Avete mai fatto l’autostop? Io si, diverse volte: da ragazzino, per sentirmi già grande e un po’ trasgressivo; ma anche in altre occasioni, l’ultima poco tempo fa. Da solo non ce la fai, un guasto alla macchina, perdi la coincidenza, un imprevisto. Hai bisogno di chiedere un passaggio. Altrimenti non arriverai mai dove vuoi o devi andare. Sei costretto a chiedere. Qualcuno deve offrirti un passaggio..
Pasqua deriva dall’ebraico “pesach” e significa proprio passaggio.
Pesach era il nome della pasqua ebraica, quella che Gesù si mette a celebrare coi discepoli trasformandola poi in ultima cena, con la lavanda dei piedi e la consacrazione del pane e del vino.
Quella pasqua per gli ebrei ricordava il passaggio del popolo d’Israele dalla schiavitù in Egitto, col faraone alla libertà verso la terra promessa. L’esodo insomma, attraverso il mar Rosso passando dall’altra parte. Verso una nuova pagina della propria vita, liberata, responsabile e autentica.
Gesù ha accolto questa pasqua ebraica trasformandola con la propria vita in pasqua cristiana. Lui é stato quell’agnello immolato una volta per sempre che ci porta dalla morte alla vita. Ha inaugurato nel suo sacrificio d’amore, la possibilità di passare dalla schiavitù alla libertà. Insomma ha liberato la possibilità di una alternativa, ci ha offerto speranza. Ha fermato la macchina davanti alla nostra vita. Possiamo salire e passare oltre.
Vorrei poter chiedere a ciascuno di voi, qui, adesso: che ci fai qui? Sei solo venuto a celebrare un rito vuoto, scontato, ad adempiere un precetto, fare un favore a tua mamma.. o hai bisogno di un passaggio? Per andare.. dove? Verso quale speranza?
Non ci sarà “Pasqua” se non ci mettiamo in questa prospettiva..
Ci faremo solo i classici auguri “passpartout” che vanno bene per tutto. Ma niente Pasqua. Vorrei oggi sentire che avete fame e un bisogno disperato di passare dall’altra parte. Che ciascuno di voi, di noi, ha toccato con mano che non ce la fa più a camminare come sta facendo, che si trova col cuore in panne o posteggiato ai margini della strada dove si é andato a perdere. Doveva essere una scorciatoia, pareva più facile, sarei stato felice e libero.. ma non ne esco più.. bella illusione. Stanco di un Dio lontano, estraneo, da gestire o temere, di valori cristiani per cui essere coerenti.. basta; stanco di riti, messe, preghiere celebrati senza cuore e senza senso, che non toccano la nostra vita. Che riconosciamo di aver perso la coincidenza con la pace e la speranza, di essere arrivati tardi all’appuntamento con la gioia.. Gonfi solo di frustrazione e impotenza, inebetiti dall’orgoglio, abbruttiti dalla rabbia, anestetizzati dall’indifferenza.
Solo se riconosciamo di non saper più come andare avanti, in alcune parti della nostra vita.. chiederemo un passaggio. Solo se inizieremo a sperare in un oltre, in una direzione, potremmo credere che ne valga davvero la pena.
Altrimenti ce ne torneremo a casa in tutti i sensi, rinunciando al passaggio, perchè non ci interessa andare li dove vorremmo.
Che spreco! Continueremo così a vivere da schiavi, incatenati alle nostre paure, a rapporti affettivi morbosi e mortali, a peccati e vizi invincibili, brontolando sterili lamentele, facendo i gargarismi con gl’immancabili buoni propositi. Continueremo ad essere morti dentro, conniventi con una fede sterile. A far vincere la paura di vivere da risorti. La paura… la paura ha solo il potere che noi le concediamo!
Pietro e Giovanni corrono al sepolcro vuoto.. lo trovano in ordine, teli e sudario riposti con cura.
Mi viene in mente quando, durante un funerale, arriviamo in cimitero: spesso capita che la bara venga deposta nella tomba per terra. Mi piace notare la curiosità con cui i parenti si affacciano sempre, un po’ timorosi, alla buca nel terreno o nella tomba; cercano di vedere quant’é profonda, quanto spazio ci sia o dove sia la cassa di qualche altro defunto. Davanti ad un vuoto ci sporgiamo sempre per vederlo, misurarlo, quasi.. per capirlo.
Un po’ come Pietro e Giovanni ciascuno cerca di trovare qualcosa nella tomba. Forse anche noi siamo qui con qualche desiderio.
