Gara di bestemmie e abbuffate di carne.. – Omelia Domenica di Pasqua – Anno A

Qual’è la peggiore delle bestemmie?
Dare qualche aggettivo a Dio (come se si offendesse se noi non riusciamo a controllare la nostra lingua..) o rifiutarsi di accettare il sacrificio di Suo figlio per noi?
Nominare il nome di Dio invano dicendo che abbaia o nominarlo invano cioè senza sentire davvero il significato per me qui e ora di quel che dico.. Salvatore, risorto, morto per me, fratello risorto..
Qual ‘è lo scandalo peggiore.. affibbiare a Dio qualche appellativo o chiudere il cuore e dire.. non è per me la risurrezione?
Cosa “offende” di più Dio, secondo voi?

Pasqua sia un desiderio audace.
Quello di poterne in qualsiasi modo approfittare. Permettersi di poter cominciare o continuare a sperare.
Il godere di un diritto di cui prendere coscienza.
Pasqua sia una sfida: ai miei no, ai non so, ma si.. ai tanti alibi e scuse, al mio cuore chiuso, alla fede timbrata come un cartellino, spenta e atrofizzata da anni di tradizioni, parole pronunciate solo con le labbra e riti vuoti, ripetuti meccanicamente.
Pasqua sia un taglio da iniziare a dare a tutto quel che mi frena e mi spegne. Sia abbassare il freno a mano nella nostra vita e cambiare marcia.
Pasqua sia un bisogno: spasmodico, istintivo, brutale di vita nuova, prospettive diverse, di punti di vista inediti da cui ricominciare.
Pasqua sia un impegno: vivere da risorti. Qui, adesso. Non sforzarsi di credere nella risurrezione come una meta o una consolazione. Non accontentarsi dei miei “chissà” o “non so, speriamo”.
Non giustificarsi dicendo si può esser cristiani lo stesso, tanto non importa. (Chi non crede e non vuole vivere la risurrezione sta bestemmiando e offendendo a morte Dio..)
Credere in Gesù che ha detto di essere la risurrezione e la vita. Che chi crede in Lui non morirà in eterno. Allora vivere la Pasqua sia sapere di poter frequentare Gesù vivo al nostro fianco, nel nostro cuore; sentire che più lo frequento nei luoghi a noi più cari e famigliari, più posso vivere da risorto. Qui, ora, adesso, senza aspettare altro che il tempo che voglio perdere prima di farlo.
Pasqua sia un diritto da recriminare.. quello di sentirmi figlio amato mentre contemplo Gesù mio fratello morto e risorto per me.. non solo e sempre dei miei doveri di bravo cristiano devoto.
Pasqua significa passaggio: da dove a cosa? Da quale sepolcro di paura, rabbia e indifferenza e verso quale nuovo orizzonte da frequentare?
Non restiamo nel buio, come Maria di Magdala che in quel nuovo mattino non riesce a cogliere che i segni della morte e della rassegnazione. Corriamo anche noi come Pietro e Giovanni verso i nostri sepolcri e incontro a Cristo che viene in questo tempo di Pasqua. La quaresima é finita. Non importa come l’abbiamo vissuta. Ora importa solo come vorremo vivere questa Pasqua. Via il colore viola funerale, ritornano le parole del gloria che ben conosciamo: potremmo far risuonare di nuovo la chiesa con l’alleluja.
A proposito: ma perchè in quaresima non si può cantare? Nemmeno lo sappiamo. Forse nemmeno ci interessa. Basta eseguire gli ordini o le tradizioni?  Alleluja che significa? Lo cantiamo e sentiamo dire da anni, ma ce lo siamo mai chiesti? Deriva dall’ebraico ed é composto da hallel e ja, l’abbreviazione di Jahveè (YHWH). Significa quindi lodiamo Dio.
Non lo si canta in quaresima perchè non é il tempo della lode, ma del rientrare in sè stessi, riflettere, fare penitenza.
Allora la Pasqua ci fa riprendere a cantare alleluja, a dire “lodiamo Dio” per quello che ha fatto per noi e che ci vuole offrire.
