Meditazione offerta per l’iniziativa: “Più nomade che vagabondo” (Museo dei Sogni, Feltre, 14 Marzo 2016)
Fratelli
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli
(Giuseppe Ungaretti, 1916)
Ungaretti mi piace molto, invidio la sua capacità di sintetizzare in poche battute oceani di parole e tempeste di significati.
Questa poesia poi mi commuove sempre: immaginare quel soldato al fronte che guardando i commilitoni davanti a lui, li chiami “fratelli”.. come “involontaria rivolta dell’uomo che ben conosce e frequenti la propria fragilità”, chiosa il poeta.
Anche la pagina magnifica del vangelo a me caro di Matteo fa usare questa parola al re, Cristo, nel suo sconcertante giudizio universale:
“Avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli”.
La misericordia forse, inizia proprio da qui: quelli che ho davanti in carne e ossa o alla tv, di cui parlano i giornali o sento chiacchierare, sempre e comunque, sono innanzitutto fratelli.
E’ un gioco di sguardi tra persone che si riconoscono e ammansiscono. Come “una foglia appena nata”, dice Ungaretti: germoglio di speranza, sospiro d’amore, gemito di pace, rivolo di misericordia.
Quante volte mi son chiesto come riuscisse a guardare Gesù: la struggente dolcezza del suo sguardo fermo, maestoso, magnetico e liberante. Ma soprattutto come ci si potesse sentire ad essere guardati da lui: la prostituta, mentre le fa notare che nessuno l’ha colpita con le pietre, Zaccheo, ospite inatteso in casa sua, il giovane ricco amato con gli occhi, Pietro dopo il canto del gallo, il buon ladrone di quell’oggi senza domani.
La misericordia non esiste: porto nel cuore le volte in cui mi son sentito educare con misericordia, accogliere con empatia, gli sguardi non scandalizzati, perdono e comprensione ricevuti, il sollievo che lasciavano in me, gli abbracci di incoraggiamento, i sorrisi di pace, assoluzioni sacramentali e dissetanti girate di pagina.
Ero stato solo un fratello più fragile.
La misericordia non esiste: esistono le persone che scelgono di viverla attraverso gesti di perdono, azioni di bontà, sguardi di premurosa accoglienza. Nasce tutto dal modo in cui io scelgo di guardare.. e vivere di conseguenza. Far sentire soprattutto compresi.. e mai esauriti o etichettati da quel gesto sconsiderato che ora richieda perdono e misericordia.
“Finalmente, fratello..” ha gioito papa Francesco abbracciando a Cuba il patriarca ortodosso Kirill, qualche settimana fa.
Condividiamo un padre eterno in cielo e un fratello che – il Natale ce lo ricorda – ha scelto di camminare al nostro fianco, Gesù Cristo.
Grazie a Lui il volto di Dio ha iniziato a profumare di paternità e l’umanità tutta, di famiglia. Una nuova simmetria di sguardi.
Da allora nulla è stato ne potrà essere più come prima.
C’è una eredità.. preparata da sempre, dice il vangelo, un regno già pronto “fin dalla fondazione del mondo”.
Forse non ci abbiamo mai fatto caso, ma mi pare un credito immenso di fiducia. Non è un premio da meritare, ne una meta da conquistare.
Da sempre Lui sapeva che avremmo dovuto amare. Inesprimibile, anzi, incalcolabile credito di fiducia nell’uomo, speriamo oggi, ancora più profetico.
Sapeva già che avremmo avuto solo bisogno di amare per scoprirci umani, sensati, autentici. Di riconoscere che proprio in quello sguardo di misericordia fraterna (e non solo) noi avremmo trovato il senso ed il sapore del nostro vivere.
Che in tutti noi c’è un pozzo profondo di amore, la parte più originale, sacra e umana di noi.
Una sorgente autentica, inesauribile a cui attingere, vena aurea che scorre carsica tra le pietre delle miniere che siamo.
Allora siamo fregati! Ci riconosciamo fatti, sognati per amare; meglio arrendersi e accettare quell’eredità già preparata come caparra sulla fiducia. Immenso credito di amore e audacia che solo un padre che ama infinitamente i propri figli può dare a piene mani.
Tale caparra ci motiva e orienta a riconoscere, anzi speriamo ad ammettere che solo l’amore è la strada maestra per essere noi stessi fino in fondo.. tra il guardrail della carità e quello della misericordia.
Questo non ci rende vagabondi randagi, mendicanti di amori fittizi, di passioni effervescenti.. ma nomadi in ricerca di ciò che è costitutivo di noi. Che non possiamo fare a meno di fare ed essere. Spinti a questo punto non dal desiderio famelico, ma dalla nostalgia.. di quel che da sempre avevamo percepito e in qualche modo già goduto.
Penso poi a quei giusti che durante il giudizio, descritto dal vangelo di Matteo, si siano sentiti guardare così.. quasi a dire “ma non ve ne eravate accorti”.. ero io! Stavate servendo, sostenendo, salvando, guardando me.
Io sono quel figlio che vi rende fratelli tra di voi, umanità globale, speriamo solidale e che vuole guidarvi alla misericordia.
