…quando si è costretti a doversi alzare, ognuno rivela la sua vera statura….
Dal Vangelo di Giovanni 1, 35-42
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.
Un agnello: qui a Roma doveroso “abbacchio” e l’intonazione già strappa una risata perché ci mettono 4 b invece di 2 e lo si pronuncia già con gli occhi socchiusi e la bocca semiaperta con l’acquolina in bocca…vuoi nel ricordo di pantagrueliche “magnate”, vuoi per il desiderio di un pranzo domenicale in cui arrostirlo “co ‘e patate”. Non sto uscendo fuori tema o almeno non del tutto: eppure penso a quante volte mille attività delle nostre parrocchie non hanno sortito lo stesso effetto…fotocopie, powerpoint, catechesi, liturgie, riflessioni, preghierine… ma quanti si sono alzati e di botto hanno seguito Gesù? o almeno…va bè. Non vorrei sembrare troppo caustico. Ai tempi di Gesù “agnello” suonava famigliare e sacro almeno per due motivi. Era proprio questo animale che Mosè raccomandò al popolo ebraico di mangiare per mettersi in forze prima della fuga dall’Egitto. E il suo sangue a venir posto sugli stipiti delle porte come segnale per la salvezza dall’angelo sterminatore. Cibo e salvezza. Gesù, non essendo effettivamente un agnello col pelo e tutto e nemmeno trovandosi il Battista sotto influssi lisergici…deve aver almeno risuonato secondo questi due aspetti nei primi due discepoli. Così si mettono in marcia. Gesù che passa ci ricorda così “cosa“ voglia essere per noi e in che senso si ponga come agnello. Noi in genere quando siamo invitati a contemplarlo, durante la messa, siamo ancora lì a darci lo scambio della pace e quasi ci scoccia quella nenia monotona “agnello didiochetogliipeccatidelmondo…”, magari rovinando il bellissimo canto “pacesiapaceavoi”… oppure ci stiamo igienizzando le mani o preparando alla comunione ma raramente contempliamo l’ostia consacrata tra le mani del prete. Ma poi ci inginocchiamo devoti davanti al tabernacolo. Eppure è quello che accadde la prima volta proprio in questo vangelo. E che si ripete e riattualizza nell’azione rituale che stiamo compiendo col sacramento eucaristico, dove veniamo nutriti e salvati comunicandoci con quell’agnello che è Gesù. Forse il testo nuovo che il sacerdote proclama, grazie al nuovo messale, ci aiuta a prestarvi più attenzione, soprattutto ricordando che l’eucaristia è fatta per essere mangiata e non solo o troppo adorata. Gesù agnello si fa cibo per nutrire il nostro corpo, la vita e darci direzione, senso, gusto. Seguendolo poi quei due hanno un unico desiderio: vedere dove abita, dimorare, passare del tempo con Lui, farne esperienza. E Lui vi acconsente Ecco l’orario, le 16, uno dei pochissimi presenti nei 4 vangeli. Abbiamo nella nostra vita di fede qualche orario segnato nel cuore? quale “4 del pomeriggio” cioè riferimento preciso in cui, quel giorno, in quel luogo, vivendo quell’esperienza, con quella persona, io mi sia sentito intercettato da JC e la mia vita e la mia fede abbiano assunto una prospettiva e un gusto completamente diversi? No? ahi ahi ahi ahi àh!
…certo che si.
Era proprio il pomeriggio di un tardo autunno, prima che facesse buio, appunto verso le 16… dopo non so quanti anni, sicuramente piu’ di 15, avevo deciso di “riconciliarmi” con nostro Signore e tutto l’ambaradan. Il motivo? Mi sentivo paralizzato “dentro”.
Avevo cercato con insistenza un mio ex professore del Liceo, don Benedetto (nomen omen e che lo sia forever lassu’, dove e’ adesso….) salesiano, e con lui siamo riusciti a far breccia sul muro di indifferenza-incredulita’-asfissia mentale da ignoranza e supponente autosufficienza che mi circondava, impedendomi di vivere come si deve…
Al termine, dopo l’ assoluzione, non ho sentito campane a festa, non ho visto luci o avuto rivelazioni.
Non sono caduto da cavallo ne’ ho deciso di ritirarmi a Tamanrasset , ma ho capito che non avrei potuto piu’ fare a meno della sua grazia, perche’ prima o poi sarebbe arrivato il momento di fare i conti con il mio destino e allora, se proprio devi giocarti la finale, e’ meglio avere CR7 in squadra…
E, se non hai la sensibilita’ di uno scaldabagno, cosa ti rimane per salvare la tua vita se non Qualcuno che ti assicura; sono rimessi i tuoi peccati e adesso, zuccone, alzati e “cammina”…?