“Vitello Grasso – Capretto 2-0” – Omelia IVa Domenica di Quaresima – C

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Un famoso filosofo tedesco dell’ 800, L. Feuerbach, diceva “L’uomo è ciò che mangia..”; il cibo oggi è un’ossessione.
Tra disturbi alimentari, obesità, trasmissioni televisive.. e i soliti “morti di fame nel terzo mondo”..
Vi proporrei allora un punto di vista gastronomico per questo vangelo:
Figlio minore? Ha mangiato e bevuto all’eccesso, ora si accontenterebbe delle carrube e sogna il pane; le carrube non son certo una prelibatezza: le trovi per terra o sull’albero, ci si accontenta, rubandole alla natura o ai maiali; che fame infinita, vuoto senza fondo, il figlio si è lasciato travolgere dai suoi desideri, qui il cibo ormai è un anestetico, va bene tutto, tanto, peggio di così.. arrendersi alla fame, totale abbandono, eppure sogna il pane semplice, genuino degli operai di casa sua, forse una vita normale e lineare chi lo sa, una vita buona, come il pane. Dopo l’ebbrezza dei diritti che in realtà son desideri, la vita si fa nostalgia.. Ed il figlio maggiore?
Scandalizzandosi per il vitello grasso, recrimina il capretto; lo vorrebbe aver avuto come concessione, il premio fedeltà perchè è stato bravo, obbediente e devoto al padre e ha tanto lavorato.
Come paga perchè ha fatto il suo dovere, ma minima, anche nel nome (etto..) è piccolo. Come il 6 politico, il minimo sindacale, come segno di riconoscimento. Questo figlio ha bisogno di conferme rassicuranti. Sei stato bravo.. e non gli arriva nulla di ciò che desidera per sentirsi degno, vivo, utile. Il suo bisogno spasmodico di gratificazione resta drammaticamente inevaso..
Vive da servo, “sotto paròn”, all’inseguimento del consenso, delle conferme del padre, del parroco o degli altri. Spesso lo siamo anche noi. Affannati e in ansia per tutto questo, nelle nostre tante dipendenze. Gli serve perfino la scusa degli amici, per meritarsi sto benedetto capretto quasi per far bella figura e mostrare loro che è ricco. Altrimenti.. no lui non merita nulla di meglio, non ne è degno. Che schifo di vita.. non si accorge che è chiamato ad essere totalmente altro. Dipende dal suo ruolo, dai meriti acquistati a caro prezzo, rigido nel suo senso del dovere e della giustizia ma retributiva. Vive da schiavo in casa sua, da abusivo. Non vi entra nemmeno; come fosse un ospite chiama il servo per chiedergli che accada. Mendica di continuo fuori di sè quel che non riesce a recuperare dentro al proprio cuore, nella propria storia. E’ figlio ma vuole il capretto. Molte volte viviamo da abusivi e mendicanti. Forse col desiderio di rivalsa nella competizione per essere migliori o padroni, cercando spazi di potere in casa o in parrocchia.. come i discepoli che si indignano tra di loro perchè Giacomo e Giovanni hanno avuto il coraggio di chiedere i primi posti a Gesù, loro mormorano, Simone il fariseo che ospita Gesù e lo condanna nel cuor suo perchè ha accolto la prostituta.. il fariseo che guarda il pubblicano dall’alto al basso offrendo in preghiera al Signore, i suoi meriti e la propria bravura e devozione.
Ma tra carrube e capretti arriva il Padre.. e li travolge col vitello grasso.. un applauso al vitello grasso!
Il vitello, una scelta di elezione, non credo ci fosse molto altro al tempo. Quello grasso poi,  messo da parte a posta per un’occasione extra ordinaria, come una bottiglia di champagne..
Il vitello grasso ci dice un investimento di tempo per ingrassarlo, una spesa fatta per qualcosa di speciale, anzi…la cosa più bella di tutte.. senza sapere che sarà. Ci racconta di un padre che ha grande fiducia e speranza nel futuro, riconoscendo che qualcosa di inatteso e inedito può sempre accadere e sarà bello poterlo degnamente festeggiare. Grasso, poi! Altro che “etto”, dice abbondanza, esagerazione, (eccesso di amore, don Firmino), carne più tenera e succulenta, ad indicare generosità e nessuna giustizia retributiva, nessun merito riconosciuto o conquista certificata, nessun premio da attribuire ma solo l’incontenibile gioia perchè è accaduto l’amore, la festa gratuita, la gioia, senza spese o calcoli, davvero il famoso figlio prodigo ha imparato da suo padre ad esserlo, un padre che testimonia di sapersi prodigare di attenzioni, è anche lui prodigo di premure e gesti eclatanti: anello, sandali nuovi, il vestito più bello.. per dimostrare amore; ecco il padre misericordioso, dal cuore immensamente capiente, dallo sguardo fiducioso e comprensivo.. operai dell’ultima ora, buon ladrone tutto e subito, Zaccheo che ospita, Gesù che ricorda che c’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che per tanti che si ritengono giusti.. o fanno cose giuste ma da schiavi.. invece che da figli..
Parlando di questi cibi non possiamo ricordare l’altra grande protagonista di questo vangelo: la fame..
Il figlio minore torna solo per fame, al maggiore interessa il vitello grasso sprecato non i segni della nuova dignità anello, veste, sandali.. il suo diritto viene prima della festa e della magnanimità paterna. Ha in mente solo sè stesso, attorcigliato su di sè non riesce ad andare oltre e scoprire il vero volto di un padre che vive come un padrone.
Il padre, infine, affamato di amore e dei propri figli, nemmeno permette al minore di recitare la preghiera filastrocca ma gli salta al collo e abbraccia. E senza tregua continua ad uscire a chiamare anche l’altro. Non fa che ripetere a tutti che bisognava far festa, rallegrarsi, mio figlio era perduto ed è stato ritrovato, era morto ed è tornato in vita. E lo ripete quasi ipnotico come l’unica cosa importante ai servi e al maggiore.. non ha altro da aggiungere travolto di gioia e prosciugato d’amore..
E noi? Cosa mangeremo? Come dei cannibali mangeremo il corpo di Cristo per noi, un gesto di totale ed intima comunione, diremo di “andare alla comunione “, di “aver fatto la comunione”..
L’uomo è ciò che mangia. Quel vitello per certi versi, é Gesù ed il Padre lo sa. L’uomo è ciò che mangia, diceva Feuerbach: mentre ci accosteremo al corpo di Cristo, ci doni il Signore di riconoscere la fame di verità e amore che portiamo nel cuore, il desiderio di essere comunione, in noi stessi con con i nostri bisogni e le carrube,  con gli altri anche senza capretti, con Lui come padre buono e misericordioso.. così non solo faremo ma diventeremo comunione, mangiando quel volto di pace e misericordia che giorno dopo giorno, desideriamo diventare.

 

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