Ma che odore.. – Omelia IVa Domenica di Pasqua 2013 – Anno C –

Nell’omelia del Giovedi Santo, Papa Francesco, rivolto ai sacerdoti raccomandava di essere pastori con l’odore delle pecore, immagine efficace e diretta, cioè.. immersi con la gente e per la gente. Mi é rimasta impressa, l’ho sentita cara.
Anche nel Vangelo di oggi Gesù usa per parlare di sè e di noi questa immagine del pastore. Solo Lui é il pastore. Noi siamo il gregge. Fin qua non ci piove. E’ vero però che si é anche soliti definire come pastori i preti.. e pur restando vero che solo Lui lo é.. noi preti.. cerchiamo di dargli una mano. O al limite non ostacolarlo più di tanto.

Ma c’è un’altra cosa che mi pare molto interessante. E’ proprio da questa parola che noi possiamo parlare di pastorale.. pastorale famigliare, pastorale giovanile (ac, scout, movimenti), degli ammalati, del lavoro, pastorale sociale.
Oggi pomeriggio ci ritroveremo come parrochie della città per vivere da vicino la nuova dimensione della collaborazioni pastorali. E’ pastorale tutta l’azione che la chiesa, laici e preti, compie per raggiungere e pascere il gregge cioè il popolo di Dio. Questo é molto bello.

Allora ho ripensato per un attimo all’odore, a quello che possa significare: la chiesa attraverso l’azione pastorale porta avanti il desiderio di Cristo, di cui poi ci parla Giovanni. Gesù dice due cose: “io do loro la vita eterna” e “non andranno perdute in eterno”.
Ho pensato all’odore delle nostre case e famiglie dove noi preti o altri laici entriamo per la confessione, per una visita in famiglia dopo un lutto, portare la comunione a un anziano o incontrare il ragazzino del catechismo.
Ho pensato all’odore dell’ospedale, della casa di cura, della sofferenza e della malattia dove ancora laici e preti, volontari e operatori si prendono cura e visitano le persone.
Ho pensato al mio confessionale.. dopo ore di ascolto, all’odore acre per la tensione o la vergogna, al sudore della paura, dell’imbarazzo. Pensavo a questi odori che poi si fanno d’un tratto profumo, profumo di pace, di verità, di gioia, di una umanità che si scioglie e riprende a vivere. Come un sorriso disteso, Profumo Sacro allora, come le storie della gente.
Ho pensato all’odore dell’incenso, dell’acqua santa e degli olii consacrati con cui la liturgia saluta i morti, battezza i nuovi nati, benedice gli sposi, cresima i ragazzi.. all’odore di carta stampata dei foglietti della messa o del lezionario quando lo bacio dopo il vangelo, a ricordare la presenza di una buona notizia per ciascuno di noi nella Parola.

Tutti questi odori e tanti altri ci ricordano l’agire pastorale delle nostre comunità, della chiesa tutta, che continua a voler educare la gente con la gente, il popolo di Dio. A portare cioè quella stessa vita eterna.. tra i mille odori dell’umanità.
Gesù infatti dice “io do loro la vita eterna”.. bello: non la vita terrena, quella la riceviamo in dono dai genitori destinata in modo naturale a concludersi. La vita eterna é un’altra cosa. E’ la vita che comprendendo anche la vita terrena, ci porta direttamente a Dio, al Paradiso con Lui. Già ora la possiamo vivere questa vita eterna, ciò che non finisce, é la vita da risorti, da cristiani che abbiano sentito la Pasqua cambiare qualcosa in loro stessi.. La vita che non é solo cronaca ma evento, sentendo che Gesù cammina al nostro fianco, siamo nelle sue mani, ne possiamo riconoscere la voce e seguirlo. Non obbedire. Seguire. La scelta libera e affidata di far strada assieme, nelle nostre relazioni, nella nostra storia.
Poi aggiunge “non andranno perdute in eterno”: mi piace tantissimo. Gesù sa che alcune pecore, che molti di noi insomma, si perderanno, o si sono andati a cacciare chissà dove, sa che molti stanno conducendo vite insapori, fallimentari, si sentono disorientati, spenti o impotenti.. sa che molta gente é in balìa dei propri problemi, in preda a libertà impazzite o vittime di ferite, di vicende, di peccati o compremessi che distruggono..

