XXa Domenica t.o. C-’22 durante Cristo

Ma come…e del caro 4° comandamento “onora il padre e la madre” che ce ne facciamo? Abbiamo ascoltato una delle pagine per certi versi più dirompenti di tutti i vangeli, speriamo anche di poterla accogliere. Divisione invece di pace, equilibrio, serenità, fuoco al posto di bontà e del famoso (ma non cristiano) rispetto. 

Non ce l’aspetteremmo ma non dobbiamo aver fretta di girare pagina e scansarla…perché è molto precisa. Gesù sembra voler infierire poi, insistendo -tacchente-, quasi percepisse il rischio di metterla da parte e con pazienza impietosa descrive in modo dettagliato 3 e 2, nominando le relazioni di sangue fondamentali. E avete pure ringraziato..lode a te o Cristo. Bellissima pagina, molto liberante. Mi permetto di farvi notare una cosa: 

quando partecipiamo ad un funerale, qualsiasi banco occupiamo, sentiamo parlare del defunto sempre e solo come un fratello, una sorella…di cui il Signore si deve ricordare, accogliere, illuminare, perdonare ecc.    Mi fa sempre riflettere: mai nessuno che mi abbia interrotto dicendo.. ma che stai dicendo? era mia madre, padre..era mio marito, moglie.. un amico, una cugina, la zia..  mica mio fratello o sorella. Eppure questo ci ha garantito il battesimo in Cristo; questo diamo per scontato dicendo assieme il Padre nostro. Di fronte a lui, come cristiani quindi, prima che padri, figli, cugine e zii…siamo fratelli e sorelle. Non in maniera opposta, certo…ma nemmeno fingendo non significhi nulla. Il battesimo, esser stati immersi nella morte e risurrezione di Cristo, ci ha resi suoi fratelli e sorelle, risorti, figli adottivi di Dio Padre. Lo ricorda Paolo agli Efesini e ai Romani nelle sue lettere. E questo, …pare annunciarci Gesù, viene perfino prima dei rapporti di sangue, di famiglia…che sappiamo essere tanto preziosi e fondamentali, quanto a volte asfittici e deleteri per la crescita delle persone… e non servono gli esempi: fratelli che si denunciano, sorelle che si scannano per l’eredità, padri che impediscono ai figli di entrare in seminario, madri che combinano un po’ i matrimoni, l’omosessualità non accolta, il rifiuto di certe scelte o il tenerli legati a sé morbosamente, avidamente, egoisticamente. È la realtà… 

Divisione allora significa distinzione. Come andrebbero le cose se ce ne rendessimo conto? Genesi ricorda, da 2500 anni, che l’uomo e la donna lasceranno il padre e la madre e saranno una sola carne…ma spesso i rapporti non sono né restano chiari e distinti… Il profeta Simeone lo aveva annunciato a Maria e Giuseppe dicendo che quel bambino sarebbe stato “segno di contraddizione, venuto per la caduta e la risurrezione di molti” (candelora..)

Che bello questo volto esigente e provocatorio di Gesù, non come quelli da immaginetta patinata di una spiritualità narcotica, dolciastra, con gli occhioni languidi e le mani giunte e l’aria rassicurante da pubblicità…che ha favorito un cristianesimo banale fatto di moralistici dobbiamo volerci bene, e stare buoni…

Come quando, quasi secondo me sbuffando, (Mt12) dirà “chi sono mia madre e i mie fratelli?” (erano andati a recuperarlo ritenendolo impazzito) e aggiungendo “chi fa la volontà del Padre mio è per me fratello, sorella, madre..!” bellissimo.

Educarci al significato e al valore di questa relazione fondamentale potrebbe essere quanto di più sano e liberante aiuti a gestire anche le sacrosante e necessarie relazioni di sangue con le loro dinamiche…aiutandole ad essere liberanti e soprattutto generative; come pure per le nostre comunità parrocchiali, in cui spesso resta in piedi tutto (grest, sagre, cori, processioni, campiscuola, scout, spettacoli, pizzate, eventi…) anche senza Gesù Cristo, anzi, meglio, così ci toglie l’imbarazzo. Quello magari di chiederci come evangelizzare e non solo intrattenere le persone; quello che ci chiede magari di collaborare, parlarci, essere corresponsabili e non attori protagonisti nei propri feudi. Ci doni, questo volto di Gesù, una nuova consapevolezza del nostro battesimo e la grazia di desiderare un fuoco ed una divisione che accompagnino la nostra vita verso una concreta esperienza di Lui per guardarci, gli uni con gli altri, con uno sguardo rinnovato di risurrezione.

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