Qualcuno crede che le mani possano essere lette, la chiromanzia: si pensa che linee e pieghe nascondano segreti della persona e indicazioni per il nostro futuro.
Gesù mostra le mani forate dai chiodi ai discepoli, invitandoli a ricordare quanto ha subìto e patito anche per loro. In quelle mani, il segno della risurrezione. Non un corpo come nuovo ma un nuovo modo di vivere quel proprio corpo, cioè sé stessi.
Voi, cari qui presenti, anche per ricevere il sacramento dell’unzione, porgerete le mani al sacerdote. Non per essere guariti nel corpo, non sono un medico. Ma proprio per poter vivere in maniera diversa quanto state affrontando e soffrendo. Con fede, pazienza e speranza. Non da soli ma, potremmo dire, da risorti! Oggi il sacramento che riceverete ricorda a tutti noi qui presenti che questo lungo tempo di Pasqua ci vuol provocare a vivere la risurrezione di Cristo, scoprendola in qualche modo significativa per le nostre vite quotidiane. E voi ce lo testimoniate e ricordate. Ne siete esempio e promessa.
Non vi leggerò il futuro, prendendovi le mani ma scoprirò chi siete: come una carta di identità mi racconteranno della vita trascorsa, le fatiche fatte, le grazie ricevute. Guardatevi, guardiamoci tutti le mani. Con esse avete vissuto, stretto quelle del vostro amato/a il giorno delle nozze, allevato figli e coccolato nipoti. Avete pregato, tenendole giunte o con la corona del rosario tra le dita. Avete tanto lavorato, cucinato, sofferto e amato.
Spesso guardando le mani capiamo uno che lavoro fa…
Anni fa ero in servizio a Dosson: quando alcune persone venivano alla comunione con le mani rovinate e tutte viola, capivo allora che avevano iniziato a lavorare il radicchio…
Noi alziamo le mani in segno di resa, mi arrendo!, le porgiamo per dare aiuto, vuoi una mano? Diciamo così i nostri desideri.
Sia per l’unzione che per la comunione noi offriamo le nostre mani…riceverete l’olio consacrato dal vescovo giovedì santo scorso che, come dice la formula, vi offrirà salvezza e sollievo, mediante il dono dello Spirito Santo. L’olio renderà la vostra pelle più morbida, liscia, elastica, la pelle delle mani, con le quali accogliere meglio, nel corpo, la malattia, la solitudine ed il peso dell’età.
Il profumo vi ricorda una presenza in voi, del Signore risorto.
Venendo alla comunione le mani accolgono il corpo di Cristo come nutrimento, trasformando le nostre vite in tabernacoli; i nostri corpi si fanno vivi e forti, soprattutto responsabili della comunione da costruire per la missione ricevuta: fate questo in memoria di me…rinsaldando la comunione col Signore risorto che camminerà con noi e aiutandoci a costruire e garantire la stessa comunione – unità – collaborazione gli uni per gli altri.
Ieri e oggi tanti nostri cresimandi verranno unti come voi ma con l’olio del crisma per confermare la loro scelta di fede e l’impegno bello alla vita cristiana. Sono giorni davvero di grazia allora questi, per cogliere il sapore della risurrezione. Siamo chiamati a non avere fretta di girar pagina perché le feste di Pasqua son finite: no, dobbiamo ancora iniziarle! Riflettiamo…a partire dal vangelo:
Credere nella risurrezione dei corpi non significa che ci verrà dato un corpo perfetto, come appena comprato, no. Significa riprendere a vivere con quello che il nostro corpo ha vissuto più volentieri, con quanto ha dato senso e sapore alle nostre vite, cioè l’amore.
Gesù apparendo ai discepoli mostra il proprio corpo, le mani e ricorda loro che li ha amati fino alla fine. Per tre volte rivolge il saluto e dona la pace..pace a voi; quando da piccoli litigavamo ci veniva chiesto di fare la pace e darci la mano!
Gesù oggi, attraverso lo Spirito Santo, presente in quell’olio, vuole ricordarci che siamo credenti non perché possiamo toccarlo, come Tommaso, ma perché ci lasciamo toccare: dall’olio, dall’eucaristia, dalla Sua Parola da ascoltare, dalla preghiera comunitaria e dal canto assieme, dal fare la sua volontà restando uniti, dal percepirlo nelle nostre coscienze a suggerirci il meglio per noi. Lasciamogli l’iniziativa allora, non ostacoliamolo con la nostra fretta, ansia o superficialità: facciamo nostre le parole di Tommaso, Mio Signore e Mio Dio, come invocazione e preghiera.