Gesù lo sa. Sente il nostro odore.. ma ci ricorda che la vita eterna é oltre. Con Lui queste pecore, le loro vite, non andranno perdute in eterno, cioè per sempre. Per quanto uno ora stia vivendo un inferno.. la sua vita potrà trovare una nuova speranza, quella che sgorga dal truce fallimento della croce verso un cielo infinito e un amore che coprirà ogni mancanza, colmando ogni debito di vita bella di cui ciascuno di noi sia in astinenza..
Da un lato un modo nuovo di vivere, da risorti, cioè senza paura della morte e dei suoi mille travestimenti.. dall’altro la certezza che  “niente e nessuno” può strappare dalle mani paterne di Dio le nostre vite..
Giovanni nell’Apocalisse, la seconda lettura ci accompagna con questa immagine: “non avranno più fame, ne sete, non li colpirà l’arsura.. sarà il loro pastore, li guiderà alle fonti delle acque della vita.. e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”.

Sono immagini evocative e concrete per dare coraggio e speranza alle nostre vite, ai nostri odori.. si, perchè.. pastori, preti, laici, operatori di pastorale.. siamo sempre e comunque innanzitutto parte di quel gregge.. e il nostro odore é sempre la condizione di partenza con cui lasciarci raggiungere da Cristo.. pastore buono, pastore bello, dirà Giovanni. Bello non per farci innamorare, ma perchè vuole sedurre le nostre vite con la sua voce, per riconoscerlo e seguirlo, verso quella vita eterna, da risorti che ci promette ora, subito, sempre. Affidiamoci con gioia a Lui, in questa 4a settimana di Pasqua, ci doni la libertà interiore di cercarlo nella sua parola per riconoscere la sua voce e seguirlo, vivendo così fin da ora come Lui ha sognato, accolti e sicuri nelle sue mani.

IVa Domenica di Pasqua – Anno C

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Lettura dal Vangelo di Giovanni 10,27-30
In quel tempo, Gesù disse: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola”.

Magari non ci piace sentirci paragonare a delle pecore: l’accezione pare sempre quella dei “pecoroni”.. del resto nessuna pecora ha mai avuto un’aria particolarmente intelligente e sagace.
Detto questo ovviamente l’immagine rimanda al pastore.. e al suo modo di prendersi cura delle pecore stesse.
Forse, pur dimostrando spesso il contrario.. in realtà siamo abbastanza pecoroni anche noi.. sotto sotto, disorientati, approssimativi, cocciuti, confusi, vulnerabili..
Ascoltano la mia voce.. la confidenza della fiducia, famigliare, la voce.. intima e personale.. ascoltare la sua voce che ci raggiunge nella Parola, nella goccia che state leggendo, in un atteggiamento spontaneo di una persona da cui non ci aspetteremmo nulla.. nel creato, nella carità e nella giustizia. Direi anche soprattutto nella nostra coscienza.
Ci dona la vita eterna: davvero? Come ci confrontiamo con questa sua frase? Nessuno che si incazzi e gli dica.. “Ehi, sono qua.. quando si comincia? La voglio” subito, qui, adesso.. eterna.. cioè piena, gustosa, profonda.. un eterno sabato sera.. che non finisce mai.. eterna.. mai iniziata mai finita.. un eterno presente di pace e di luce.. la vita vera.. perchè non la pretendiamo e ci diamo da fare per viverla qui? Chi se ne frega del paradiso tra decine di anni.. non voglio vivere in apnea qui per anni perchè tanto poi..
Il Padre me le ha date: Dio ci ha affidati al Figlio Gesù. Noi siamo affidati a Gesù da Dio. Non alla Madonna. A Gesù! Loro sono una cosa sola. Il Padre si fida: nella nostra vita quotidiana il famoso Dio è quel padre che ci raggiunge e ama attraverso il figlio Gesù. Vuoi capire, conoscere, analizzare Dio? Pensa a Gesù. Lascia stare Dio, tanto non scappa: cerca di conoscere Gesù, ascoltando la Sua voce, sentendoti a Lui affidato, provando a ricordarglielo.. a richiamarlo ai suoi doveri nei nostri confronti! “Ehi, Gesù! Io ti sono stato affidato”.. fammi sentire la tua voce, non farmi “perdere in eterno”..

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Ti prego di farlo direttamente a questo link come “commento”.

IIIa Domenica di Pasqua – Anno C

“(..) Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un’avventura.
E chiese al vecchio dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame
e chiese al vecchio dammi il vino
ho sete e sono un assassino.
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino, spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame.”

(“Il pescatore”, 1976 – F. De Andrè)

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Questa, secondo la tradizione, è la roccia su cui Gesù ha preparato il pasto coi discepoli. Attorno vi si è costruita questa cappellina.

