Dal Vangelo secondo Giovanni 2, 13-25
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.
47 anni: tanto erano durati i lavori per costruire il Tempio di Erode. Non 55 come l’autostrada A3, la famigerata Salerno – Reggio Calabria, per carità, ma comunque tanti. Il re aveva da tener buona un po’ la popolazione giudaica per i suoi intrallazzi coi romani e quindi ne era uscita quella che al tempo era una delle 7 meraviglie del mondo. Gran bella mazzetta anestetica. Ci sta quindi che i Giudei lo guardino storto, a JC, quando gli fa la sparata. Perché… passi la piazzata! ma dire che in tre giorni lo fa risorgere proprio no. Ricordiamo però che durante il processo con Pilato sarà questo quello che gli verrà contestato, di cui i testimoni hanno sentito parlare. Lo sentiremo raccontare ascoltando la Passione il Venerdì Santo. Della scenata isterica e rabbiosa cosa potremmo dire? Fantastica. Umana. Divina. Non c’è molto da aggiungere. La versione di Giovanni la colloca all’inizio del ministero pubblico. Cana e questa. La gioia della festa nella vita (avere sempre il Vino della nuova ed eterna alleanza) e un rapporto sano e vero col Padre, non un mercimonio di favori, sacrifici, candeline e fioretti. Liberante. Chissà cosa farebbe ora, entrando in qualche nostra chiesa, liturgia domenicale, in qualche consiglio pastorale o oratorio, a sentir spesso parlare di tutto tranne che di Regno di Dio! Già. “Ma egli parlava del suo corpo.” La parola che mi viene in mente è “relazione”. Essere cristiani è vivere in relazione con Lui. Basta. Il resto è porcheria. Buona sola come avvicinamento, zattera, ma che non diventi zavorra. La relazione con il suo corpo, Pane, Parola, Poveri… la Chiesa, corpo di Cristo, le membra che siamo noi, le nostre umanità da accordargli di continuo. Tutto parte, si svolge e ritorna lì. Qualsiasi scelta, valore, tradizione, decisione, bojata… parte da questa relazione. Altrimenti è intuita, dedotta, calata dall’alto..ma non viene da Lui. Vorremmo anche noi colombe, agnellini, vitelli, maiali, nutrie, candele ecc. da offrire per ammansire, lisciare, piegare, ruffianarsi, dimostrare ma Lui dice…faccio io! Ci sono io, veditela con me. Non ammazzare nessuno, non fare altro. Ce la vediamo io e te la tua fede, il tuo “cristianesimo”, la vita spirituale. Un bellissimo corpo a corpo. Ricordatevi di Giacobbe, una notte intera con l’angelo, sul fiume Iabbok. Tutto il mio corpo, umano, peccatore, fragile, vulnerabile, suscettibile, indignato e innamorato. La fede cristiana, vivere il Vangelo è un continuo corpo a corpo con JC. Tanto ci lascia vincere, tranquilli… se no il Padre…. bbbrrrrrrr….
Ps: Auguri a tutte le donne per lunedì 8.. e non solo!