Omelia 2a Domenica di Pasqua ’23 durante Cristo

Quando sbattiamo la macchina la portiamo in carrozzeria…o ad un certo punto lasciamo stare, ci va bene anche così, ci si abitua…

Gesù risorge senza passare dalla carrozzeria divina del Padre reclamando un corpo nuovo di zecca. No. Ma con il corpo con cui era stato in relazione nello spazio e nel tempo, con tutti.

Anzi, annuncia che proprio quel suo corpo ferito dalla cattiveria di chi voleva ucciderlo perché diceva che era figlio di Dio e tutti lo potevano essere, quella sua carne flagellata dal potere religioso che voleva far vedere che così si trattava chi fosse contro la religione tradizionale…quel suo corpo risorge in maniera gloriosa.

Significa che quanto lui ha patito per amore e con amore, risorge.

Si risorge con il proprio corpo cioè con la storia. Qui un po’ le cose si complicano. Infatti quando appare faticano a riconoscerlo, come se non lo vedessero da tempo, ma poi ricordano. Come nel vangelo. 

“Credo la risurrezione della carne” diremo tra poco. Forse non ci facciamo molto caso… pensate a quante volte continuiamo a dire di essere o meno spirituali, oppure di essere molto materiali, di tutte le volte che teniamo distinte le cose, dove per spirituale ci pare bello e santo…e materiale, carnale, brutto sporco e cattivo.

Preghiamo ma poi mangiamo perché siamo materiali… stupidaggini. Infatti non diciamo di credere la risurrezione dell’anima, del fumetto, il fantasmino, la lucetta… No. La carne. Il corpo. Noi non siamo dei contenitori di anime. Il nostro corpo non è una scatola inutile e cattiva che contiene l’anima pura che risorgerà dopo la morte. Noi siamo chiamati a credere che risorgiamo nella e con la nostra carne, cioè con il corpo, cioè con l’unico strumento che abbiamo per essere in relazione con noi stessi e gli altri, con le nostre cicatrici, la storia, l’amore fatto, vissuto, patito, goduto, il bene donato e ricevuto, tutto quello che nel bene e nel male ci ha resi quel che siamo e a cui non sarebbe giusto rinunciare pensando di dover diventare angioletti disincarnati. Tutto l’amore che abbiamo speso offerto, quanto ha appassionato la nostra vita, o ci ha umiliato e fatto soffrire..tutto questo non andrà perso ma è prezioso agli occhi del Padre che, ricorda li vangelo di Giovanni, ha mandato Gesù perché nulla vada perduto. Non ci dobbiamo vergognare di nulla davanti al Padre ma offrirlo con l’amore malato o sano che ce l’ha procurato.

Qui allora intuiamo cosa significhi per noi cristiani poter vivere la Pasqua oggi. Vivere da risorti, vivere queste domeniche di Pasqua come la possibilità di vivere da risorti: cioè di passare, passaggio …nella nostra vita quotidiana, nelle relazioni, in quel che stiamo patendo o godendo, illuminarlo di risurrezione, affidarlo a Cristo, guardando in maniera diversa. Cosa oggi del mio corpo, di quel che sono concretamente, del mio modo di fare, essere genitore, figlio, marito, moglie, compagno, del mio modo di lavorare, divertirmi, riposare, essere amico, collega o vicino di casa…cosa può risorgere, essere diverso, essere imbevuto di amore nuovo perché sia un testimone credibile che li vangelo mi abita e io ho una vita nuova e diversa? ecco come possiamo vivere oggi da risorti e questo è solo un anticipo di quanto dopo la nostra morte verrà compiuto incontrando il volto di Dio.

Come Gesù viene risorto nelle sue ferite, anche noi risultiamo risorti grazie a quanto lasciamo Lui, il salvatore, faccia in noi se glielo permettiamo. Questo non ci rende credenti a parole ma credibili perché abbiamo fatto esperienza di salvezza e misericordia. E ci fa capire che non ci serve, come Gesù una vita perfetta senza botte da carrozzeria, una vita ideale come noi vorremmo, ma una vita concreta e amata da Cristo risorto che ci indica non solo la direzione, ma continua a tenerci per mano.

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