Ricordo che sono molto graditi commenti sulla Parola ascoltata: mi permetteranno un ascolto sinfonico della stessa per preparare un’omelia più aderente alla realtà! Cerca di crearti un attimo di silenzio per preparare il cuore.. per lasciarti incontrare da Gesù.
INVOCA LO SPIRITO SANTO perchè sia Lui ad aiutarti a sintonizzarti con la Parola.
Altrimenti sarà come leggere dei bei fumetti..
Prova a ripetere a mente alcune volte l’invocazione allo Spirito Santo “Vieni Santo Spirito.. prega in me”
Leggi almeno un paio di volte il brano e chiediti alla fine cosa ti colpisca, quale volto di Gesù ti offra, come tocchi la tua vita.. come questo messaggio possa diventare attuale nella tua esistenza.. come appello, impegno, speranza, conforto..

Lettura dal Vangelo di Giovanni 21,1-19
Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaele di Cana di Galilea, i figli di Zebedeo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare».
Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla.
Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri.
Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti.
Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi».
Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».

La vita ordinaria sembra ripresa. Senza colpo ferire.
I sette sono li: sembrano annoiati, confusi, attendisti. E’ Pietro naturalmente a prendere l’iniziativa.
Vado a pescare. Quasi a dire: meglio ricominciare da dove eravamo rimasti. Non è successo nulla. Non abbiamo capito.
Questo sapevo fare, questo continuerò a fare. Questi anni con Gesù sono stati una parentesi. Mi ero illuso che cambiasse la mia vita ma..
Gli altri con lui. Non sanno cosa fare ne cosa credere. Si fidano. Ricominciano.
“Ma quella notte non presero nulla”.. quasi ironico Giovanni in questa pagina molto teologica e simbolica piuttosto che di cronaca.
Che terribile “dèjà-vu”.. E noi a che punto siamo? Con quale spirito abbiamo ripreso dopo Pasqua? Stiamo per celebrare la terza domenica di Pasqua.. Abbiamo anche noi ripreso a pescare? A fare “solo quello che sappiamo fare, a farlo come sappiamo farlo”? O avvertiamo uno spunto, un desiderio, una scintilla? Abbiamo già ripreso a non prendere niente?
E allora Gesù prepara da mangiare.. li sa affaticati e affranti: li indirizza per la pesca abbondante ma li ristora con il pasto pronto.
Ma chiede loro anche di portare del pesce..  è una immagine molto bella e famigliare. Una parola di Gesù permette loro di pescare, cioè di fare meglio quello che sapevano fare.. e poi il pasto condiviso, a partire anche da quello che loro hanno preso, dalla loro vita di successi e insuccessi.. in trasparenza Giovanni ci sta delineando la Santa Messa.. in questa che è una delle poche apparizioni “feriali” del risorto che in genere si “concedeva” la domenica!
Una nota merita a mio avviso quella che io considero una vera icona del Vangelo di Giovanni: quel dialogo tra Pietro e Gesù fatto di “mi vuoi bene” e “mi ami”.. E’ una pagina su cui i biblisti da sempre si sono profusi in tante interpretazioni, soprattutto sull’uso dei verbi amare e voler bene.
Senza dar sfoggio di cose che so poco e male.. mi fido della traduzione ultima della Bibbia 2008 che avete letto. Gesù chiede “mi ami”.. Pietro risponde “tvb”.. per 2 volte. Alla terza Gesù abbassa il tiro.. mi vuoi bene? Si, ti voglio bene.
Gesù si adatta, aderisce all’umanità in tumulto di Pietro.. che certo aveva ben capito da alcune proverbiali figuracce, che era meglio star cauti col Maestro e non eccedere in buoni propositi.. gallo o meno.. Gesù aderisce e accoglie quello che noi siamo in grado di offrirgli.. tanto o poco non importa.. siamo noi a valutarlo come quantità.. e a tener chiuse le mani o il cuore.. a Lui basta che glielo offriamo..
Mi piace sentire ogni tanto questo Gesù per niente esigente o superiore che mi prende per quello che sono e che ho.. che calibra su di me.. Sei in grado di dare questo? Va bene; non mi ami, ma mi vuoi bene? Ok… è sufficiente.
La scintilla della fede comincia da qui, comincia anche così..
La accendiamo? O ci lasceremo avvolgere dalle spire della tiepida normalità e dal gorgogliare di buoni propositi fino a Natale?