Il valore di un “mentre”: Omelia XXVIIIa TO C-2019

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Due constatazioni amichevoli e un chiarimento:

1) 10 lebbrosi? È l’unico miracolo del genere, tipo “sconto comitiva“. 10 nella Bibbia ha valore simbolico, indica la totalità, come le dita delle mani, significa tutti, chiunque. Nessuno è a posto. Ognuno di noi è lebbroso. Tutti abbiamo qualche segno di morte, non vita nella nostra storia, in quel che siamo e come viviamo. Chi è senza peccato scagli la prima pietra! Quindi abbiamo tutti bisogno di incontrare Gesù, fare esperienza di Lui. La fede vive solo se parte da questo incontro di salvezza.

Non posso dire di venire a messa ogni domenica se non riconosco che qualcosa può avvenire in me: cambiare, guarire, crescere.

2) “Noi“: si rivolgono a Gesù, chiedono pietà, al plurale: non ciascuno per sé ma uniti. Eppure erano giudei e samaritani: se fossero stati sani si sarebbero odiati e condannati a vicenda. La lebbra, il peccato, il dolore rendono simili e quindi come solidali: la necessità di compassione, rende più umani al di là delle differenze, muove il cuore alla forza del noi che domanda pietà. 

  Ci poniamo con tale umiltà davanti a Dio? agli altri? a noi stessi?

Siamo tutti sulla stessa barca, quando anche il papa ricorda di essere peccatore come noi. Che sguardo abbiamo? Ci sentiamo già salvati e a posto per i nostri meriti? Disprezziamo gli altri giudicandoci migliori di loro, per quale motivo? lamentandoci, chiacchierando, condannando, guardandoli dall’alto in basso?

  Chiediamo al Signore di rinforzare in noi la coscienza che abbiamo tutti bisogno della sua salvezza per la nostra vita.

Ciascuno è divorato da qualche lebbra e solo insieme, come comunità, possiamo guarire. Non aiuta, un cristiano, vivere solo un intimismo devoto, che si prega il suo dio o il suo santo-madonna a modo suo o recriminare meriti religiosi per il proprio benessere spirituale e nemmeno cercare solo di adempiere i propri doveri sociali e devoti o esigere sacramenti come tradizioni dovute; siamo comunità, Gesù ci ha chiesto di dire Padre Nostro. La salvezza passa attraverso la chiesa, il noi.     E come fa???

A-Chiarimento: o meglio, dettaglio meraviglioso. “Mentre“: mentre essi andavano. Non son stati accontentati o guariti subito, si son messi in cammino, fidandosi, sospendendo il giudizio, esposti, coinvolti, obbedendo al futuro piuttosto che al passato.

Quante volte noi pensiamo che sia importante solo obbedire al passato, molto rassicurante e vittorioso, come società cristiana e cultura cattolica ma oggi…che ne è della risurrezione di Cristo e della buona notizia del vangelo, della speranza se non ci sentiamo anche di obbedire al futuro che ci aspetta, al regno che viene?

I 10 si son messi in cammino ancora ammalati, lebbrosi, senza  lamentarsi ma con la fiducia di chi si affida senza calcoli. 

Danno credito alle parole di Gesù. La salvezza è appena iniziata.

La vita cristiana è un cammino continuo, da dove sono a dove vado e oltre, Dio sa e mi accompagna, fa strada con me giorno per giorno, scelta dopo scelta, come a Emmaus: Gesù si fa vicino e aiuta a decifrare quel che stai vivendo alla luce della Sua parola e così cammini. La salvezza, la guarigione, la forza, la speranza ti vengono incontro se fai il primo passo nella direzione giusta. Papa Francesco in EG parla dell’importanza di avviare processi, non pretendere soluzioni. Avviare processi cioè creare opportunità di vita nuova da frequentare e vivere. Come diocesi, nel cammino sinodale, stiamo vivendo la stessa cosa. E allora, come dire: 

fidandoti di quella proposta, andando a quella riunione, frequentando la messa e i sacramenti non quando ti va ma perché lo scegli, confrontandoti con quella persona, leggendo quel libro, facendo quel pellegrinaggio…facendo qualcosa di diverso dal solito, obbedisci a un futuro di speranza. Invece “se fai quel che hai sempre fatto, otterrai quel che hai sempre ottenuto.” Mentre…significa che sei partito con un atto di affidamento, non ci sono cose da capire o meritare ma è il bisogno di vivere a spingerti. Chiediamo al Signore di accogliere questa prospettiva come il samaritano, con la gratitudine spontanea che sa farsi gesto riconoscente e annuncio sincero di una fede che realmente ha il potere di salvarci.

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