XIIIa Domenica t.o. -A

tempo di lettura previsto: 3 minuti

In ascolto del Vangelo secondo Matteo 10,37-42

In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.
Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.
Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.
Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.
E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli,
perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”.

E niente…che ci volete ancora? Un disegnino, magari da colorare? Non possiamo certo dire che Gesssuuùùbbbello vada tanto per il sottile: pretenzioso, oserei dire, quasi sbruffone. Ma come: se ci avete fatto una capa tanta per onorare il padre e la madre nei comandamenti, adesso salta fuori Lui e ci dice che quelli vanno messi dopo? La mamma è sempre la mamma, suvvia, Jesus: a prescindere dal fatto che Tu ai tuoi non è che gli abbia dato poi grandi soddisfazioni, da quanto dicono i vangeli ma… Credo comunque che al di là del caldo che fa fare certe battutacce o pseudo incipit…la questione sia interessante quanto brutale. Gesù ci sbatte in faccia che essere cristiani è solo e sempre una relazione. Una relazione con Lui. Se manca questo siamo al galateo, inventato tra l’altro da un monsignore veneto, fatto di pose, posture, riti, gesti…ma senza sangue né aggancio col reale. Posso andare in chiesa e fare un sacco di gesti, ripetere parole, memorizzare frasi ma avrò fatto atti religiosi. Mi hanno o meno permesso di prendere consapevolezza della relazione viva ed efficace con Gesù? Ecco un criterio: quello che sto facendo, che immagine di Dio veicola e testimonia in me? le parole che uso, gli atteggiamenti, le scelte, il mio stile…nell’essere cristiano… mi rende credente, credibile, credulone o creduto? E a noi che poi ci giustifichiamo che per essere cristiani bisogna, si deve, sapere, capire, fare, studiare, dimostrare, meritare, essere all’altezza, intelligenti, puri, perfetti… ecc. ecc. ci sbatte in faccia la storia del bicchiere d’acqua nel Suo nome (perché discepolo)…ma come, Signore Buono, noi abbiamo spinato fiumi di birre, grigliato intere mandrie di maiali e fritto “gombine” di patatine alle sagre “per la parrocchia” o “perché “Zè beo stare insieme e far qualcossa”, abbiamo fatto divertire generazioni di “putèi” col Grest, i gruppi, i vin burle…abbiamo …. e tu ci smazzi con un bicchiere d’acqua? Cosa c’entra il motivo per cui si fa? non è “bene” lo stesso? No, evidentemente no…basta un bicchier d’acqua ma con una consapevolezza che ti cambia la vita. La tua, non quella degli altri. Ci frega sempre, sto hippie.

Un pensiero su “XIIIa Domenica t.o. -A

  1. carlotta

    come definire credente: difficilissimo come definire credibile: più facile apparentemente (però spesso ci viene incollata un’etichetta)……per es.: se amo la mia famiglia potrei sembrare credibile, si vede …ma se amo solo la mia famiglia o altre due/tre ..non è proprio così positivo …. oppure amo i miei figli prima e poi quelli degli altri …devo a prescindere amare la condizione di figlio ……(grazie)

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