“Riflettere o riflettersi?” – Omelia XXXa T.O. – C

riflesso

Siamo belli? si, ci guardiamo, sorridiamo, ci piacciamo o meno.
Lo avete uno specchio in bagno o vicino all’ingresso, un’occhiata prima di uscire per vedere se siamo a posto.
Ci dice come siamo fatti, come siamo presi, cosa c’è da sistemare.  Siamo in relazione con noi stessi, ci osserviamo e valutiamo anche in base a che giornata abbiamo…se siamo stanchi e arrabbiati o positivi e ottimisti. Lo specchio ci riflette quello che vediamo e possiamo vedere. ci piaccia o meno. Siamo solo con noi stessi. 
Riflettere, flettere di nuovo.. significa piegare..ripiegarsi…? inizia ad avere quasi una accezione negativa…
Eppure diciamo spesso di non avere tempo per fermarci a riflettere, a pensare… oppure mi sento anche dire che … ad una persona piace restare da solo, in silenzio, a riflettere…
cosa rara e molto molto buona, fa bene ma rischi di ripiegarti…
soprattutto poi se consideri queste tre cose come una forma di preghiera o pratica cristiana…un surrogato.
Il fariseo nel vangelo, vedete, è davanti allo specchio.
Non sta pregando, se non con le labbra, il cuore è da un’altra parte. Non è una preghiera la sua, cioè un dialogo fiducioso ma un monologo…e anche narcisista.  Infatti Gesù dice che è “tra sé”, in piedi, a dirsi quanto è bravo. Fa l’elenco delle proprie prestazioni religiose, è molto pio, devoto e impegnato. In parrocchia succede spesso che ci si comporti così.
Gesù non condanna le sue opere ma l’uso che ne fa.
Dio non serve più, tu sei molto religioso, fai tante cose religiose ma dio non ti serve più perché ti salvi da solo…
intima presunzione di sentirti giusto, a posto, bravo, de ciesa, credente praticante…anche le parrocchie spesso, se togli Dio, resta tutto in piedi lo stesso, solo la dimensione sociale e aggregativa…
E poi notate… non sono come gli altri: altri non è “come tanti”..altri significa che per lui il mondo è diviso in due categorie: lui e gli altri: c’è un malcelato razzismo, guarda dall’alto in basso tutti, sta dicendo che lui viene prima. A volte capita anche a noi: prima io, prima noi, noi veneti, noi italiani, noi di ME,PA,PO…      Gesù ci chiede di farci ultimi e noi invece coltiviamo il desiderio pretesa di essere per primi. Anche certa politica che dice prima noi… e poi fa i gargarismi con la fede cristiana… 
Se rifletti e basta incontrerai solo e sempre te stesso: in balìa di te stesso, con due rischi opposti. Da un lato di essere un giudice spietato nei tuoi confronti, negativo, esigente, cattivo, e allora solo pretese, paure, sensi di colpa o del dover essere all’altezza, dover dimostrare…
oppure il contrario sarai complice…e ti darai sempre ragione, ma si, cosa vuoi che sia, vado bene così, non faccio male a nessuno o farai magari sempre la vittima, io poverino, le mie ferite, ho sofferto tanto, son fatto così.…Ma la questione sarà sempre tra te e te…Dio non c’entra.
Chi dice prima noi o si sente a posto così, religiosamente…di facciata, a parole, non è cristiano.   Ma può diventarlo. Come?
Serve un’altra cosa: non sei cristiano perché rifletti tra te e te…
ma se cominci a rifletterti..(differenza sottile ma fondamentale) su qualcos’altro da uno specchio. Cosa?  METTI ICONA volto di Gesù sopra lo specchio.
Lo specchio ti dice come sei, l’icona chi sei.. Allora non ti rifletti ma ti lasci guardare. Non ti ripieghi ma ti lasci avvolgere. 
E non rifletti tra te ma preghi. Non dici le preghiere ma inizi almeno a desiderare di guardare alla tua vita come la guarda Lui. Ecco chi è il cristiano, chi con fede sceglie di restare davanti a questo sguardo e lasciarsi addomesticare cioè annunciare delle cose che tu da solo non puoi credere ne pensare. 
Il Suo sguardo nella fede ti annuncia la tua identità, la dignità ricevuta, quanto è preziosa la tua vita, da essere andato in croce, che qualità bella e autentica possa avere la tua esistenza. Siamo cristiani non perché riflettiamo tra noi e noi ma perché permettiamo a Lui di anticiparci e annunciare qualcosa di nuovo e inedito. Una buona notizia. Dal monologo al dialogo. Siamo parrocchia non perché facciamo e ce la raccontiamo ma perché condividiamo uniti lo stesso sguardo e questa prospettiva.
Dal riflettere al pregare… così non rischi più di essere giudice o complice ma figlio, diventi figlio perché quello sguardo te lo annuncia e quel crocifisso te lo ricorda; e mentre ti lasci abbronzare da questo sguardo, cogli la tua nuova dignità che nessun te stesso allo specchio può darti…e non hai più bisogno di salvarti da solo e dire a tutti quello che fai…
ma hai solo voglia di lasciarti salvare e dire a tutti quello che Lui fa per te…
in questo modo si ritrova a poco a poco il cammino autentico verso il proprio cuore, la propria storia.. 
con l’umiltà del cercatore,     con la sete del viandante,   con la perseveranza del pellegrino…
Il pubblicano, nemmeno di lui Gesù elogia le opere ma l’atteggiamento umile di chi ha nulla da perdere perché ha bisogno di tutto…dell’amore e della misericordia di Dio. Di guardare alla propria vita con fiducia e nuova speranza.
Chiediamo al Signore di riflettere meno e di rifletterci invece nel suo amore che è Gesù, così che nasca in noi una autentica preghiera, nel dialogo; la vita cristiana parte da questo gioco di sguardi.  
L’eucaristia di cui ci nutriremo ce lo ricorda e offre..non ha detto prima me..evitando la croce, ma prima te…perchè voglio annunciare quanto sarà bella e preziosa la tua vita assieme a me.
Con questo desiderio offriamogli la nostra umile disponibilità a lasciarci guardare così come siamo, dal suo figlio Gesù, alzando il nostro sguardo perché si rifletta nel suo.

Un pensiero su ““Riflettere o riflettersi?” – Omelia XXXa T.O. – C

  1. lasciarsi addomesticare vuol dire accettare/creare dei legami e avremo bisogno l’uno dell’altro, la nostra vita sarà come illuminata, sì sì lo voglio

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