Cristiani a testa alta – Omelia XXIXa – A

Qualche giorno fa un vecchio amico mi confidava con soddisfazione: a furia di far notare che mi dava fastidio, nell’officina dove lavoro non bestemmiano più.
La missione è li dove ognuno di noi può allenare la propria fede e sentirsi chiamato a portare non competenze di teologia o studi biblici  (la cui assenza in noi si trasforma in alibi..) ma.. un sorriso mite, una disponibilità premurosa, una vicinanza carica di rispetto e speranza, una parola che faccia crescere l’umanità e la vita di un’altra persona.   “Periferia, cuore della missione.”
Ecco lo spunto, il tema della 88a giornata missionaria mondiale.
Oggi tutta la chiesa rallenta per ricordare che la missione è il respiro della chiesa.
Ma cosa significa missione per noi? Solo l’Africa e i poveri?
Non è missione un ufficio in cui un cristiano venga guardato con pietà perché va ancora a messa? O una classe in cui uno scout o uno dell’acr sia considerato.. non è un’altra cosa in più da fare oltre l’andare a messa.. ma è uno stile di vita da avere.
Papa Francesco dice.. periferia cuore della missione. Che significa periferia, per noi oggi?
Ci vengono in mente forse grandi città, palazzoni stile alveare, gente ammassata in cattività dentro a condomini anonimi e rumorosi.
Periferia sono le zone limite delle città, ma anche delle nostre vite, dove la gente non si ritrova più per quella che è.
Vivo in periferia di me quando non so più essere il protagonista della mia storia e vado alla deriva, quando non sono centrato su me stesso, ma su altre cose che mi distraggono o illudono, magari in balia di un certo modo di concepirmi o dei miei desideri impazziti..
E’ dal battesimo che siamo chiamati a essere missionari: significa per certi versi testimoni.
E siamo chiamati a farlo qui, in un contesto sociale e culturale spesso un po’ confuso ma carico di opportunità.
E’ confuso e tendenzioso come quelli che vanno da Gesù per metterlo alla prova.
L’accoppiamento è particolarmente subdolo, sono gruppi rivali e tra loro non sono d’accordo sulla questione che stanno per porre a Gesù; in ogni caso egli dovrà mettersi contro uno dei due schieramenti.
I farisei, rigidi e intransigenti osservatori della Legge vivono come problema di coscienza il maneggiare monete con l’effigie dell’imperatore Tiberio e la scritta che lo descrive come divino.. la sentono come una scandalosa forma di idolatria.
Gli erodiani invece, legati alla famiglia di Erode Antipa, che sta regnando con il consenso dei Romani invasori. Quindi non sentono come un problema il normale pagamento e uso di tali monete.
E’ quindi una questione sia politica che religiosa.  E come cercano di indorare la pillola a Gesù dicendo che Lui è libero e senza soggezione alcuna per nessuno.
Gesù, riconoscendo la loro malizia, li definisce “ipocriti”; sposta poi il problema dal piano ideologico al pratico e pone la questione della relazione con Dio.
Le monete hanno l’insegna dell’imperatore; sono sue. Non è un problema teologico dare a Cesare quel che gli appartiene.
Gesù però aggiunge.. a Dio quel che è di Dio. Allora cambiamo anche prospettiva. Quante volte questa frase è stata fraintesa e ridotta al «ciascuno a casa sua». Come se fosse possibile una fede senza dimensione pubblica, sociale.. o una politica priva di riferimenti etici e religiosi.
Rendete a Dio quel che è di Dio. Che significa? Cosa è suo?
Sta frase mi ha tormentato questa settimana..
Due cose sono di Dio.. e ne è geloso. Noi e il creato.
Partiamo dal mondo, dalla natura.. che io preferisco chiamare «creato» il libro della Genesi ci dice che ci è stato affidato.. Dobbiamo custodirlo, farlo fiorire, goderlo..non sfruttarlo, distruggerlo, sprecarlo (quanta povertà è figlia di questi scempi.. a proposito di zone di missione). Il creato è lo spazio e il tempo della nostra vita. Lo spazio.. fatti come quelli di Genova e Parma e non solo, ce lo dicono chiaramente. E’ un conto amaro da portare a chi se n’è fregato. Il tempo.. una delle cose più preziose, ma che non possiamo ne comperare ne possedere ma sempre trasformare in qualcosa di utile e grande, come opportunità.
La seconda cosa da restituire a Dio.. siamo noi!
Se la moneta va resa a Cesare perché c’è sopra la sua faccia, l’uomo va restituito a Dio perché è l’unica creatura in cui è impresso il volto di Dio e questo lo rende sacro e nessuno se ne può approfittare.
Allora la vita è un dono, la mia, quella degli altri. La vita è qualcosa di sacro soprattutto quella indifesa, debole.. quella delle periferie.
Che significa che siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio? Che ogni persona è una storia sacra. Ma soprattutto che siamo fatti come lui. Noi siamo sacri perché sappiamo amare. Perché non possiamo fare a meno di amare. E questo ci rende non solo sacri e bellissimi.. ma grandi.. Sappiamo amare, cioè fare della nostra vita un dono…(servizio!) tutte le volte in cui impariamo a renderci utili e disponibili, sappiamo amare, donare vita, generare qualità di vita attorno a noi. Ecco la missione.
Ecco il poter e dover educare. Rendere a Dio la bellezza di ciascuna persona. Eccoci affidati gli uni agli altri.
Ecco perché come cristiani e missionari.. la chiesa è presente nel mondo. In ogni angolo della terra la chiesa è presente. Ma anche in ogni realtà la chiesa si fa missione. Annuncio, sostegno, solidarietà, conforto, educazione. Non c’è periferia geografica o esistenziale, non c’è zona o miseria umana che non veda, oggi, la presenza di missionari laici, religiosi, sacerdoti. Che non senta lo sguardo di Dio e la passione del Cristo raggiungere qualsiasi porcheria l’uomo abbia combinato dimenticandosi la propria origine e dignità.
Trovatemi una condizione umana che la chiesa non sia impegnata a sostenere, accompagnare, bonificare. Non c’è malattia o handicap del corpo o della mente, vizio, schifezza o situazione (carceri, zingari, immigrati, prostitute, pedofili, tossici ecc. ecc.) che non sia accudita dalla chiesa in tanti modi. Perché la chiesa non scarta nessuno. Per lei e per Gesù nessuno è indegno di essere accolto. E questo contro la cultura del giudizio, dello scarto e dell’abbandono.. Dovremmo avere il coraggio di dirlo a tutte le persone che si ostinano a screditare sempre la chiesa.. in classe o al bar, con tanta ignoranza e superficialità.. con le solite cose sul Vaticano e gli scandali.. dovremmo ricordare loro con onore quel che la chiesa fa anche.. spesso in modo silenzioso per tanta gente che magari nessuno più considera..
per tanta gente in ambito sociale, civile, penale.. culturale..
Questo mi fa essere fiero ogni giorno di essere cristiano. Affamato di un vangelo tremendamente concreto e pratico, scomodo e rivoluzionario ma che ha a cuore la bellezza di ciascuno e ci mette in conto le vite sprecate, sciupate, non vissute. Perché sono di Dio e gliele dobbiamo restituire..cioè dobbiamo sentircene responsabili e solidali.. perché la persona umana è la cosa più bella che Lui abbia creato, come massimo gesto d’amore e libertà.
Rendere a Dio quel che è di Dio è sentirsi oggi fatti per amare e attraverso le nostre associazioni, chiamati a restituire a Dio un creato e un’ umanità migliore.

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