https://youtu.be/xl3KpPCHMSE
A Feltre c’è il Museo dei Sogni, un posto unico al mondo nel suo genere, tanto sconosciuto quanto frequentato da migliaia di persone. Vi sono raccolti i sogni di tante persone, gocce di storia sacra, rugiada o tempeste, le terre e le acque di tutto il mondo. E’ un posto di poesia, a me molto caro, dove mi piacerebbe accompagnare i più sognatori fra voi. Una vera miniera di spunti per pensare, pregare, piangere, riflettere, indignarsi e innamorarsi della vita, della storia, dell’essere umano, genio e miserie.
In una stanza, sul pavimento, ci sono come tre nicchie, in cui sono inseriti dei ricordi. Le mattonelle sono in vetro quindi di fatto sei costretto a guardare per terra per vederne il contenuto: ad abbassarti, inginocchiandoti, per leggere e vedere meglio. Ti provoca a capire se davvero ti interessi, se valga la pena inginocchiarsi davanti a quello che gli oggetti rappresentano; o se, siccome non ti va, tu possa accontentarti di quanto intuisci e guardare altro, magari camminandoci sopra. E’ una trovata geniale. Ti provoca. E’ un approccio alla vita…Varrà la pena inginocchiarsi? Gesto intenso, profondo, dice a mio parere due cose: come i Magi, adorazione e prostrazione. Lo viviamo in chiesa, durante la messa. Ma anche impotenza, resa, abbandono. In ginocchio si chiede perdono davvero, si implora pietà, si supplica o vi si cade stremati dalla fatica o dal dolore disperato. Personalmente l’ho sempre pensato: davanti a certe cose ci si può solo inginocchiare..
Epifania significa manifestazione: Dio si è manifestato così. I nostri presepi ci aiutano ad immaginare la scena e il contesto. Non sprechiamo l’occasione di pensarlo e pregarci su, prima di smontarli. Quella luce che ha illuminato le tenebre del mondo, la notte di Natale, continua a volerci guidare. In quella povertà, cruda e quotidiana, quasi banale, ormai scontata. Lì si posa la stella.
Oggi il vangelo di Matteo, offre alla nostra riflessione e preghiera la figura dei Magi: provocati e incuriositi, si fidano, partono, si prostrano. Non credenti ne religiosi, scienziati, ricchissimi, curiosi, si mettono in cammino. In loro c’è tutto quel che ci serve per vivere oggi. Vengono da lontano, come noi, spesso..lontani da Dio, dalla chiesa, dalla morale cristiana. Sia che siamo sempre qui in parrocchia, sia che vi arriviamo per qualche tradizionale e scontato sacramento.
Ma alla fine si trovano davanti a qualcosa di più grande di loro: e si inginocchiano. L’abbandono e la fiducia che riconoscono, si fidano. Ecco il punto di vista di Dio. Mettersi in ginocchio davanti al bambino e -come fossimo le mangiatoie-, guardare il mondo da li, con umiltà, dal basso. Dio vuole guardare il mondo da li, dal basso verso l’alto. Dalla parte dei vinti, dei bocciati, degli esclusi.
Dio lo ha fatto in Gesù, nascendo povero ed emarginato, abusivo.
Gesù lo ha fatto coi peccatori, in fila prima del Suo Battesimo, lo celebreremo domenica; davanti all’adultera e ai farisei che la condannavano, era per terra, lui, ai piedi di lei, per non farla sentire umiliata ne sbagliata. Dopo l’ultima cena, quando si inginocchia ai piedi degli apostoli per lavarli..anche a Giuda e Pietro.
Inginocchiarsi, anche solo con il cuore, è arrendersi, fidarsi, dire “va bene, Signore, non comprendo ma sto qua”…
Anche di fronte, come dicevo, alla disperazione e al dolore: certe situazioni, certe sberle che la vita di dà: assurde, tremende, ingovernabili, di morte, croce, impotenza, solitudine; quando sei stordito dal colpo…scegliere di inginocchiarsi, anche solo col cuore, chiudendo la bocca al commento, aprendo il cuore alle lacrime. Quante volte ho scelto questa modalità, come uomo e come prete. Non serve dire nulla: non c’è nulla da dire, ma solo da dare…tempo, presenza, silenzio, vicinanza, preghiera. Tutte le volte che ho solo avuto voglia di piangere e l’ho fatto.
Nella liturgia quando siamo chiamati ad inginocchiarci? alla consacrazione: non oltre…inginocchiarsi non vuol dire essere devoti. Il corpo è importante, non decidiamo noi cosa fare solo per devozione…
Nella vita invece, come i Magi, quando, ripeto, al di là del gesto comunque importante perché scomodo, scelgo di fidarmi e pregare in modo diverso, scegliendo l’ascolto. Come decidere di guardare per terra nelle nicchie al Museo dei sogni. Scelgo di non aver nulla da dire ma, come Mosè di fronte al roveto ardente, mi tolgo i sandali del dover, spiegare, giustificare. La vita di ciascuno, con le sue sberle, con la sua storia è sacra…mi chiede di accoglierla, di guardare a me e alla vita dal suo punto di vista. Empatia.
Oggi chiedo la grazia di entrare nel presepio, sedermi sulla mangiatoia anche al posto di Gesù, (mica si offende) e iniziare a guardare il mondo e gli altri, soltanto da laggiù. Come fossi una telecamera Go-Pro.
Lui che l’ha fatto per primo, ci ispiri almeno il desiderio di imitarlo.