Una cosa curiosa e intrigante accomuna il vangelo appena accolto con la seconda lettura: entrambe sono stati censurati! Sono due le censure, e piuttosto eclatanti.
Andiamo con ordine: Paolo scrive davvero col cuore in mano ai Filippesi, dicendo che considera “spazzatura” tutte queste cose se confrontate alla possibilità di conoscere Cristo.
Il testo originale non è “spazzatura”, ma “cacca-merda”(escremento)..
S. Paolo è un passionale ed è bellissimo immaginare che gli fosse non solo scappata una espressione così cruda, ma l’avesse scritta a posta. Ovviamente le traduzioni si son sempre ben tenute lontano dal testo integrale: ecco perché la censura tutt’ora continua! Credo che l’obiettivo fosse scuotere la coscienza degli abitanti della comunità di Filippi, usando una espressione così cruda e forte.
La cosa fondamentale, ribadisce per un credente, è conoscere Cristo e poi lo spiega meglio: la potenza della sua risurrezione, la speranza di giungervi.. stiamo “facendo” quaresima per vivere da risorti? O da zombie? E’ anche nostra tale speranza? Vivere sapendo che non finisce tutto qui, anzi che il bello deve ancora cominciare. Paolo ci mette al muro: tutto il resto è cacca, è secondario! Quelle cose di cui parla sono tutte quelle che lo facevano sentire un bravo ebreo, devoto, religioso e zelante!
Cari Filippesi, sembra dire, quale è il motivo per cui siete cristiani? Perché siete bravi? Perché rispettate regole e valori o fate tanto del bene? Tutto quel che fate/facciamo va misurato su Cristo, sulla possibilità o meno di conoscerlo, cioè farne esperienza.
Per il rapporto con Lui vale la pena perdere tutto il resto. Parla di una cosa sublime, non giusta o doverosa. Cristo è come dire il metro di misura, lo stampo.. è l’essenziale per la vita del singolo cristiano, il cui nome, guarda caso, “cristiano”, no? Ma anche della parrocchia, della chiesa. Possiamo dire, oggi, che qui si formano cristiani maturi? In base a cosa? Questo brano di Paolo ci può tornare molto utile: il vescovo durante la visita pastorale ci augurava di rimettere al centro l’essenziale di una parrocchia, augurandoci di vivere con libertà i nostri servizi.. non come idoli, come centri di potere, come “qui comando io, si fa così o niente..” sottili ricatti (non tanto sottili, poi) che dicono la distanza dal messaggio di Cristo e dalla sua presenza tra noi, vivo perché risorto. E’ vivo nella Sua parola, lucida, vera, liberante smascherando le nostre ipocrisie autoreferenziali, scuotendo quell’assuefazione annoiata in cui spesso la nostra fede è caduta; tale abitudine diluisce la forza propositiva e salvifica del vangelo stesso. E’ vivo nella comunione che facciamo: che senso ha farla se non per costruire comunione, essere tra noi comunione, non confine o recinto. Ci comunichiamo per diventare come Cristo.
Ecco la nostra meta, la direzione da avere, il senso da conquistare.
La seconda censura invece si riferisce al vangelo: censurato per secoli perché indigesto. Nel senso di ignorato, escluso. Parlava come dire, troppo bene di Dio e della sua misericordia.
Come mai all’inizio della chiesa, per più di un secolo, nessuna comunità ha voluto questo brano e per cinque secoli non è apparso nella liturgia e fino al 900, quindi sono passati tanti anni, non è stato commentato dai padri di lingua greca? Perché, potremmo dire, il volto misericordioso di Dio appare eccessivo, meglio nasconderlo. Ci costringe a metterci in discussione; sembra poi che non dicendo nulla alla donna la stia quasi liberando dall’obbligo di fedeltà al marito e allora noi uomini.. come gelosi e prudenti perchè nessuno le avrebbe condannate! Interpretazioni sommarie, ma reali che han fatto danni. Ma è davvero interessante. Tale censura misura la distanza del comune buon senso umano dallo sconfinato amore di Dio Padre, che sovrasta ogni ragionamento e calcolo, come la festa per il ritorno del figlio prodigo di domenica scorsa. Ecco come ragiona Dio, non inchiodandoti al tuo passato, ma offrendoti carta bianca per il tuo futuro. Non etichettandoti con quello che eri o sei, ma sostenendoti per diventare quello per cui sei stato creato.. Ecco per quale esperienza di Dio vale la pena non dico considerare escremento tutto il resto, (in fondo De Andrè ci ricordava che “dal letame nascono i fior..”), ma correre verso la meta senza stancarsi; la corsa è lo stile di credere e vivere reale e bello, con la passione di scoprire che vale la pena essere cristiani, cioè in relazione con Gesù, fare strada con Lui e che solo questo, innanzitutto, ci rende cristiani e magari anche visibilmente felici di esserlo.