Lasciamo pure Dio ritirarsi.. – Omelia XIXa T.O. – Anno C –

Ho nel cuore un’immagine che credo ci possa aiutare: Hölderlin, famoso poeta del romanticismo tedesco, in una sua poesia scrisse: “Dio ha creato l’uomo, come il mare fa i continenti, ritirandosi“. Ritirandosi cioè facendosi da parte, fidandosi. Si chiama libertà. Fa rima con responsabilità. Penso agli studenti: la tentazione di copiare invece che studiare.. più rassicurante. Oppure alla vita in un ufficio, in fabbrica.. che differenza di comportamento e rendimento se il titolare o il capo son presenti o meno. La sottile tentazione di approfittarne.. se non ti vedono, se non ti controllano. Fare il furbo in diversi modi. Penso a tanti sprechi e scandali in politica e nelle aziende: se nessuno ti controlla hai paura, rischi ma ne approfitti. Prima o poi però i conti tornano.. e ci si ritrova spesso vittime della propria furbizia. Accade anche nel rapporto genitore figli: ad una certo punto ti devi fidare e consegnare le chiavi di casa o della macchina.. sperando che quella libertà faccia emergere il grado di maturazione effettivamente raggiunta! Penso insomma a qualsiasi dinamica educativa o di relazione tra persone di “grado” diverso.. professore, studente, dipendente titolare, animatore-caposcout, animato.. solo concedendo fiducia, ritirandoti, lasci libera la persona di diventare responsabile e libera, come il poeta stesso dice di Dio verso di noi. Non é quello che accade nel Vangelo di oggi? Gesù racconta queste parabole per descrivere lo stile di Dio nei nostri confronti. Tutto prende avvio per l’assenza del signore, che se ne va e affida la casa ai suoi servi. Così Dio ha consegnato a noi il creato, come in principio l’Eden ad Adamo. Ci ha affidato la casa grande che è il mondo, perché ne siamo custodi con tutte le sue creature. E se ne va. Dio, il grande assente, che crea e poi si ritira dalla sua creazione. Ce ne lascia le chiavi. Quando ci sembra che Dio non sia presente é segno forse che ci stiamo allontanando da lui perchè stiamo scappando da noi stessi. E’ questo il momento del rientrare in noi, fare silenzio. L’attimo drammatico del rischio della fede, dell’osare, di buttare liberamente tutto nelle mani di Dio sapendo che in Lui possiamo trovare senso e salvezza. Ecco un modo per essere pronti!La sua assenza ci pesa, eppure è la garanzia della nostra libertà.  Se Dio fosse qui visibile, inevitabile, incombente, chi si muoverebbe più? Un Dio che si impone sarà anche obbedito, ma non sarà amato da figli liberi. La libertà che riceviamo si chiama responsabilità e con essa Lui ci educa: proprio come il migliore dei padri. Oggi facciamo così fatica a viverla. Ad essere responsabili come adulti, cittadini,  cristiani. Abbiamo sempre la scusa pronta, l’alibi garantito, il richiamo ai nostri diritti ma poco ai nostri doveri. Il rischio é di continuare a copiare tutta la vita, come a scuola.. cioè fare quello che fanno gli altri, che sembrano più bravi, senza sapere nemmeno perchè.. vivere alle spalle degli altri , con paura, senza maturare, lasciandosi trascinare. Rassicurante ma.. Anche la fede patisce a volte questa deriva. Rischio di credere per inerzia e con paura, percependo Dio come un padrone da temere o compiacere, che ti controlla, da gestire o sentire ostile, estraneo. Nella lettera agli Ebrei, seconda lettura, viene detto molto bene:“La fede é fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede”.. bellissimo. In settimana un messaggino sul cellulare mi dice: “Caro don, un saluto da Mediugorie: non ho visto nessuna madonna, sentito nessuna voce, percepito nulla di strano ne profumi ne luci: ma son felice così!.. ho trovato forza, consolazione nella preghiera e ora sono in pace.”    Gesù lo sapeva. Per disintossicarci da tutta questa paura e furbizia ci consegna la nostra libertà; così possiamo scegliere, nella fede, di essere responsabili, figli adulti di un padre che ama, ritirandosi! Per questo ci offre un’immagine altrettanto trasgressiva. Quella di un padrone che si mette a servire. La ripete ben due volte perchè desidera si imprima bene in noi. “E passerà a servirli” Gesù descrive Dio, suo padre, come una nonna accoglie il nipote.. si cinge la veste, per essere più comodo, fa accomodare a tavola e si mette a servire. Dio si fa nostro servitore. In trasparenza vi cogliamo forse già quel gesto del giovedì santo in cui Gesù stesso darà concretezza a quanto ha raccontato del Padre suo.. iniziando a cingersi la veste e lavare i piedi ai suoi discepoli. Chissà.. forse questa parabola.. gli ha messo nel cuore quella scelta. Dio si fa nostro servitore, perchè noi non ci sentiamo più servi e schiavi, ma figli amati, preziosi. Che significa per noi, in questa domenica, a questo punto della nostra vita, nelle concrete situazioni che stiamo vivendo o patendo, che Dio si fa nostro servitore? Servire, servire qualcosa in tavola ma anche voler servire.. rendersi utile. La vita ha sapore solo quanto serve a qualcosa. A cosa serve Dio? A che serve avere fede in Lui? Dio vuole servirci, ci chiede in cosa ci possa essere utile. Ha a cuore la nostra pace, la qualità delle nostre vite, ci chiede di esser quasi liberamente “provato” attraverso la fede. Io posso testimoniarlo. Aver fede spesso non é ne facile ne immediato. Non é nemmeno scontato ma.. é possibile, naturale. Ha dato sapore e vigore alla mia vita, liberandola e trasformando i miei dubbi e bisogni più profondi in opportunità. Oggi il Signore ci chiede di riconoscerlo mentre si ritira lasciandoci liberi di aderire a Lui come Padre. Di chiamare per nome quel che ci sta toccando dentro e offrirglielo, trasformando le nostre paure e bisogni in preghiera, le nostre ansie e preoccupazioni in affidamento, le croci e le fatiche in offerta. Confidare in lui, presente nell’assenza, come un padre, pronto ad esserci ritirandosi: instancabile, fedele, ad oltranza.. proprio come quelle onde del mare.

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