“Che rapporto hai col tempo?” – Omelia Ia Domenica di Avvento 2016 – A

27112016
(“La persistenza delle memoria”, S. Dalì)

Alla fine, in America ha vinto Trump; e qui in Italia, tra un paio di settimane sapremo se si o no. Mesi di notizie e scontri, aspettando verdetti che non vediamo l’ora finiscano. Avete forse anche voi la sensazione amara che comunque sia andata laggiù o vada qui, avremo perso tutti? Che l’America sia riuscita a produrre solo quei due candidati, di 70 anni poi, e in Italia si sia, al solito, schifati, disorientati e confusi…comunque il responso di questi due eventi ci lascia l’amaro in bocca. Forse più che atteso abbiamo aspettato invano. Quale è la differenza? aspetto l’autobus, che una cosa finisca, il mio turno in coda o…comunque quella cosa accadrà. Mi siedo e aspetto.  E questo ennesimo Natale? scontato….
L’attesa è diversa. Ha il sapore del non dovuto e di una cosa che dipende maggiormente da te e che imparo a desiderare. 
  Oggi iniziamo l’Avvento, le settimane che la liturgia ci offre per rimotivarci all’arrivo del Salvatore che viene a vivere la nostra vita. Mi domando cosa ci sia da attendere dopo il “black friday” di venerdì, la celebrazione pagana del bisogno indotto, la liturgia dell’acquisto compulsivo. Abbiamo urgenza di aspettare Natale o bisogno di attendere Gesù Cristo? Non sono certo due cose in contrapposizione ma …
Vi sembro troppo pessimista o forse retorico e scontato?
Eppure mi pare urgente, oggi, come sempre, saper leggere la realtà per comprendere il senso vero di un’attesa. Se aspetto o attendo.
Vi è in gioco il rapporto che abbiamo con il nostro tempo. 
Spesso questo rapporto è malato.
ci rifugiamo nel passato, siamo rivolti al passato, segno di una psiche depressa; coltiviamo il mito delle nostre tradizioni, delle radici da riscoprire, con rigidità asfittica, non servono argomenti, l’aver “sempre fatto così” ci rassicura, cambiare o sognare, terrorizza; aumentano a dismisura in Italia l’uso di antidepressivi e secondo l’OMS la malattia più diffusa del mondo sarà proprio la depressione. Non possiamo ne sappiamo ne vogliamo guardare oltre con speranza ne fiducia; ci si sente minacciati da quel che sta per accadere e per questo, facciamo come gli struzzi, nascosti nel passato, ci rifugiamo in quel che conosciamo e in un torpore letale che ci addormenta la vita. Siamo come morti e sepolti.
    Oppure ci rifugiamo nel presente, senza ali ne radici: cogli l’attimo, vivi come non ci fosse domani, non pensare. Dalla depressione allo stress, all’ansia da prestazione. Accumula e consuma; una deriva maniacale…l’abuso di ansiolitici, figli iperattivi e disturbati, alti livelli di suicidi, corruzione, violenza;  Pensiamo al nostro benessere narcotico, indaffarati senza nemmeno sapere perchè, abbiamo diritto a tutto, guai a chi me lo impedisce. Lo elimino, ci sono prima io. Solo io. Schiacciati nel presente, ci stordiamo di emozioni, fuggiamo nel virtuale per non affrontare il reale, fatto di ansie spasmodiche e paure, mode e manie…bevo, fumo, gioco e son sempre connesso per sentirmi vivo, faccio mille cose per non sentire il vuoto, per non pensarci.
  La nostra psiche è depressa quando tutta raccolta nel passato, è maniacale quando tutta concentrata sul presente. Ma è sana quando è aperta al futuro. Eppure…
Veniamo da decenni e secoli in cui si guardava al futuro con speranza: la promessa di un avvenire desiderabile! ragione, tecnica e scienza ci facevano guardare oltre i nostri limiti, ad un tempo in cui tutto sarebbe stato bello, giusto e vero. Il mito del progresso, del tutto è possibile quindi automaticamente buono, utile e lecito. Il marxismo, il capitalismo, le rivoluzioni, certe filosofie…tutto sarebbe andato per il meglio. C’era una promessa. Poi, nel 900 è successo di tutto e non pare certo migliorare. Mi chiedo da tempo ormai, come guardiamo al futuro? a quello che ci aspetta?
Non più con fiducia ma come una minaccia. Non abbiamo voglia di crescere, eterni Peter Pan, adulti capricciosi e genitori immaturi, giocano a fare gli amici dei figli, educare sembra impossibile, invecchiare o morire un tabù, progettare, impegnarci, restare fedeli, assumerci responsabilità, vivere i propri doveri, sembra inutile e asfissiante! non riusciamo a vivere senza inquinare, distruggere o distruggerci, disoccupazione, disastri ecologici, natalità 0, troppi interessi e privilegi per correggere stili di vita, abitudini, evitare pericoli, cosa stiamo facendo? abbiamo perso la voglia di credere e sperare in un futuro buono e migliore, perchè lo sentiamo una minaccia. Allora muri, rigurgiti razzisti, alibi o indifferenza, superficialità, ansia e paure. Viviamo a testa bassa.
Mi chiedo allora…tra passato, presente e futuro, cosa aspettare ma soprattutto… perchè? di cosa abbiamo realmente bisogno?
La nostra fede cristiana, questo Gesù che viene…è un’abitudine o può essere risposta? lo sarà nella misura in cui tutto quello che ho elencato non ci appaia come una cronaca di disperazione ma un evento di opportunità; non come un infinito telegiornale nauseante di cattive notizie e scandali ma come un qualcosa che ci permetta di reagire e sognare ora qualcosa di diverso, una direzione da prendere. Come un bilancio che oltre ai fallimenti indichi priorità e denuncia l’assenza dell’unica cosa utile anzi essenziale: abbiamo bisogno solo di Gesù, che ci riconsegni la nostra umanità più autentica e libera. Un noi possibile, un bene comune condivisibile. Ci insegni nuovamente ad essere uomini e donne d’amore, di pace e speranza, persone che sanno rendere umano e bello l’amore, senza se e senza ma, senza illusioni ne disincanto…
quell’amore che guarda al passato e lo trasforma, in fiducia..
quell’amore che vive il presente con realismo e determinazione..
quell’amore che attende il futuro con sapienza e perseveranza.
Carissimi, noi cristiani siamo chiamati a riaprire l’orizzonte della speranza. Gesù viene ad abitare questo mondo, non ci chiede prima di ripulirlo ma di accoglierlo al nostro fianco. 
Ecco perché una psiche adulta e sana guarda al futuro con consapevolezza, perché riconosce che ha bisogno di direzione, di senso come pure di fiducia e crediti per il viaggio della vita.
E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno, dice la lettera ai Romani. Come quando sei vivo ma non lo sai. Il Signore viene, come ci ricorda il vangelo, oggi come allora, e nessuno se ne accorge e forse nemmeno lo desidera…viene non a condannare ma a salvarci, ad essere quella salvezza più vicina di quando diventammo credenti. Ci aiuti per questo a confidare in Lui ed essere per questo, credibili; ci aiuti a vivere il tempo come una opportunità, un dono da non sprecare, una speranza da costruire.
Allora non avremo aspettato nulla ma atteso e accolto, l’unica cosa di cui avevamo realmente bisogno.

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