Lodare allora ci aiuti a riconoscere in noi non solo i doni che la vita cristiana ci offre, ma anche i frutti della Pasqua che riconosceremo in noi da vivere e gustare. Magari proprio frequentando meglio Gesù risurrezione. Via verità e vita, dirà sempre nel Vangelo di Giovanni. Ecco perchè cantare l’alleluja e lodare Dio. Che senso ha concentrarsi e impegnarsi per la quaresima, rinunce, via crucis, silenzi.. se poi non viviamo la Pasqua?  Assurdo.
Ma c’è un’altra cosa che della quaresima sappiamo tutti: che non si mangia carne! Si deve far digiuno, rinunciarvi perchè nella tradizione era un cibo costoso. Non so se i venerdì di quaresima abbiate, abbiamo mangiato “di magro”..
Il digiuno non dovrebbe mai essere fine a sè stesso, ma permetterci di fare altro, magari pregare invece di cenare.. o rinunciare alla carne per consumare un pasto più sobrio che non mi lasci sazio e mi doni di capire che la mia fame in realtà é un’altra.
Ma Pasqua ci ricordi che ora abbiamo bisogno di carne! Dedichiamoci alla carne.. noi che diciamo di credere nella risurrezione della carne.. Dedichiamoci alla carne.
L’abbiamo “rifiutata” in quaresima. Ora mettiamola al centro della nostra alimentazione. Chiediamo al Risorto per noi di farci amare la nostra carne; quello che siamo, che va bene ai suoi occhi, mentre ai nostri piedi continua a volerceli lavare con umiltà anche se a noi da fastidio. La nostra carne ferita e umiliata, chiediamogli la forza di amarla e rispettarla. Ma anche di farla rispettare contro chi ci invade, manca di rispetto o non si accorge di noi. La carne del nostro carattere, dei nostri vizi, delle nostre ferite, dei nostri limiti.
Dedichiamoci alla carne degli altri, alla loro vita concreta, la carne fragile e ferita di chi é al mio fianco, alla carne  malata e sofferente di chi sta soffrendo, alla carne debole e volubile di chi si é smarrito.
Alla carne sacra di chi nasce, muore, sceglie e spera, di chi si rende utile, di chi non resta indifferente.
Alla carne di chi é al mio fianco e ha bisogno di me.. e io non posso far finta di niente.. perchè son fatto così o ho già fatto la mia parte.. ma esserci da risorto, come padre o madre, come marito o moglie, come fratello, sorella o amico.
Abbuffiamoci di carne all’ora.. nei 50 giorni che abbiamo a disposizione, da cercare e assaporare, mordere e masticare..
E’ questa nostra carne concreta, il nostro corpo, la storia che siamo, il luogo in cui noi possiamo fare l’esperienza della non vita e dell’amore. Cosa sceglieremo? E’ il nostro corpo che é chiamato a risorgere, ad uscire dai propri sepolcri, abbandonare i sudari che ci mettiamo sul volto per non vedere la verità ed il bene, il bello. E’ il nostro corpo lo strumento con il quale possiamo crescere e amare, é il luogo delle persone che possiamo iniziare o riprendere ad amare, rispettare, accogliere, guidare. Non restiamo indifferenti e freddi come la carne cruda, come un corpo morto. Basta vivere da cadaveri, con la morte dentro. Chiediamo con forza al risorto di scaldare i nostri cuori e orientare la nostra vita nella fede.
Che sapore, che utilità, che significato avrà per noi questa Pasqua? Solo quello che le permetteremo di avere. 50 giorni. Permettiamo a Cristo risorto di spostare la pietra dai nostri cuori. Non sprechiamola, allora, fratelli e sorelle e confidiamo in Lui con la forza di dire il nostro alleluja al Signore risorto che ha vinto la morte con la sua risurrezione, per ciascuno di noi.

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