Li chiama “i giusti“: ma riflettendo un istante, mica lo sanno i giusti, di essere giusti, non sapevano di esserlo stati.
“Ma quando mai..”, paiono difendersi..
Avevano fatto solo quel che ritenevano essere l’unica cosa da fare.
Avevano forse attinto proprio a quella sorgente d’amore in loro. Un gesto istintivo, connaturale, spontaneo, bellissimo.
E Gesù, in quello, li rimanda a tale fraternità.
Trasformando la compassione in premura, la pena in impegno, la solidarietà in affetto.
Ecco la misericordia: Gesù consegnandola a persone chiamate a riconoscersi fratelli, se ne chiama fuori.
Orienta la nostra fede.
Il nostro Dio non vuole essere ne adorato ne servito, non gli interessa.. non vuole niente da noi, sembra dirci questo giudizio universale.
Non pensate a me! Vi ho messo nel cuore quel dono perché lo sappiate condividere. Non dovete restituirmelo in devozioni e sacrifici.
Più lo offrirete più avrà il potere di ricrearvi uomini e donne.
Io non ho bisogno di niente, sembra ricordarci, sono a posto, non cercatemi, non dovete conquistarmi ne compiacermi: ma lasciatevi trovare da quei volti che vi invocano, condividetevi, cercando la famigliarità di un sorriso vicino, premuroso, solidale e spensierato. Aiutando loro, aiuterete voi, la misericordia si offre in questa danza reciproca. Come una nostalgia.
Ecco come amare, ecco come ritrovare la fonte ed il culmine delle vostre vite, ecco come gustarvi finalmente e giorno per giorno, fratelli.
Di che reggimento siamo? – chiede Ungaretti: quello dei nomadi che sanno riconoscersi di passaggio, evangelicamente inquieti.
Siamo ospiti in un mondo di fratelli e sorelle, anche se inconsapevoli.
Che questo re bizzarro, seduto a giudicare l’universo tra sbigottiti giusti ci doni di essere ricercatori premurosi e appassionati, nomadi mendicanti e sorgivi di amore.
C’è da inebriarsi in questa danza di sguardi, sulle note divino umane di una sinfonia di misericordia.
nasce tutto dal modo in cui io scelgo di guardare e vivere di conseguenza, sono io responsabile della mia vita, e quando non ce la faccio , Glielo dico ” io arrivo fino a qui, ora fai Tu”, forza Rosanna, provaci!!
Per anni mi sono ripetuta che ..mi avrebbe amato che ..magari mi voleva bene che si sarebbe preso cura di me . Tutte balle .Gesù riusciva a passare accanto senza voltarsi ( la donna delle briciole ) . La misericordia di mette dove si vuole e con chi si vuole .hanno fatto bene a metterlo in croce . Lui sapeva incantare anche i serpenti . Quanti ne ha guariti ? Quanti ne ha ..illusi . Il signorino sapeva adattarsi andarsene se veniva importunato dimenticare andare avanti . Come vorrei che Dio mi prendesse per mano e mi dicesse ..non è come pensi . Ma non lo farà perché Dio non esiste lui il male non lo sente .
Dal Vangelo secondo Marco: Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: “Il re dei Giudei”. Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: “Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!”. Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: “Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!”.
Un ladrone racconta … Sono proprio in buona compagnia… insieme al mio compagno d’avventure hanno crocifisso uno che mi sembrava di non conoscere, ma non lo si poteva guardare in faccia tanto era sfigurato dalle frustate e dalle percosse…
E poi quel mio compagno crocifisso come noi, con uno sforzo incredibile di voce, perché ormai non ce la facevamo più nemmeno a respirare, mi ha zittito bruscamente: “Stai zitto, tu non l’hai mai ascoltato veramente… lui ha dato l’esempio, ha predicato l’amore perché ha amato per primo, tutti, indistintamente. Non merita questa fine, Lui è innocente! Per noi è la giusta punizione perché abbiamo peccato”. E poi gli ha detto: “Gesù ricordati di me quando sarai nel tuo regno”. E quel Gesù, con un filo di voce gli ha risposto che l’avrebbe portato con sé in Paradiso.
Non ho più avuto la forza di parlare, non ho avuto il coraggio di chiedergli anch’io la salvezza… forse io non ne ero ancora convinto… chissà…
SPIEGAZIONE A VOCE DELLE CATECHISTE
Gesù è su quella croce per consentire all’amore del Padre di scendere fino a noi, dentro le nostre insufficienti possibilità di amare in maniera gratuita.
Da quel giorno il più grande movimento di Dio – il suo perdono – ci raggiunge nelle nostre paralisi, nei nostri massi che ci tengono ferme, ancorati a terra.
Solo Lui, lì su quella croce solleva la terra, abbassa il cielo, con amore e perdono gratuito. Non un colpo di spugna sul passato, è molto di più: un colpo di remo, un colpo di vento nelle vele, per il mare futuro; è un colpo di verticalità, se si può dire così, per ogni uomo immobile nella sua barella. Sei perdonato. Senza merito, senza espiazione, senza condizioni.