Che fai dopo lo scambio di pace? Omelia IIa to A-’20

IMG20180621103559959_900_700.jpeg

Polittico quattrocentesco dell’Agnello mistico dipinto dai fratelli Jan e Hubert Van Eyck.

——————

“Pace sia pace a voi la mia pace sarà nella terra come nei cieliii..”

“Nel Signore, io ti do la pace, pace a te…nel Suo nome resteremo uniti, pace a te…ecc.”

Canzoni allegre, vivaci, in genere poi seguite da un lugubre “Agnello di Dio”, quasi sbuffando, inevitabile.. “ma bisogna proprio farlo? C’è un così bel clima e questo rovina tutto…” 

Già, vediamo però di capirci meglio: la liturgia ci chiede come di rivivere il gesto che GvBattista compie nel vangelo. Lo indica. Anche il sacerdote sollevando l’ostia consacrata lo mostra e noi siamo chiamati a contemplarlo, (spesso invece siamo persi ancora a darci la pace, salutarci o a piegare il foglietto) e ripetere che quello lì è davvero per noi, il corpo di Cristo e come il Battista tre volte gli diciamo guardandolo “tu sei l’agnello di Dio”. In quel momento stiamo “dando del tu” a Gesù Cristo, lì spezzato per noi, stiamo parlando con l’eucaristia, col santissimo…altro che darsi la mano! Ce ne rendiamo conto? Questo ci serve a rinnovare la coscienza del gesto che si sta per compiere, del dono da ricevere e accogliere, dell’Amen (è così!) che siamo chiamati a dire.

Ci sono almeno due allusioni precise:

    1) L’evangelista ben conosce il profeta Isaia che parla del messia come agnello mite, condotto al macello, che portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori; il Battista allora sta dicendo che Gesù si farà carico di tutte le miserie, colpe, i peccati delle persone con la sua mitezza…non eliminerà il male, nessuna amnistia, ma lo vincerà introducendo nel mondo una forza diversa, un nuovo dinamismo, la potenza del Suo Spirito, per scegliere liberamente e nella verità una vita piena, per il meglio di sé. 

 La logica del granello di senape, del lievito, della fedeltà al poco possibile qui e ora, toglierà al peccato la possibilità di attecchire.    

    Ad esempio: sapete che faccio dei miracoli? Quando entro in un locale pubblico o incontro delle persone riesco spesso a trasformare il modo di parlare di alcuni; ad esempio quando la parola cane diventa per miracolo caro. E’ solo la mia presenza a far accadere, non sempre, questo prodigio.     Solo una persona diversa dà al “branco” una coscienza diversa di sé. Sarà successo anche a voi, me lo raccontate, quando in spogliatoio, al lavoro o tra amici, uno si distingue magari perché vorrebbe evitare meschinità, chiacchiere malevole, richiamare il tono dei discorsi, non bestemmiare o parlare di persone come di oggetti…è solo quella vostra presenza, (perché vi riconoscono come cristiani, sempre in parrocchia o de ciesa) uno stile alternativo alla media, che fa sentire gli altri come in dovere di scusarsi, giustificarsi o prendere le distanze!  Solo un agnello fa sentire bestie, lupi, gli altri, nel branco, in preda di discorsi o atteggiamenti che li stanno disumanizzando; quella presenza alternativa provoca qualcuno a chiedersi “ma cosa stiamo facendo?”la salvezza, l’umanizzazione, iniziano così. Ecco la nostra fede: quell’agnello di Dio ci parla di noi, chiamati a far percepire una differenza cristiana di vita.  

    2) È l’agnello pasquale, quello che Mosè ordinò al popolo di mangiare la notte di Pasqua, per avere la forza di mettersi in cammino verso la liberazione dalla schiavitù in Egitto e il cui sangue, sugli stipiti delle porte, avrebbe salvato gli ebrei della morte. Quindi Giovanni vede in Gesù l’agnello di Dio, la cui carne darà la capacità e la forza di iniziare il cammino di verità verso la liberazione, e il sangue, che non salverà dalla morte fisica, ma da quella definitiva. Consentirà a chi lo accoglie una qualità di vita in grado di superare la morte. In genere la chiamiamo “eucaristia” e per questo veniamo a fare la comunione con quel corpo: per riconoscere che ciò di cui ci stiamo per nutrire è Cristo e che ne abbiamo bisogno per restare o diventare ancora più umani.

 La messa ci invita ad assimilare quanto stiamo celebrando. Partendo da quello che siamo, non da come dovremmo essere o dimostrare, mangiamo quell’agnello per assimilarne lo stile di vita e diventare come lui, avere il suo sguardo sulla realtà, la sua potenza di amore, scegliere di innovare la nostra vita nella giustizia, nella misericordia, l’impegno, il dialogo, riconoscerlo come la verità di ciò che siamo. Questo stile fa crescere il regno di Dio e toglie il peccato del mondo. C’è infatti un peccato che precede la venuta di Gesù e rappresenta un ostacolo alla comunicazione tra Dio e l’umanità. É una mentalità al ribasso, indifferente, che basta sempre a sé stessa: il rifiuto dell’offerta di pienezza di vita che Dio ci offre, la sua salvezza, ed è causato dall’adesione a un sistema ideologico, religioso sempre contrario alla volontà di Dio padre buono per noi suoi figli.

   Ci viene infine detto di fronte a questo agnello, di essere beati perché “invitati a questa cena” e così possiamo tutti, primo chi vi parla, dire l’unica cosa importante anzi fondamentale da riconoscere, rubando le parole al centurione romano mentre guarda Gesù stupito e bisognoso..

O Signore, io non sono degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto una parola ed io sarò salvato.

Sia questo il primo segno di pace da accogliere dentro di noi.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.