Abbiamo riconosciuto nel nostro cuore e nella nostra vita qualcosa di morto? Troviamo in noi.. il bisogno di un passaggio?
Ecco l’oggetto del nostro credere. Potremmo chiederci: perchè crediamo nel Signore? Cosa speriamo ci possa fare?
Pietro e Giovanni vedono il sepolcro vuoto. Vedono il vuoto di tutto quello che avevano pensato e atteso dal loro Signore. Ma riconoscono che questo vuoto non é quello causato dall’infedeltà di Dio, ma quello a cui si é condannata l’illusione degli uomini. Vedono il vuoto che era in loro: non avevano ancora compreso la scrittura. Vedono il loro vuoto e finalmente credono. Si rendono conto che quel che cercavano é falso, inutile. Allora iniziano a credere in ciò che non si vede: nel Dio della vita che svuota i sepolcri costruiti dalla rassegnazione e che ti offre un passaggio.
Il vangelo cristiano é sempre e solo vangelo di Pasqua, di passaggio: cioè buona notizia, inedita, insperata di un Gesù che ti vuole raccogliere e portare dall’altra parte, verso una vita più vera e piena. Da dove ci siamo incagliati a dove possiamo ritrovarci.
Riconoscere che ne abbiamo bisogno sarà già un passo in avanti, fuori dal sepolcro.
Come é un mondo da risorti? Qual é il mondo che un cristiano risorto vorrebbe? Insomma, dove ci porta quel passaggio?
Vorrei immaginarlo con voi: un mondo in cui si prenda sul serio la Pasqua, il nostro diritto più bello da recriminare. Un mondo di cristiani risorti. Non più di devoti della via crucis, della sofferenza o del dolore. Si fermino pure al venerdì santo quelli li..ma non sono cristiani. Noi andiamo avanti..
Ma ve lo immaginate? Io non vedo l’ora di passare qui, ora, ad un mondo così, a quel regno di Dio. Un mondo concreto.. in cui non ci si fermi, ma si faccia un primo passo, in cui non si abbia che la paura di sprecare la propria vita, in cui si possa chiedere scusa e andare all’essenziale, si possa salutare per primi, fare “primi passi”, accontentarsi, avere tempo, darsi delle priorità, ascoltare i propri bisogni e vivere con Gesù a fianco, in cui si pensi all’altro e non solo e sempre a sè stessi e ai propri cari, un mondo in cui si possa scegliere di perdonarci, di andare oltre, di accoglierci per quello che siamo.. di saper coltivare la speranza e la forza, in cui crisi significhi opportunità, in cui libertà significhi scelta responsabile, in cui costruire assieme un futuro a partire da un bene comune, per tutti, corresponsabili e partecipativi, il mondo da risorti é fatto di persone non arrivate ma in cammino, non esperte ma sagge, non perfette ma disponibili, non credenti ma credibili.
Un mondo in cui ci si lasci amare da Dio non perchè siamo bravi e virtuosi perchè ne abbiamo bisogno, che é l’unica misura che un padre deve avere, non nonostante i nostri peccati ma perchè siamo peccatori. Un mondo da risorti, avremo 50 giorni, fino alla pentecoste, per comprenderlo, per allenare il nostro cuore a tutto questo. E lo ripeterò fino allo sfinimento!
Ecco il passaggio, quell’autostop da chiedere in questo tempo a Gesù risorto. Anzi.. forse.. ho sbagliato tutto. Non siamo noi a dover chiedere a Lui un passaggio.. siamo noi a doverlo far salire a bordo della nostra vita. Qualsiasi possa essere il sepolcro in cui ci troviamo. Facciamolo salire a bordo. Facendo entrare nei nostri cuori la sua parola accolta, la sua eucaristia, la preghiera come dialogo fiducioso e condiviso, il suo perdono nella riconciliazione, il suo stile di vita. Ecco insomma il modo in cui passare
Così vivremo da risorti, così passeremo ad una vita nuova, così vivremo la Pasqua.
Non vedo l’ora, ne varrà la pena, sarà un viaggio bellissimo, la meta non importa, preferisco il modo di viaggiare.
Una delle Omelie più belle che abbia mai ascoltato… parole ke difficilmente si scordano uscendo dalle porte della Chiesa. Bravo Don Matteo
che meraviglia dalle parole ai fatti che ti sconvolgono la vita.. però da soli non si riesce ci vogliono le parole tradotte di persone illuminate dall’amore di gesù…. gli incontri fanno la differenza…i sacerdoti fanno la differenza…