
Venerdì Santo ’23 Fiera
Nel 1988 il grande regista italo americano Martin Scorsese nel suo film “L’ultima tentazione di Cristo” lo aveva anticipato: un Gesù che scendeva dalla croce e sposando Maddalena e poi Marta, faceva una vita normale ma bravissimo e perfetto. Anche noi spesso rischiamo di volerlo ridurre a nostra misura, un Gesù buono e bravo, che sa sempre cosa dire, cioè quello che ci aspettiamo dica. Belle parole, bei sentimenti, buoni valori…una sorta di guru dalle frasi ad effetto, di fronte al quale essere altrettanto bravi e meritevoli, clienti di un particolare personal trainer del bisogno tradizionale del sacro o del consenso sociale. Un Gesù come noi, che tutto sommato non disturba, che non ci chiede nulla perché non abbiamo tempo. E ci faccia essere magari cristiani a modo nostro, legati ma non si sa a cosa.
E magari lo accontentiamo con le nostre pratiche, i meriti, le richieste devuote per dargli le briciole del nostro tempo perché poi impegnati a vivere in modo completamente diverso da quanto il vangelo o la chiesa ci chieda. Lui si, magari, ma la sua chiesa no! No a certi papi e preti, a certe scelte della chiesa, alle collaborazioni pastorali, a certe scelte troppo da comunisti o innovative, a riunioni per decidere, capire, orientare…ma non sei tu il prete? fai tu…No no, noi ci vogliamo bene e facciamo del bene, non basta mica?
Insomma non un salvatore ma uno come noi, del quale prima o poi, passati i fasti o i pruriti religiosi, ci stancheremmo.
La profezia di Ratzinger si realizza dopo qualche decina di anni: non è più questione di essere atei o contro Dio oggi ma semplicemente indifferenti. Non è quello che viviamo oggi? Alcuni tra gli stati più religiosi e missionari in Europa sono diventati pressoché atei, espellendo dalla cultura la fede cristiana. Della Chiesa e dei suoi valori, dei suoi messaggi, del suo Dio non interessa alla maggior parte delle persone. Stanno bene lo stesso. Senza fede, senza dio, senza religione…stanno bene lo stesso. Per chiedere o pretendere i sacramenti, per noi, i figli o i defunti mica serve la fede o il vangelo, basta il solito, senza tante domande. Siamo sinceri, i nostri figli o nipoti per il quale ci siamo sgolati perché andassero a messa: ma loro..hanno fatto gli scout, suonato la chitarra al camposcuola, i chierichetti ma poi…son brave persone ma… cosa dobbiamo fare, padre?
Per tutti loro siamo noi ad avere problemi o a nasconderci.
Invece Gesù dalla croce non è sceso: ecco la prima buona notizia. Doveva mantenere la promessa, come dicevamo ieri sera, per continuare a mostrarci un altro volto di Dio e della fede, un altro significato che la vita ordinaria di ciascuno può avere grazie al vangelo, che anticipa e contestualizza sempre ogni santa pratica o devozione. Uno stile diverso ispirato dal vangelo, dall’essere innanzitutto creduti dal Padre, non credenti a modo mio. Una promessa che nemmeno sospettiamo di poter recriminare, un diritto alla vita eterna che nemmeno desideriamo reclamare.
Davanti a quella croce tutti possiamo continuare a dire a noi stessi: ”per me” lo hai fatto anche per la mia vita. perché ne ho diritto e bisogno, non perché.. bisogna! Prima di tante altre preghiere a memoria, abituiamoci a dire questo. In quella croce io contemplo il desiderio del Padre che si realizza nel figlio di rendermi suo fratello, non schiavo o dipendente. Fratello!
Se quello là appeso alla croce non diventa mio fratello, alleato (nuova ed eterna alleanza), uno che mi lava i piedi e mi ama agratis…cade tutto il palco, anche se non lo vogliamo ammettere perché abbagliati da qualche sterile e misero risultato pastorale. (c’era più gente a messa sta domenica o…quanti cei fanno la prima confessione? ben, dai! hai confessato?).
Lo aveva intuito ben prima di Scorsese un certo Dostoevskij quando nel suo monumentale I fratelli Karamazov fa dire al figlio quello che deve convertire l’ateo:
«Tu non scendesti dalla croce, quando per schernirti e per provocarti ti gridavano: “Scendi dalla croce, e crederemo che sei proprio tu!”. Non scendesti perché, anche questa volta,
non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo,
perché avevi sete di una fede nata dalla libertà e non dal miracolo. Avevi sete di amore libero, e non dei servili entusiasmi dello schiavo davanti al padrone potente che lo ha terrorizzato una volta per sempre».
Un po’ come per la samaritana al pozzo, o il ladrone appeso alla croce in Luca,
Baciando quel crocifisso chiediamogli l’umiltà di lasciargli dissetare la nostra esistenza bucata, affidiamogli quanto vogliamo nella nostra vita sia preso sul serio, rischiarato o sostenuto.
Che sia una esperienza che ci fa sentire amati e creduti. Che ci doni la consapevolezza di voler essere salvati nelle nostre croci.
L’amore di Dio non protegge da ogni sofferenza. Protegge però in ogni sofferenza.
Sia questo il desiderio che gli offriamo, scegliendo anche di pregare gli uni per gli altri.