stupore, gratitudine, riconoscenza..
Che c’entra Giuda? La sua libertà di tradire Gesù e iniziare il procedimento che Lo porterà alla morte è.. “l’inizio della fine”, certo, per Gesù, ma anche l’inizio di una strada nuova che sarà quel che chiamiamo risurrezione.
Pur nel male si intravede il bene, pur nel buio totale, nella notte della coscienza e dell’amore offerto.. inizia ad intravedersi uno spiraglio di luce.
Ecco perchè si comincia a parlare di gloria.. perchè Gesù ha appena scelto di andare avanti, di non tornare indietro, di restare a disposizione di quell’uomo per cui andrà volontariamente incontro alla morte. Ha detto “sia così”.. ha scelto di amarci “fino alla fine”.. e oltre. Da qui..
Un comandamento nuovo.. Come si fa a dare un comandamento? Di amare poi.. mica si può imporre a comando. O non lo sai.. o lo sai ma.. proprio attraverso il paradosso.. lo vuoi rendere più incisivo.
Che vi amiate.. non “amatevi”.. imperativo.
Che vi amiate.. è un desiderio, un anelito, una speranza, un buon proposito da confermare e rimotivare tutti i santi giorni. Che vi amiate. Non che.. vi “vogliate bene”..
E poi sgancia una bomba: da questo sapranno che siete miei discepoli: .. non.. se andrete a messa, se farete il caposcout, se direte le preghierine.. ma se avrete amore.. non simpatia, reciproco rispetto, solidarietà, amore.
Siamo ad una quota di altitudine da vertigini.. almeno da sognare e desiderare.. si perchè poi l’amore, lo sappiamo, lo intuiamo, è così concreto..
Avere amore: cioè mettere al centro l’altro e non io. Tutti gli altri, chi ci si fa prossimo.
Non i miei amici. Non i miei famigliari.. tutti.
Avere uno sguardo d’amore, di benevolenza, di misericordia, di accoglienza, di perdono, di comprensione, di premura e delicatezza.. sulla realtà, sull’altro.. sguardo d’amore.. solo così ci riconosceranno.
Il nostro non è un Dio che vuole essere adorato ma vissuto. Gode di luce riflessa.. quella con cui illumineremo le relazioni con chi cammina con noi o incrocia la nostra strada.
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“Da questo sapranno che siete che miei discepoli”, forse è proprio questo il problema oggi. Per me lo diventa anche inconsapevolmente quando ti capita di tacere due parole per non esporti e smascherarti come credente, praticante, come cristiano insomma. Per che cosa? Per paura di essere sbeffeggiato, per paura di perdere relazioni, per paura di essere contestato e attaccato con i soliti argomenti. Che dire? Meno male che almeno me ne accorgo e c’è qualcuno che mi sostiene e conduce nell’affrontare queste paure. Si tratta di avere il coraggio di esistere da cristiani certe volte non solo nelle opere ma anche nelle parole e di accettare che questo può non essere condiviso.
“Che vi amiate gli uni gli altri…”